SOFIJA

Malinconico e romantico racconto spanking di fantascienza sovietica

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    Ogni promessa è debito! Nuovo racconto: fantascienza, Russia sovietica, due donne, come promesso a Priccy, alla quale dedico questa mia ultima “fatica” con cui spero sempre di intrattenervi e incantarvi. Buona lettura!

    Prossimo racconto sto ponderando di ambientarlo nella Roma papalina...

    P.S. E' scritto nel mio stile consueto (a proposito, devo riportare qui tutti i racconti del vecchio forum), ma mi è stato fatto notare che forse è esagerato. Ditemi che ne pensate, se lo gradite :)




    SOFIJA



    A Priccy



    La giovane donna e l'uomo anziano attraversarono in rigoroso silenzio, misurandolo a grandi passi decisi, il vetusto ed ombroso corridoio d'un palazzo espropriato dallo Stato a qualche obsoleto nobile parassita, ora circolo dei Lavoratori dell'Industria. Un tempo sontuoso, esso appariva oramai angusto, tetro ed opprimente, scarnificato dalle avventure di guerra. Si fermarono nei pressi di una porta forzatamente sobria, e l'uomo mise sulla spalla della donna una rude e pesante mano, che voleva essere paterna e premurosamente motivante.
    Solenne, concitato ed incalzante, questi proruppe: “Compagna Aelita Nebesnayasila, questa prova, apparentemente anodina, sarà tra le più complesse ed ostiche del nostro programma, anticamera per la messa a punto definitiva di efficaci stratagemmi basati sulle facoltà extrasensoriali che le forze invisibili di Madre Natura pongono a nostra disposizione. Il prossimo futuro della ricerca, grazie a persone come te, sarà radioso, e molto ti dovranno coloro che, in quel di Leningrado, istituirono e diedero vita, più di trent'anni fa, prendendo le mosse dalla Società di Psicologia Sperimentale fondata nel 1891, alla Commissione Speciale per lo studio della Suggestione Mentale, volta ad appurare il funzionamento esatto dei poteri della mente, per poterne usufruire al meglio. Ne è passata, da allora, di acqua sotto i ponti, e tu potrai far onore al Professor Durov, al Professor Beckhterev e al Professor Vasiliev, patroni della ricerca sotto l'egida e il supporto del nostro rinomato Patriarca Lenin. Oggi, in questa stanzetta brulicante di lavoratori e patrioti intenti a svagarsi e sollazzarsi, la Storia compirà un nuovo passo decisivo per la gloria del Partito e dello Stato sovietico, in quanto lo svilupparsi delle tue portentose facoltà telepatiche ci darà finalmente modo di affinare le tecniche per la lettura, il controllo e l'influenza mentale a distanza, nonché quelle volte a permettere la comunicazione da remoto laddove le normali apparecchiature non la rendono possibile; forse persino negli spazi siderali.
    Il tuo scopo, quest'oggi, sarà di scovare, nella ressa ignara, chi è dei nostri. Io stesso non so chi è stato sorteggiato, e quindi la mia debole mente non può fornirti informazioni. Pronta, mia cara!?...”
    Quando l'uomo parve volerla ghermire con lo sguardo d'occhi acquosi e grifagni, Aelita lo scandagliò e lo vide andare a caccia, con la medesima risolutezza, di orsi e di prostitute, imbottito di vodka per ogni occasione. Con baffi folti e ispidi al punto da poter sfidare il butterato Padre delle nazioni, posti ad ornare un viso vizzo eppur segaligno, il vecchio generale Sergej Volkj non era che un lupo ripulito e spelacchiato, il cui contegno compassato celava il vizio inveterato ed incrollabile, occhieggiante indolente, eppure indomito, dall'alto dei suoi gradi.
    Al suono altisonante d'un: “Buona fortuna intrepida e valente compagna Aelita Nebesnayasila!!!”, la giovane, pronta a prodigarsi sollecita, assunse un'aria compìta che ne sottolineò il portamento altero e statuario, e si accinse a varcare la porta. Appena mise piede nella stanza, venne accolta bruscamente da un vasto nugolo di fumo di sigaretta simile ad un nembo gravido di tempesta, pregno dell'asprigna ed irruente contaminazione di alcool e tabacco. Persino il rombare quasi reboante delle mille voci affastellate fra quelle mura stinte e fatiscenti pareva invischiarsi in quella nube corposa ed ovattata.
    Non molto dissimile fu il nugolo farraginoso di pensieri quando stentoreo, impetuosamente repentino, le investì la mente concentrata, scrosciante come una cascata ed inesorabile come uno sciame di locuste.
    Lo scabro e muto segreto, celato in molte teste, lampeggiò baluginando da sguardi obliqui ed ostentatamente sornioni: tragedie e meschinità inconfessabili, meandri infingardi, molti inganni e poche sincerità, mesta rassegnazione e qualche autentico e vibrante desiderio di riscatto e persino anelito alla grandezza: solo per dare un'idea dell'entità dell'oneroso compito che gravava sulla mente formidabile di Aelita, intenta a setacciare un nido di vespe elusive ed inferocite, una congerie frastornante che ronzava confusa ed implacabile.
    Alcuni presenti erano assorti nel gioco, altri assorbiti dall'alcool, altri persi in sé stessi o alacremente dediti a cercare di fornire, gli uni agli altri, un'immagine edificante della propria persona, mentre coltivavano, nel segreto apparentemente inviolabile del proprio cranio, il più mordace giudizio o la più lacerante e rancorosa disperazione. Coloro che le prestavano furtiva attenzione, fossero sguardi giovani o più anziani, vispi o smorti, lo facevano animati da una vivida curiosità, spesso intrisa di desideri lascivi che essi cercavano blandamente di reprimere o ricacciare, covandoli centuplicati nel sancta sanctorum del loro cervello maschile.
    Un signore rubicondo, insolitamente basso, la fissò con una certa insistenza, munito di occhietti bigi scavati in un volto rincagnato, dietro la corazza di un bel bicchiere pastoso di Sveroboj. La lubricità sguazzava incerta nel suo sguardo algido e spiritato e pompava spente ed arrancanti vestigia di vitalità in lineamenti atteggiati a sprezzante sufficienza. Appena la giovane accennò un passo nella sua direzione, costui si affrettò a trincerarsi dietro ad un braccio alzato e proteso, ed ad un ossequioso, distratto ed affettato: “Compagna...”. Il suo alito acidulo fendette la nude fumosa.
    Non ci mise molto Aelita, scandagliandolo, ad infrangere il velo malfermo, e a venir compunta da un terrore acrimonioso delle donne, che l'aggredì lancinante come una folata di fetore pungente.
    Ella capì quindi che l'atavico desiderio sessuale giocava un ruolo preminente per la riuscita del test, e provò a seguire quell'impervio sentiero.
    Si apprestò pertanto a giocare con la propria naturale sensualità, che la dimessa tuta da lavoro che aveva indosso contribuiva ad esaltare e corroborare, anziché attenuare, dispensandola e centellinandola sapientemente. Con la grazia ferina d'una pantera, fece esplodere, attraverso movenze misuratissime, le proprie forme giunoniche e slanciate, e la propria bellezza austera fatta di lineamenti affilati, naso leggermente e deliziosamente aquilino, mascelle pronunciate e labbra sottili d'un rosso così vivo che un decadente occidentale avrebbe potuto ritenerle velate di rossetto. Su tali lineamenti, coronati da una chioma così bionda da biancheggiare come neve, troneggiava tuttavia lo sguardo serico e adamantino di due grandi occhi sfavillanti, simili a laghi gemelli dalle dolci acque cristalline.
    Questi occhi, irrequieti, sondarono la stanza, seguendo una mente ricettiva intenta a carpire ogni minimo segnale; d'improvviso, le sovvenne l'atroce ricordo di una tremebonda ma tenace bambina, scalza ed infagottata da misere vesti, assediata da sguardi ostili e pavidi, dietro ai quali poteva leggere l'attanagliante ed ottusa superstizione che il regime non aveva saputo estirpare, esacerbandola invece nella durezza temprata dalla virulenza del potere. Prima che il Partito ne salutasse come mirabili le stupefacenti facoltà, ella non poteva certo essere frutto dei lombi di suo padre e del grembo di sua madre, bensì doveva esserlo degli esiziali progetti del Demonio, e con le verghe feroci avevano perciò cercato di cacciare il venefico influsso del Maligno, tormentandola e martoriandola come la piccola ed affranta protagonista d'un romanzo dell'infido Dostoevskij.
    Perché?! Doveva concentrarsi...
    Intorno ad un tavolo appartato sciamava un gruppo di donne intente forse a far ritorno alle proprie abitazioni. Il loro viso coriaceo ed energico era tuttavia segnato dalla fatica che era loro costata, dopo una giornata estenuante, persino indulgere in quel divertimento moderato che si erano volute concedere.
    Eppure Aelita sentì che dentro ognuna di loro scorreva un'energia inesauribile che le legava, un'esuberanza in grado di sormontare prove ben più prostrati della fatica di mille ponderose e snervanti giornate di lavoro; una forza poderosa capace di rimanere salda persino laddove la speranza si dissipa, la tenacia volitiva di chi non vuole soccombere e soggiacere alla straziante ed avvilente brutalità del giudizio e della condanna. Sì, doveva trattarsi di questo! La percezione era quanto mai chiara e potente e il segnale, il messaggio, non poteva che provenire da una singola mente: una di loro doveva costituire il fulcro da cui quell'energia promanava, capace di spandersi, di propagarsi, di trasmettersi e propalarsi, di influenzare chi le orbitava intorno.
    Ecco allora che Aelita notò una signora ancora seduta, dall'aria triste, sulla cinquantina.
    Ognuna delle donne, indipendentemente dall'età, pareva averla eletta facendola assurgere a riferimento, una solida ed imponente figura di madre e maestra. Tale signora dispensava luce, munifica al punto da risultare abbacinante... Dietro a siffatto grumo di tenebra ella celava però la nera afflizione con cui era costretta a custodire e preservare il proprio cuore di fiamma forzandolo, rincantucciato, in una angusta stanzetta dell'anima, della quale era anticamera un viso severo, dai tratti torvi e dolenti. Aelita la sondò avidamente, scoperchiando un abisso dentro un abisso: doveva rischiare!...
    Si avvicinò circospetta al tavolo, lentamente, molto lentamente, finché la donna non sollevò flemmaticamente il bel viso scuro compreso in una scarmigliata chioma corvina, e la fissò con notevole intensità. Quello sguardo la travolse come un fascio irrefrenabile di dardi fiammeggianti, scaturiti da una tempesta di fuoco, che ella faticò a contenere fin quasi allo sfinimento. In pochi, effimeri eppure interminabili istanti due sguardi, due menti, si fronteggiarono silenti. Determinata, Aelita capì che non le restava che tuffarsi di petto in quel regno di fiamma caustica ed ardente, e scorse qualcosa che la indusse ad andare fino in fondo: disinvolta si slacciò i pantaloni della tutta da lavoro, e li fece scivolare ed afflosciarsi lungo le cosce candide e statuarie. Indi, sotto lo sguardo sbigottito e sgomento della sua sfidante, lasciò cadere anche le pesanti mutande di lana. Dapprima la donna parve quasi accasciarsi impotente ai piedi della giovane, come quei capi di vestiario, poi si erse sulla sedia brandendo un cipiglio grave e fulminante. Questo suo fulmine intransigente non potette però neanche scalfire l'ardimento sfrontato della ragazza, e s'inabissò nelle acque baldanzose dei suoi cerulei laghi gemelli, sfaldandosi fino a rivelare, inerme, un nucleo d'accorata e sommessa implorazione.
    Neppure quei neri e brillanti occhi supplichevoli riuscirono però a fermare Aelita, che si abbandonò sulle ginocchia della donna e lasciò al contempo andare i suoi pensieri rapaci, i quali si avventarono inesorabili sul di lei respiro stringendolo in una morsa sempre più palpitante ed affannosa, che le spinse violentemente il cuore in gola.
    A questo punto, il silenzio e lo sconcerto trafissero, raggelarono e ghermirono ogni cosa nella sala, surclassando e sbaragliando pensieri e respiri. La giovane potette sentire il corpo della donna vibrare fremebondo, pervaso da quei pensieri e da quelle emozioni che aveva abbandonato a sé stesse e alla loro scalpitante, incontenibile, debordante furia. Aelita cercava di contenersi, di restare concentrata, con zelo, sull'obiettivo, ma l'emozione fremeva in lei in modo non meno convulso e dirompente.
    Dopo un certo numero di secondi, ciascuno interminabile al punto da rasentare l'imperituro stillicidio dell'Inferno, la giovane, tremante, non potette più avvertire neppure i propri stessi pensieri, salvo un fievole suono che fendette l'aria immota e sfidò il fragore del silenzio con tale delicata potenza da riecheggiare nell'anima, artigliando e superando ogni pensiero, e mozzando ogni respiro. Interminabile fu altresì l'istante del suo preludere al rosso colore dell'inevitabile. Ogni singolo astante trasalì allibito, impietrito, senza più muovere un muscolo. La natica soffusa di lieve rossore non rimase a lungo sola, poiché toccò anche all'altra provocatrice avere il fatto suo. Una mano ardente come la fiamma viva che l'animava trasmise il colore della propria passione alla candida e sinuosa tela, dipingendovi la forma rutilante della propria fervente frenesia, così come la proprietaria di quella carne cocente si beò del solo ricorso alla propria immaginazione, non tentando neppure di riappropriarsi, in quel frangente, della propria facoltà, bensì lasciando che la fantasia dipingesse, sul velo di tenebra vellutata oltre occhi ben serrati, il volto della sua aguzzina, stagliato come le stelle che trapuntano il manto della notte artica.
    Aelita rinunciò a contare i colpi che tormentarono le sue povere natiche, durante la fugace eternità di quel sensuale martirio. Al termine, la mano della donna indulse sulle carni riarse, indugiò trepidante prossima al fiore fra le cosce. Finalmente, qualcuno cercò di intervenire, o almeno profferire parola, ma il silenzio sconquassato dal fragore veemente e frastornante di quei decisi, vigorosi sculaccioni rimase intatto, quando l'attenzione di ogni presente venne richiamata dalla figura trionfale e minacciosa del generale Volkj, con un'espressione esaltata, entusiasta e compiaciuta calzante su quella sua faccia da lupo come l'increspatura di un ringhio.
    Aelita tornò in sé, e seppe di doversi sollevare e ricomporre.
    Tutti gli sguardi attoniti furono per la donna più anziana, che rimase in un silenzio imbarazzato come la sua espressione di costernazione e vergogna ancora trasognata, screziata dei postumi della passione furente.
    Per altri ancora ed ancora interminabili istanti, costei, intontita, parve non poter far altro che trarre profondi e cadenzati respiri. Poi, serafica, placida, con un pacato tono di voce, prese ad argomentare: “...E' mia figlia gente. Anche se ora è una giovane donna, si sentiva contrita per avermi contrariato, sapendo di dovermi ancora il medesimo rispetto, e di meritare pertanto un castigo esemplare!”. Osservò quasi uno ad uno i volti ancora perplessi, indi sollevò un bicchiere di liquore e caricò la voce di graffiante effervescenza: “Suvvia, compagni, i nostri antenati compivano rituali inverecondi durante i convivi, accoppiandosi sul pavimento nella concitazione generale. Ed io non posso innocentemente punire la mia progenie, mostrandovi come si tira su debitamente una degna e devota serva dello Stato!?”. Detto questo, ingollò forsennatamente il contenuto del suo bicchiere, afferrò freneticamente il braccio di Aelita e sgattaiolò via.
    Nel suo ufficio, comodamente assiso, il generale Volkj, pur apparendo tronfio come se il successo della prova fosse dipeso dal proprio operato, non lesinò cerimonie: “Sofija Bulgàkova”, si rivolse, pomposamente marziale, alla donna più anziana, “Sei stata ancora una volta di enorme utilità. Orchestreremo una storiella credibile, una lavata di capo, qualche giorno di prigione, e il gioco sarà fatto. Hai avuto inoltre l'onore di conoscere e interagire con la compagna Aelita Nebesnayasila, leva più promettente, nonostante i vent'anni non ancora compiuti, del Progetto di Psicologia Sperimentale, tra le sue punte di diamante. I suoi risultati sono stupefacenti!”
    “E tu compagna Nebesnayasila... che dire? Superba!!! Ti presento Sofija Glubokaja Bulgàkova, valente ed indefessa lavoratrice e vedova di Vasily Bulgàkov, scomparso onorevolmente sul Fronte Orientale contro i porci crucchi. Ella mette a nostra disposizione la propria... hum... peculiarità”.
    “Come oramai sai bene, sono lesbica!...”, irruppe Sofija secca, laconica, con sguardo tristo ed elusivo. “Un'ottima servitrice dello Stato!”, si insinuò nuovamente il generale, vistosamente a disagio, con un'untuosità del sapore sinistro. “Ora”, il vecchio si affrettò a cambiare discorso, “è il momento delle domande di rito al soggetto! Vi conduco nella stanza appositamente approntata e lì vi lascio sole. In seguito, inizierà il vaglio dei nostri scienziati.”
    L'uomo e le due donne scattarono dunque come sull'attenti, meccanicamente, e si diressero in silenzio, un silenzio dal livido colore, nel luogo designato.
    Pur essendo d'una bellezza austera in nulla minore a quella che contraddistingueva Aelita, nell'ombra della stanza il viso di Sofija, solcato da profonde rughe d'espressione, segnato dal dolore, contratto, parve come incartapecorito, addirittura tetro, una maschera anchilosata, depauperata, indurita dalla sofferenza. Su quel volto oramai impassibile, mentre ella dava le spalle alla giovane promessa, comparve una lacrima frale, intrusa incongrua destinata a volatilizzarsi come un pesce fuor d'acqua.
    Con un rarefatto filo di voce chioccia, stridente, quasi raspasse sul fondo delle proprie energie per mettere insieme le parole, la donna si rivolse alla giovane alle sue spalle, il cui silenzio, pur restando tale, si era fatto mostruosamente eloquente: “Forse sai tutto, ma voglio riservarmi il dignitoso diritto, l'integrità, di essere io a parlare: non ho saputo nascondere la mia passione per la sorella di mio marito, la mia dolce Afanasiya, ora deportata. Ho dovuto scegliere i miei figli, e sono qui, relativamente al sicuro, perché la mia omosessualità risulta utile al regime. Anche Hitler ne ha fatto un uso simile. Il comunismo, il fascismo, le religioni e l'Occidente capitalista e puritano odiano noi “turpi invertiti” in egual maniera e misura. Noi disperdiamo il seme di Dio come Onan, o lasciamo inaridire il nostro ventre, sottraendo capitale umano. Se la mia utilità dovesse venire meno, mi ritroverò senza appello in Siberia, oggetto di scherno ed efferatezze, pervasa dallo stridore di denti fino al tramontare dei miei giorni miserabili, come la donna che, avendo amato, spero sia ora defunta. In Occidente, dove godiamo della medesima considerazione, non tarderanno a fare di noi una fetta di mercato alla quale imporre chewing gum e Coca Cola, il che ci assimilerà ai teenagers concedendoci una parvenza di respiro, il massimo che potremo aspettarci da un mondo che disprezza e osteggia, in ogni modo e con ogni pretesto, le mie e i miei simili. Ed è tutto!...”
    Dopo alcuni istanti di ruvido silenzio, continuò con voce edulcorata da una maggiore vivacità: “... Una cosa però non riesco a capire: ammetto, confesso, chiedendoti perdono, che avrei consumato di baci e carezze quelle tue natiche tornite, quel tuo culo candido come formaggio Tvorog e di sicuro altrettanto saporito. Ma...”, la sua attonita perplessità sormontò ogni altra emozione, “... Perché le ho colpite!?”
    Silenzio. Ancora silenzio.
    “Io... non leverei un dito su nessuno, fanciullo o adulto, in nessuna circostanza. Mai ho toccato i miei figli e mai... Non... ho... questo impulso né... né...”
    “Si...”, abbracciandola e stringendola teneramente, ancora alle sue spalle, Aelita demolì il silenzio con un semplice sussurro. “Sono io a doverti chiedere perdono. In te c'è una cornucopia di bellezza, un ferace abisso di splendore Sofija. Io l'ho visto, l'ho contemplato. Tu sei il fiore che sorge sul ciglio della rupe scoscesa, quella da cui si gettò fra i flutti la nostra Saffo...”
    “Tu...”, vacillando in bilico sulle labbra di Sofija, il roco e fievole monosillabo si infranse contro il confluire delle più disparate, potenti e debordanti emozioni.
    “... Io ho reso la violenza subita un gioco proibito, una leccornia segreta, una fonte di piacere sopraffino sotto il mio controllo, poiché io sono un segreto dentro un segreto dentro un segreto, Sofija.”, Aelita accompagnò la frase con un sorriso beffardo, sardonico.
    Il viso esterrefatto di Sofija si illuminò, i suoi fulgidi occhi neri sprigionarono, come un incendio, la luce in lei racchiusa. Avvinta, incredula, tentò di dire qualcosa, barbugliando.
    “Durante i nostri giochi proibiti di giovinezza”, continuò Aelita con fervore, “nella folta boscaglia, Anya, la mia amata Anya, mi sollevava le gonne vaporose lentamente, tramenando fra le vesti, con dita agognanti e sapienti, in cerca delle mie carni. Ogni suo gesto era per me una carezza, ed ogni sua carezza mi trafiggeva come il bacio mordace della frusta. La passione mi divorava, carezza dopo carezza, bacio dopo bacio, morso dopo morso; le mani della mia adorata brandivano le verghe come la passione ghermiva il suo cuore palpitante, e con la stessa bramosia segnavano le mie natiche e le mie gambe, e vi andavano in cerca del mio fiore, per farmi impazzire, per farmi morire, cadere stramazzata sotto i fendenti d'Amore, estinguermi fra le sue braccia...”
    A questo punto, furono faccia a faccia, occhi negli occhi, labbra prossime alle labbra. I loro respiri potevano mescolarsi, confondersi. La voce di Aelita, trepida e tremante, era ora rotta: “Io conosco la tua bellezza, eppure debbo ancora attingere, colma ma mai paga, alla sua fonte infinita. Non mi basterebbe una vita per esplorarti, e, se lo vorrai, ti aprirò il mio cuore. Se lo desidererai, sarà tuo!!! Se non lo riterrai degno di Te, e lo rifiuterai, questo non cagionerà il mio abbandono. Per te non esiste Siberia, e fra le mie braccia o lontano da esse, non dovrai mai temere alcun male!!!”
    Le labbra si sfiorarono, i respiri furono all'unisono. Poi la bocca fremente di Aelita lambì dolcemente la gota di Sofija, rigata da lacrime di liberazione di cui ella potette pascersi avidamente, fino a raggiungere l'orecchio: “Loro sanno molto poco, non conoscono che la punta dell'Iceberg. Trasmetterti la mia passione è stato null'altro che un gioco per me, Sofija, un blando, semplice assaggio del mio immane POTERE!...”
    Un'eco stentorea pervase l'anima di Sofija, che capitolò.
    Le loro labbra, finalmente, si incontrarono.
     
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    Chapeau! Bravo scrivi molto bene. Colgo l'occasione per darti il mio bentornato.
     
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    Mi dispiace! Io sono un lettore accanito ma, questo proprio non riesco a leggerlo.
    Dovrebbe essere un racconto erotico ma, l'erotismo è talmente diluito che, neanche nella medicina omeopatica.
    Ma perchè? E' evidente che sai scrivere ma ... cribbio.
    si fa più fatica che a scalare il Monte Bianco.
    Contorto, si avvita su stesso. Frasi di mezza pagina con 50 virgole.
    E' un racconto o una prova ad ostacoli.
    Scusami la franchezza.
    Non te la prendere è colpa mia.
     
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    [QUOTE=Cattivello71,13/10/2021, 18:12 ?t=62292564&st=0#entry453746397]
    Chapeau! Bravo scrivi molto bene. Colgo l'occasione per darti il mio bentornato.



    Grazie!!!

    CITAZIONE (Danhang @ 13/10/2021, 19:36) 
    Mi dispiace! Io sono un lettore accanito ma, questo proprio non riesco a leggerlo.
    Dovrebbe essere un racconto erotico ma, l'erotismo è talmente diluito che, neanche nella medicina omeopatica.
    Ma perchè? E' evidente che sai scrivere ma ... cribbio.
    si fa più fatica che a scalare il Monte Bianco.
    Contorto, si avvita su stesso. Frasi di mezza pagina con 50 virgole.
    E' un racconto o una prova ad ostacoli.
    Scusami la franchezza.
    Non te la prendere è colpa mia.

    Ciao! Figurati le critiche costruttive sono sempre ben accette, e comunque so che il mio stile (che uso anche nel lavoro che svolgo per la casa editrice con cui collaboro, quindi oramai per me è molto naturale) è un po' contorto e può risultare ostico. E' un fatto di gusti, io posso solo dirti che non è forzato, costruisco i periodi in un modo che mi sembra consono espressivamente e musicale, e scelgo le parole per suono e significato peculiare, ma non posso pretendere che le mie scelte siano gradite universalmente perché non funziona mai così ovvio, dipende da lettore e lettrice.

    Sulla tematica concordo pienamente, ma non volevo deliberatamente produrre un racconto erotico “convenzionale”, volto al puro intrattenimento o divertimento del lettore. Dei racconti del vecchio forum alcuni lo sono di più, ma a me interessa molto sperimentare narrativamente esplorando il ruolo psicologico multiforme che può giocare una pulsione erotica, oltre che immaginare scenari singolari. Nel precedente racconto l'elemento erotico era più accentuato, ma era comunque un horror. Sperimento sperando di coinvolgere il lettore e la lettrice, e posso riuscire o meno ;)


    Bellissima la citazione alla Cioran :) ! Cos'è?
     
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    Bellissima la citazione alla Cioran :) ! Cos'è?

    Sinceramente non ho capito e non so risponderti.
    Qual'è la citazione?

    Il tuo ragionamente mi sembra molto autoreferenziale. Si scrive sempre per gli altri. se un aereo non vola è un carretto. se il racconto erotico NON si fa leggere NON è un racconto erotico.
    Si vede che sai adoperare la materia ma poi. non ti fai leggere. Per me è un controsenso.
    e mi dispiace.
     
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    CITAZIONE (Danhang @ 13/10/2021, 23:47) 
    CITAZIONE
    Bellissima la citazione alla Cioran :) ! Cos'è?

    Sinceramente non ho capito e non so risponderti.
    Qual'è la citazione?

    Il tuo ragionamente mi sembra molto autoreferenziale. Si scrive sempre per gli altri. se un aereo non vola è un carretto. se il racconto erotico NON si fa leggere NON è un racconto erotico.
    Si vede che sai adoperare la materia ma poi. non ti fai leggere. Per me è un controsenso.
    e mi dispiace.

    La citazione è questa, a piè di pagina "Tutte le ore feriscono ... L'ultima uccide."

    Non pretendo di possedere alcuna verità apodittica, ti assicuro, scrivo e basta, per piacere, per chi legge ma anche come espressione personale, cercando di unire le due cose, e il risultato può essere, naturalmente, assolutamente opinabile e fallimentare, ed è sottoposto al giudizio altrui che rispetto profondamente.

    Scrivo come mi viene, per esprimermi e comunicare e senza l'intenzione di esaltarmi o provocare. Non volevo urtarti in questo modo, mi dispiace molto ;P!!!
     
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    So che una persona che usa termini desueti o ricercati a volte rischia (hanno compiuto uno studio a riguardo) di apparire presuntuosa o addirittura ottusa. Conosco bene inoltre il valore di una scrittura agile.

    Ma quel che cerco di fare, nel mio piccolo ovvio, è mettere in campo la ricchezza dei termini di questa lingua superba che adoro (coi suoi limiti), alcuni dei quali non semplici sinonimi bizzarri, ma con un significato particolare, e costruire periodi assorbenti, vertiginosi, utilizzandoli come strumenti metalinguistici, ossia per preparare, ad esempio, allo stato d'animo di un personaggio. Insomma ho maturato questo stile per gioco e per piacere, e per sperimentare forme espressive, senza alcuna presunzione davvero, e ben sapendo che questo mio modo di scrivere non è né perfetto né gradito a chiunque legga. Ogni persona è diversa ed è compiuta a suo modo. Cerco di armonizzare le mie passioni con la sensibilità del lettore, non è facile, e non è mai detto che ci riesca. Provo, tutto qui, e cerco di non rinunciare ad essere me stesso comunicando.

    Scusate l'ora tarda, sono serotino (un gufo, mi hanno detto si dice al centro del sonno ;P), e per fortuna, lavorando spesso a casa, posso assecondare questa inclinazione. Infatti sto ancora lavorando. Però se dovessi star sveglio tutta la notte morirei, qui tra noi, non dico chi, c'è un'infermiera notturna e non la invidio, pur ammirando ciò che fa!

    Notte a tutte/i
     
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    C'ho capito poco del racconto ma, al contrario di altri, adoro i termini ricercati e desueti!
    Non li vedo sinonimo di presunzione ma di originalità.
    Tra i miei preferiti c'è il libro sinonimi e contrari :D
    Grazie della condivisione Black.
     
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    CITAZIONE (Danhang @ 13/10/2021, 23:47) 
    CITAZIONE
    Bellissima la citazione alla Cioran :) ! Cos'è?

    Sinceramente non ho capito e non so risponderti.
    Qual'è la citazione?

    Il tuo ragionamente mi sembra molto autoreferenziale. Si scrive sempre per gli altri. se un aereo non vola è un carretto. se il racconto erotico NON si fa leggere NON è un racconto erotico.
    Si vede che sai adoperare la materia ma poi. non ti fai leggere. Per me è un controsenso.
    e mi dispiace.

    Danhag devi sapere che una volta sono uscita con un analista di stampo lacaniano. Io iniziai una ruspante invettiva contro il suo paladino, un po' per gli stessi motivi che contesti tu a Simone ("incredibilmente", nonostante Lacan sia morto da un po', sono riuscita comunque ad avere un po' più di tatto...🙄) e lui mi rispose con una scomoda verità: solo perché non lo capisci tu non vuole dire sia fuffa...
    A te non piace come stile e non lo comprendi (anche a me risulta ostico), non diamo per scontato che il problema sia del testo e non tuo...vedi Lacan 😉
     
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    Comincio dall parte facile.
    La citazione "tutte le ore feriscono e l'ultima uccide" purtroppo NON è mia ma, l'ho rubata da un titolo di un libro, di cui non ricordo l'autore.
    Dovrebbe essere un proverbio spagnolo e andrebbe declinata in spagnolo.

    Ora la parte difficile. Tento di spiegarmi.
    Non ho mai detto che è " fuffa" e non ho mai detto che non lo capisco.
    Ho detto che fa di tutto per non farsi leggere.
    E' un onanismo letterario. Non tiene minimamente conto del lettore.
    Mi ha fatto lo stesso effetto anche ( viene considerato un capolavoro) "quel pasticciaccio brutto di via Merulana"
    Come vedi ti metto insieme ad un grande ... ( Gadda)
    Epperò mi di spiace ma non ce la faccio a leggerti.
    Come ho già ribadito E' COLPA MIA.
     
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    Purtroppo ho anche io capito poco... ma ho apprezzato molto la ricerca dei termini... anche se preferisco limitarmi a racconti diciamo un po' più "semplici "😁
     
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    Insomma ho preso una grossa cantonata. Perdonatemi, il prossimo cambio un po' stile e registro.
     
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    Black è il tuo stile. Mica devi cambiare per gli altri. C’è chi apprezza il tuo stile e chi no.
    Non per nulla ci sono cantanti che hanno alcuni fan e altri no e altri che hanno i secondi e non i primi.
    Vai per la tua strada
     
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    CITAZIONE (Nena- @ 14/10/2021, 20:29) 
    Black è il tuo stile. Mica devi cambiare per gli altri. C’è chi apprezza il tuo stile e chi no.
    Non per nulla ci sono cantanti che hanno alcuni fan e altri no e altri che hanno i secondi e non i primi.
    Vai per la tua strada

    Grazie Nena! Sto per pubblicare, a breve, un nuovo racconto più “moderato”, sobrio e contenuto che ho scritto di getto e devo rileggere - anche se, ti assicuro, non tradirò assolutamente né me stesso né di rimando chi legge – più che altro in quanto mi dispiace di aver “deluso” una persona a cui vogliamo tutti bene, non presente qui fra i commenti.
    Così finalmente contribuisco pure un po' alla vita del forum ;P
     
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13 replies since 13/10/2021, 12:25   423 views
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