Sulle sue ginocchia

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    Spankee

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    La vita di Anna continuava così fra alti e bassi nel solito vivere quotidiano, la cura della casa, della famiglia e con quell'unica porta aperta sul mondo, unica via di fuga dal quotidiano che era il pc, usato soprattutto per chattare con Massimo.
    Dopo tanto tempo passato senza vedersi, l'ultima volta era stato anni prima quando lei aveva ripreso a lavorare in hotel, e come per magia era rinato l'affetto che li aveva uniti vent'anni anni prima, quando lei faceva l'aiuto cuoca saltuaria.
    A quell'epoca lei aveva ventinove anni e Massimo quattro di meno, c'era stata la passione ma niente di più, il loro rapporto non si era concretizzato ed ognuno era andato per la sua strada.
    Ed ora dopo dieci anni si erano ritrovati su un social e riallacciato un rapporto che, anche se virtuale, si era evoluto in una solida amicizia un’affinità elettiva che andava ben oltre l’affetto e la stima.
    Massimo l’ascoltava, la consolava ,era l’Amico con la A maiuscola; Anna, che aveva sempre dato un valore altissimo all’amicizia, ne era molto contenta di questo rapporto.
    Era primavera inoltrata quando per un colpo di fortuna Anna e Massimo erano riusciti ad organizzare, dopo tante vicissitudini e contrarietà un incontro a casa di lui.
    Anna quella mattina era eccitata, sapeva che stavolta sarebbe stato diverso, sapeva cosa sarebbe accaduto, finalmente quei giochi fatti fra di loro virtualmente in chat divenivano realtà.
    Massimo dal canto suo, tramite i giochi in chat ma soprattutto grazie a tutto il materiale fotografico e visivo che Anna gli aveva procurato aveva scoperto una passione fino a quel momento sconosciuta, lo spanking.
    Aveva saputo che Anna era stata, anni prima, una delle colonne portanti di un forum di spanking e con molta curiosità aveva passato tante ore a visionare tutto ciò che la donna aveva postato nel tempo.
    Questa ricerca aveva permesso a Massimo di ben comprendere quali fossero i desideri di Anna e sapeva anche che lei, nonostante volesse una punizione severa, non avrebbe potuto tornare a casa con segni troppo evidenti o lividi.
    Per questo le aveva garantito che alla fine della punizione avrebbe avuto ciò che desiderava: Un fondo schiena rosso e rovente come quello nelle fotografie che gli spediva. Anna dal suo canto era sicura della serietà di Massimo, e si accingeva fiduciosa a mettersi nelle sue mani, pardon sulle sue ginocchia.
    Quando si trovò di fronte alla porta dell'appartamento di Massimo Anna fu colta da un'improvvisa agitazione, sapeva che avrebbero avuto tutto il tempo che volevano che avrebbe goduto pienamente della punizione promessale da Massimo, ma sapeva anche che questa volta non sarebbe stata la solita sculacciata praticata come gioco erotico fra due coniugi e che non avrebbe avuto niente a che vedere con una squallida sceneggiata in un’anonima stanza d'albergo, come le era già successo.
    In quelle occasioni non era mai riuscita di arrivare alle lacrime durante la sculacciata, questa volta l’aspettava qualcosa di molto molto di più doloroso. Una lunga, severa, cocente sculacciata punitiva.
    La mano le tremava suonando il campanello e quando Massimo apparve sulla soglia e sorridendole disse : <ciao Anna!> Le sembrò di toccare il cielo con un dito e appena appena sentì la sua stessa voce, ovattata dall'emozione, rispondere: <ciao...Massimo...>.
    Erano passati dieci anni dall'ultima volta che si erano visti e sinceramente Anna non se lo ricordava così alto e massiccio.
    Con il suo quasi un metro e novanta di altezza e la corporatura robusta la sovrastava letteralmente, tant'è che la donna, dal basso del suo metro e sessanta, nel trovarsi un simile omone davanti ,provò all'improvviso uno strano timore, bene in sintonia con ciò che avrebbe dovuto provare una monella in procinto di essere sculacciata.
    Accorgendosi di quanto la donna fosse agitata e nervosa Massimo cercò di metterla a suo agio invitandola ad accomodarsi, Anna lo ringraziò mentre Lui la guidava in salotto e gentilmente la invitò a sedersi, indicandole il divano e le chiese se gradiva un caffè.
    Anna rispose sorridendo: <ma sì, un caffè lo gradirei volentieri , anche se sono così agitata e nervosa che mi ci vorrebbe piuttosto una camomilla!>
    Mentre Massimo preparava il caffè Anna, seduta sul divano si guardava intorno ancora incredula del fatto che il suo sogno si stesse per realizzare.
    Dopo poche chiacchiere di convenevoli, Massimo si alzò dal divano, prese la tazzina vuota dalle mani di Anna e insieme alla sua le portò in cucina; al suo ritorno guardò seriamente Anna e le chiese con tono severo: <anna, lo sai perché sei qui vero?>
    La donna ebbe un sussulto, cosciente del fatto che da quel momento non avesse davanti l’amico sorridente, gioviale, come appariva nelle foto del suo profilo, il Massimo con cui fino a qualche giorno prima aveva giocato virtualmente, e che invece l’amico avesse lasciato il posto ad uno Spanker, un Massimo serio e severo il cui sguardo la faceva sentire quella monella che tanto lo aveva stuzzicato e provocato in chat.
    Anna abbassò lo sguardo e sussurrò : <si...>
    <bene...> Commentò Massimo, mentre l’afferrava delicatamente per un orecchia, costringendola ad alzarsi e mettendola con il viso rivolto verso il muro, poi, con cipiglio severo la redarguì: <adesso stai qui zitta e buona faccia al muro finché non ti chiamo, intesi?>
    Anna, visibilmente agitata annuì con la testa.
    Quanti pensieri affollarono la sua mente nell'attesa che terminasse quel preliminare umiliante, il suo sogno stava per realizzarsi e lei improvvisamente ne aveva una paura folle, si ripeteva l’eterna lotta fra le due personalità che vivevano in lei. Anna, con i suoi quasi 59 anni ben portati, moglie, madre e poi c’era Dolly, monella di venti anni sempre pronta a prendersi gioco di tutto e di tutti.
    Con la faccia rivolta verso il muro Anna non poteva certo vedere cosa stesse facendo Massimo che intanto con una calma a dir poco esasperante si era tirato su le maniche della camicia, e si era riseduto sul divano.
    <dolly vieni qui!> Ordinò perentorio Massimo.
    Sentire pronunciare quel nome con un tono di voce così alto fece sussultare la donna che si voltò e vedendolo picchiettare esplicitamente sulle sue ginocchia, obbedì, e lentamente e con timore vi si coricò di traverso.
    Ora Anna percepiva nella sua interezza la situazione, il viso e il busto erano adagiati al sicuro, su uno dei grandi cuscini del divano mentre il resto del suo corpo, soprattutto il fondo schiena, a breve sarebbe stato oggetto delle cure e delle attenzioni di Massimo.
    Con la dovizia di chi sa quello che fa Massimo, senza dare ad Anna neanche il tempo di replicare le piegò indietro il braccio destro, trattenendolo con la mano, e le bloccò le gambe con la sua, Anna emise un gridolino allarmato, consapevole che ora niente e nessuno avrebbe potuto salvarla dalla lunga severa, cocente punizione che stava per ricevere.
    Sentì Massimo domandarle con un tono tra il serio e il sarcastico: “Già gridi Dolly? E non ho neanche cominciato a scaldarti le chiappe che spero siano ancora belle e sode >.
    Poi con tono severo, mentre le accarezzava le morbide rotondità, ancora protette dalla gonna di leggera lana scozzese che indossava, continuò: < Credevi davvero di poterla passare liscia, di poter impunemente farmi tutti quei scherzi , quelle prese in giro in chat senza pagarne le conseguenze? Beh, ti sbagliavi mia cara!>.
    Anna, che in silenzio aveva ascoltato i rimproveri di Massimo, sentì la sua mano, calda, grande e forte posarsi sui suoi glutei contratti, avvertendo un brivido percorrerle tutta la schiena, la sentì lambire con dolcezza ogni centimetro di pelle ancora coperto e protetto, poi quella calda, grande forte mano si fermò e delicatamente, ma con decisione, arrotolò il fresco tessuto all’altezza della vita scoprendo le natiche prosperose coperte da candide culotte e le cosce inguainate in leggere calze di nailon tenute da un reggicalze bianco, poi, altrettanta dolcezza e decisione, sentì le mani di lui tirare giù le culotte di cotone fino a metà cosce.
    Adesso che il fondo schiena era nudo ed esposto privo di una qualsiasi difesa Anna fu colta dal panico, il tempo della punizione era giunto.
    Massimo, dal canto suo, notò che il tempo non aveva minimamente intaccato la magnificenza e l'opulenza di quel giunonico posteriore ed un fuoco di passione esplose in lui. Il suo sguardo si perdeva sul candore immacolato di quelle natiche, che sotto la sua mano, mentre le accarezzava, sentiva morbide e sode. Avvertì quanto fosse appagante avere Anna, sulle sue ginocchia e pensò che avrebbe potuto passare delle ore ad accarezzare e palpare quelle natiche morbide, sode ed impertinenti che meritavano di essere arrossate e riscaldate a dovere.
    Non passò molto che sulla natica destra di Anna arrivò il primo schioccante sculaccione al quale fece eco un gemito, come del resto a tutti gli sculaccioni seguenti , sempre più intensi ; con il passare dei minuti cominciò a sentire il bruciore ed il calore sulle natiche aumentare progressivamente, e così i minuti cominciarono ad apparire alla donna un’eternità.
    Massimo procedeva nella punizione alternando gli sculaccioni ai rimproveri e quelli che prima erano gemiti via via che il tempo passava erano divenuti lamenti, poi grida e suppliche, ed infine arrivò il pianto dirotto mentre l'uomo, con inesorabile precisione, colpiva alternativamente ora la natica destra, ora la natica sinistra con severi e schioccanti sculaccioni.
    Ora il bruciore che proveniva dal fondo schiena per Anna , scossa dal pianto, era divenuto insopportabile, anche Massimo se ne rese conto ed a malincuore decise di darle tregua, ponendo fine alla sculacciata; la donna si illudeva che la punizione fosse conclusa nella sua interezza, ma si sbagliava e di grosso.
    Anna ignorava che Massimo era intenzionato a non limitarsi ad infuocarle per bene le natiche con una severa sculacciata, infatti, dopo averla aiutata ad alzarsi dalle sue ginocchia, le ordinò, ancora in lacrime di togliersi le culotte e di rimettersi faccia al muro, con la gonna tirata su e le natiche roventi bene in vista.
    Il corner time non durò molto ma abbastanza per far avvertire alla donna tutta la vergogna di trovarsi così impudicamente esposta, ma anche di ripensare bene all’intensità del bruciore provocato dagli sculaccioni presi poco prima.
    Dopo qualche minuto Massimo le ordinò di avvicinarsi al tavolo che si trovava al centro della stanza e di piegarsi, cosa che Anna fece subito poggiandovi i gomiti. Quella era la posizione che più detestava perché la rendeva ancor più scoperta, più esposta alla correzione.
    Massimo si diresse verso un mobile che era nella stanza, aprì lo sportello e ne estrasse degli strumenti, poi si avvicinò ad Anna, che spettava impotente in trepida attesa di conoscere la sua sorte, e li posò sul tavolo bene ordinati. Una ciabatta da uomo con la suola di cuoio, un piccolo tagliere di legno che avrebbe usato come paddle ed una sottile canna di bambù, strumenti che avrebbe usato non tanto per lasciare sulla pelle della donna segni che difficilmente avrebbe potuto giustificare una volta tornata a casa.
    Anna, non conosceva le intenzioni di Massimo ed impallidì, temendo che succedesse quello che era successo anni prima con un Master di Milano che l’aveva proprio conciata male, per sua fortuna Massimo voleva solo soddisfare certe sue fantasie e dare alla donna un supplemento di rossore e di bruciore.
    Massimo prese la ciabatta e si pose alle spalle di Anna, con voce autorevole le rammentò che stava per cominciare la seconda parte della punizione, le chiese se era pronta, ed attese che la donna, ancora frastornata dalla sculacciata precedente, rispondesse di si con un filo di voce.
    A questo punto alzò il braccio ed il colpo arrivò diretto al centro della natica destra, Anna ebbe un sussulto, era soltanto l’inizio, più e più volte la ciabatta colpì le natiche già roventi della donna che rispondeva ai colpi inflitti gemendo ad alta voce e cercando di proteggersi con la mano il fondo schiena ormai veramente provato senza però muovere a compassione Massimo che, colpendole la mano con la ciabatta, stroncava ogni suo tentativo di difesa.
    Finito che ebbe con la ciabatta Massimo la posò per prendere il piccolo tagliere di legno e rimettendosi alle spalle della donna, ormai giunta al limite della sopportazione, alzò nuovamente il braccio ed il paddle casalingo ricadde sui globi roventi. Nuovamente Anna riprese a gemere sotto i colpi del tagliere, pur se non troppo duri, fino all'ultimo colpo, quando emise un sospiro di rassegnazione.
    Infine Massimo, dopo riposto il tagliere prese lo strumento che Anna odiava più di ogni altro, il “cane”, che in questo caso era una sottile canna di bambù che sentì fischiare nell’aria sinistramente alle sue spalle e quando il primo colpo arrivò sul sedere, bruciò come mai prima di quel momento. Ad ogni nuovo colpo il bruciore arrivava al cervello come stilettate facendola saltellare sulle gambe mentre calde lacrime scendevano nuovamente lungo le guance.
    I colpi furono pochi e Massimo le disse la punizione volgeva al termine ma che doveva rimanere ferma e buona ancora un poco per sopportare il sempre terribile “six of the best” sei colpi in rapida successione dati con forza tale da segnare la pelle, la donna ormai allo stremo delle forze annuì con il capo, e il braccio di Massimo insieme alla sottile canna di bambù fecero il loro dovere fino in fondo lasciando sulle povere natiche di Anna, nuovamente scossa dal pianto, sei sottili strisce color amaranto.
    La punizione era finita.
    Massimo aiutò Anna ad alzarsi e la strinse a sé in un dolce, caldo ed affettuoso abbraccio consolatorio nel quale la donna si sciolse, premendo il viso sul suo torace esausta, dolorante, sfinita ed appagata.
    Massimo la prese per mano la condusse in camera da letto dove vi era un lungo specchio, la fece girare e le disse: <guardati>.
    Anna, con gli occhi ancora velati dalle lacrime, sollevò la gonna per vedere il risultato della punizione. Quello che vide la fece trasalire, le sue natiche parevano uno splendido sole al tramonto tanto erano rosse e calde.
    Massimo chiese compiaciuto: < Soddisfatta? > e senza lasciarle il tempo di rispondere continuò :<È rosso e bollente come lo desideravi? Hai avuto quello che volevi e che meritavi? Posso ritenermi soddisfatto anch'io del risultato! Ed ora mia cara, andiamo a terminare la punizione!>
    Detto ciò Massimo la ricondusse Anna nell’altra stanza, temendo altre sculacciate, in preda al panico oppose resistenza supplicandolo: <massimo ti prego, non sculacciarmi più, mi brucia da morire!>.
    Massimo la guardò sorridendo mentre diceva : <tranquilla, non ho intenzione di sculacciarti ancora ma sai meglio di me che dopo una severa sculacciata il corner time è di rigore, quindi da brava bambina, starai nuovamente faccia al muro per qualche minuto e solo dopo avrai il giusto ristoro per le tue chiappe monelle!>
    Mentre lo diceva indicava il vasetto di crema all'arnica che stava su un mobiletto accanto al divano.
    Anna se ne stette in silenzio faccia al muro, con la gonna sollevata dietro, per qualche minuto, fino a ché Massimo, che si era seduto sul divano la invitò a coricarsi nuovamente sulle sue ginocchia.
    Con delicatezza le sollevò la gonna, esponendo nuovamente al suo sguardo le ardenti sfere. Aprì il vasetto di crema e dopo averne presa una certa quantità cominciò a spalmarla con un delicato massaggio sulle natiche della donna che scottavano sotto la sua mano.
    La freschezza di quella crema e la delicatezza di quel massaggio furono un vero toccasana per il fondo schiena di Anna che, beandosi di tali coccole, inarcò istintivamente la schiena quasi a offrire le sue grazie posteriori allo sguardo e alla mano di Massimo che sussurrò, con la voce resa roca dall'emozione e dall'eccitazione alla quale non poteva resistere: <hai due chiappe stupende Anna, morbide e sode, fatte apposta per essere sculacciate>.
    <grazie Massimo...> gli rispose la donna.
    Massimo continuò: <se dipendesse da me staresti spesso e volentieri sulle mie ginocchia, con questo tuo bel sedere all'aria ti sculaccerei fino a fartelo bello rosso e caldo, e dopo la sculacciata … dopo ... ah .. .basta... monellaccia tentatrice!>
    Detto ciò Massimo aiutò Anna ad alzarsi, chiedendole un po' bruscamente di ricomporsi mentre le indicava dove era il bagno affinché potesse darsi una rinfrescata al viso, ma si pentì subito di averlo detto, tant'è che dopo che la donna si fu ricomposta e preparata per andare via, prima di aprirle la porta la abbracciò e la baciò con passione, in verità ricambiata, le sussurrò quasi con un tono di supplica: <anna, ti prego non andare>.
    <devo andare Massimo....> sospirò la donna, mantenendo l’abbraccio, Massimo dopo un attimo di silenzio aggiunse:<promettimi almeno che ci rivedremo> .
    Anna baciando la mano che l'aveva punita e mentre calde lacrime le scendevano lungo le guance rispose: <te lo prometto Massimo, farò di tutto affinché questo accada, ciao Massimo e grazie, grazie di tutto!>
    In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa pur rimane lì, fra le sue braccia, ma il dovere fu più forte del piacere, si sciolse dall'abbraccio dell'uomo, baciò un’ultima volta le sue labbra morbide e carnose, aprì la porta per uscire richiudendola poi dietro di sé.
     
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