Anna e le ripetizioni

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    Agli inizi

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    veramente bello, originale
     
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    Grazie mille :)
     
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    Quarta parte


    Cercai di rassegnarmi comunque all’idea. Per quanto folle fosse non volevo tornare a casa a mani vuote. La scenata sarebbe stata inutile, come le mie urla e tutto il resto. Dovevo riuscire ad andare bene alla verifica. Quello mi diede il coraggio, l’idea di riuscire a salvarmi. Alla fine.
    “Cosa dovrei fare?” Gli chiesi d’improvviso.
    Come se mi aspettassi un libretto di istruzioni su come venire sculacciata a dovere a diciannove anni. Così almeno da capire.
    Lui era ancora in piedi davanti a me, decisamente più sereno di prima.
    “In che senso, Anna?”
    “Se lei mi sculaccia, io che devo fare?”
    “È la tua prima volta, quindi in caso ti sculaccerei solo sui jeans che indossi. Tu non dovresti fare niente, non posso decidere io come reagiresti.”
    “Intendo, dove come quando. Non ho idea di cosa lei abbia in mente.”
    “Non credo ci sia nulla di diverso da quello che ci si immagina. E non trovo che sia utile starne a parlare prima. Se accetti la punizione, lo scoprirai da sola.”
    Sbuffai, tesa. Come si fa a dire di sì ad una punizione, volontariamente?
    “Ma non è strano?” Cercai di esternare a lui i miei dubbi.
    Lui mi guardò con pazienza.
    “Se hai deciso che va bene, alzati, Anna.”
    Aveva adesso un tono di voce pacato, ma autorevole. Doveva di nuovo farmi sentire una bambina dopotutto.
    Sbuffai un’altra volta, fissando la parete bianca.
    “Fa tanto male?” Chiesi senza guardarlo in faccia.
    “Non saprei dirti. Ma una sculacciata punta a fare male. Quindi non ti aspettare nulla di buono.”
    ”È così che mi vuole convincere?” Lo guardai scossa.
    “Non ti devo convincere. Ti meriti una punizione, fine del discorso. E una punizione è una punizione. Che altro c’è da dire?”
    Mi venne da fargli il verso, ma non ero nelle condizioni di irritarlo per l’ennesima volta.
    “Quindi sto davvero per essere sculacciata” mi dissi.
    Una parte di me rifiutò l’idea con un accenno di nausea. Un’altra ancora era invece curiosa, nonostante tutto. Con imbarazzo mi alzai dalla sedia, con lo sguardo puntato al pavimento.
    “Quindi?” Mi chiese.
    Io non avevo il coraggio di fiatare. Semplicemente annuii con la testa. Vidi con la coda dell’occhio la sua mano che si avvicinava a me.
    “Bene allora, vieni con me” disse prendendomi per un braccio.
    Appena avvertii la sua presa, venni pervasa da brividi ancora peggio delle altre volte, mi venne da trattenere il fiato. Lui mi accompagnò verso il divano. Era adesso diverso, completamente diverso. Prima ai miei occhi era solo un divano. Adesso più mi avvicinavo, più lo percepivo come uno strumento di dolore, che avrebbe accolto le mie urla. Perché sì, mi aspettavo esattamente quello, di mettermi ad urlare, da come me ne aveva parlato. La cosa già di per sé mi tormentava. L’idea di scalciare e gridare per colpa di un altro, e starmene pure buona lì a subire. A che diavolo stavo andando incontro? I pochi secondi che ci vollero a raggiunge il divano mi sembrarono minuti. Lui avevo uno sguardo impassibile. Mi lasciò andare il braccio e lo vidi sedersi al centro, con le gambe divaricate. I brividi nel mio corpo erano diventati formicolii fastidiosi. Inutile dire che fosse il mio sedere quello che mi prudeva di più. D’istinto ci passai sopra la mano.
    Il professore mi guardava dal basso, senza dire nulla. Non sapevo cosa stesse aspettando. Ciondolavo appena, dal nervoso. Lo stomaco mi s’era chiuso completamente, e sentivo delle goccioline di sudore fredde colarmi dalle ascelle. Attesi un gesto, un cenno, una parola, ma nulla. Lui continuava a fissarmi e basta, mettendomi in soggezione. Credo solo dopo due minuti reali, stavolta, si decise ad aprire bocca. E quello che disse non mi piacque affatto.
    “Voglio che adesso ti giri, mostrandomi il sedere. Le mani mettile dietro la nuca, incrociate.”
    Spalancai gli occhi.
    “Mi hai sentito. Ti consiglio d’ora in avanti di fare esattamente quello che ti dico, Anna.”

    (Il seguito appena posso)
     
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    seguito appena posso

    Certo.. Il tempo che cv i vuole per rendere bene come stai facendo i due minuti reali che a lei sembrano eterni

    Ps
    Apprezzo anche che la prima sia sui jeans così non ha più il dubbio che lo faccia per guardarla
     
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    Presi un respiro profondo. Dovetti inghiottire sguardi, parolacce e dio sa cos'altro. Mi sentivo nelle sue mani, era una sensazione orribile. Mi girai per dargli le spalle, così che lui potesse ammirare il mio sedere. Lo trovai decisamente inopportuno, ma poi mi ricordai che di lì a breve l’avrebbe visto ancora più da vicino e l’avrebbe pure riempito di sculaccioni. Non potevo vedere che faccia stesse facendo, non potevo sapere cosa quell’uomo stesse pensando. La cosa mi stava mandando al manicomio.
    “Anna, le mani dietro la nuca” mi arrivò la sua voce secca da dietro, come un tuono.
    Sobbalzai. Mio malgrado feci come mi disse. Cinsi le mani dietro la nuca, come una bambina in castigo. Una bambina con il sedere da adulta. Avevo un bel sedere, non si poteva dire il contrario. Non so perché quell’idea mi rassicurò per un attimo. Era un pensiero stupido. Stavo rimanendo in quella posizione cercando di sovrastare il silenzio imbarazzante con qualsiasi stronzata mi passasse per la testa. Non ero di certo abituata a una situazione simile e il mio cervello doveva in qualche modo compensare l’ansia. Volevo chiedergli per quanto dovessi stare così. Non vedevo l’ora che fosse finita la punizione. Ma lui evidentemente se la stava gustando. Davanti a me c’era la parete bianca, un mobile antico di legno con sopra oggetti strani. Non avevo mai prestato tanta attenzione a quel lato della casa, ma in quel momento i miei occhi si posavano su tutto con massima concentrazione.
    “Stai riflettendo sulle tue azioni, Anna?” Di nuovo la voce di quell’uomo mi sorprese da dietro.
    Tremai leggermente.
    “Sì” risposi d’istinto, non troppo convinta.
    “Come ti senti a riguardo?”
    “Male” risposi rigida come un tronco,.
    Nel parlare con lui non riuscivo ad articolare bene i pensieri.
    “Non basta come risposta. Voglio che tu riviva quello che è successo prima e mi dica cosa provi.”
    “Ehm, vergogna, di sicuro. Dispiacere? Non lo so…” ero così agitata che davvero non riuscivo a mettere due parole in croce.
    “Non lo sai?”
    “Lo so, ma adesso mi viene male descrivere cosa provo” dissi con leggera stizza.
    D’altronde non era facile parlare a una persona che ti guardava il sedere al posto della faccia e ti imponeva di rimanere in una posizione per niente confortevole.
    “Sforzati, allora.”
    Sospirai. Chiusi gli occhi nel tentativo di rilassarmi e focalizzarmi sulle mie emozioni.
    “Mi sento in colpa, di sicuro. Il fatto che oggi mi sia presentata senza aver fatto gli esercizi è una cosa stupida, me ne rendo conto. E mi dispiace che sia arrivata in ritardo. Non avevo nessuna voglia di vederla, questa è la verità. Non mi mette a mio agio stare qui. E la cosa mi innervosisce. Non mi piacciono le costrizioni. Credo che l’abbia capito…”
    “Continua.”
    “Quindi mi sono comportata male, quasi di proposito. Le ho mancato di rispetto. Poi ho alzato la voce, che è una brutta cosa. Lo so, e ancora peggio ho alzato le mani. Ma lì ormai ero già fuori di me, davvero. Quello proprio non lo volevo fare, lo giuro.”
    “Ti credo, Anna. Questo non toglie che sia sbagliato, giusto?”
    “Giusto…”
    “Quindi capisci che ti meriti una punizione, per quello che è successo.”
    “Sì…”
    “D’accordo. Puoi girarti adesso.”
    Riaprii gli occhi, ed esitai un attimo a girarmi. Rivedere lui seduto sul divano mi mise timore. La parte peggiore di quella giornata doveva ancora iniziare. Il suo viso non mostrava alcun tipo di tensione. Era evidente che in quel ruolo lui si sentisse a suo agio, e ci prendesse persino gusto. Lasciai andare le mani che erano sulla nuca, ma appena lo feci notai che lui si irrigidì.
    “Non mi sembra di averti detto di togliere le mani, Anna” mi rimproverò puntuale.
    Le rimisi dov’erano, alla velocità della luce. La cosa mi stupì. Era raro vedermi obbedire a qualcuno, e scattare come una molla. Il fatto è che ora avevo paura di lui.
    “Bene. Adesso voglio che tu mi guardi negli occhi e mi chieda scusa per aver lasciato andare le mani.”
    Sentii le guance avvampare.
    “Anna?”
    Lo guardavo con gli occhi sbarrati. Odiavo chiedere scusa. Soprattutto per una cosa simile.
    Lo vidi alzarsi. Sobbalzai come una scema.
    “Non te lo ripeto un’altra volta” lui si mise di fianco a me.
    Mi sentivo bloccata. Non volevo dirlo.
    “Piegati” lui mi ordinò, con la sua faccia a pochi centimetri da me.
    Mi voltai per guardarlo, per capire che intenzioni avesse.
    Non feci a tempo che sentii un tonfo sordo sul mio sedere, e saltai in aria. Mi aveva sculacciata!
    “Ti ho detto di piegarti, Anna.”
    Avevo la bocca e gli occhi spalancati, incredula. Ero rigida, figuriamoci se fossi riuscita a piegarmi. Lui allora mi cinse col braccio sinistro la vita, e con la mano destra iniziò a rifilarmi sculaccioni forti e veloci. Faceva un male cane! Lanciai degli urletti acuti. Lui non si fermò per almeno trenta secondi. Sentivo la sua mano, che realizzai essere davvero grande, schiantarsi sul mio povero sedere con violenza. L’impatto sui jeans provocava un bruciore fastidioso, ed ogni sculaccione mi mandava in avanti. I capelli mi finivano sul viso, e il sedere sembrava stesse prendendo la scossa. Era una sensazione strana. Il pizzicore si irradiava su entrambe la chiappe e più lui mi sculacciava più diventava fastidioso e doloroso. Ero sulle punte dei piedi, la schiena inarcata in balia della spinta della sua mano che non sembrava volesse fermarsi. Il mio corpo era rigido ma allo stesso tempo ero invasa da un calore strano, indotto.
    “Adesso piegati” lui mi disse con tono perentorio.
    Io ero scioccata, sconvolta. Obbedii lo stesso. Mi piegai a novanta, di fianco a lui. Il sedere era in preda a formicolii e lo sentivo bruciare.
    “Cosa ti avevo detto? Che d’ora in avanti devi fare quello che ti dico.”
    “Scusi” mi venne spontaneo dire.
    Mi diede un altro sculaccione forte, che per poco non mi fece cadere a terra.
    “Stai chiedendo scusa per cosa?”
    “Per non aver obbedito” le mie guance erano in fiamme come le mie chiappe. Dovevo essere diventata paonazza in viso.
    Lui mi diede un altro sculaccione, che mi fece un male cane.
    Mi dava tremendamente fastidio sentire la sua mano sul mio sedere. La cosa mi disturbava sin dentro le viscere e stavo provando rabbia, dispiacere, vergogna tutto insieme.
    “Per cos’altro mi devi chiedere scusa?”
    “Per aver lasciato andare le mani…” digrignai i denti fissando il divano che avevo davanti agli occhi con odio.
    Lui mi rifilò quattro sculaccioni e io strizzai ogni parte della mia faccia dal dolore. Mi sentii poi tirata all’insù. Mi rimisi in piedi.
    “So che non è facile adesso per te, ma fa parte della punizione Anna. Come ti senti?”
    “Fa male…” I miei occhi stavano vibrando guardando i suoi.
    “Quello come ti ho detto, è ovvio.”
    “E mi mette a disagio che lei mi tocchi lì…” ammisi.
    “Anche quello fa parte della punizione.”
    Annuii, controvoglia.
    Nel mio sedere era come stessero scoccando piccole scintille ogni secondo. Bruciava sempre di più.
    “Chiedimi scusa per aver lasciato andare le mani.”
    “Mi scusi, mi dispiace…” sentii i miei occhi farsi umidi.
    “Bene” lui disse e tornò a sedersi sul divano.
    “Adesso rimettile dov’erano.”
    Portai di nuovo le mani dietro la nuca. Mi sentivo come un burattino.
    “Pensi di riuscire a sopportare una lunga sculacciata, dopo quei pochi sculaccioni che ti ho dato?” Mi chiese con scioltezza, come stessimo parlando del tempo che faceva fuori.
    “Pochi?!” Gridai dentro me stessa.
    Scossi la testa per dire di no.
    “Ti ha fatto molto male?”
    Annuii, con forza.
    “Bene” si risolse, come per lui quella fosse una cosa positiva.
    “La vera sculacciata te la devo dare sulle mie ginocchia, Anna.”
    Se prima ero rigida adesso sentii il mio intero corpo farsi pietra.
    L’idea di dovermi distendere sopra quell’uomo, col sedere per aria, era non solo imbarazzante da morire, ma mi tornò anche il disgusto.
    “Come ti senti a riguardo?” Mi chiese.
    “Da schifo” dissi sincera.
    “Immagino non sia una cosa piacevole, per una ragazza della tua età.”
    “No, infatti” mi sfuggì nel tono di voce del rancore.
    “È inutile dirti che anche questo fa parte della punizione.”
    “Sì…ho capito…” deglutii forte, tesa.
    “Avvicinati.”
    Feci due passi in avanti. Le mie ginocchia praticamente sfioravano le sue gambe.
    Lui si toccò le cosce, e mi fece cenno di sdraiarmi su di lui.
    Non volevo, con tutta me stessa non volevo farlo.
    “Ti do qualche secondo, se non lo fai sarà peggio per te, Anna.”
    Sospirai. Sentii scendere una lacrima calda sulla guancia. M’arresi. Andai contro me stessa, e mi piegai, misi le ginocchia sul divano e poi mi lasciai andare sopra le sue gambe. Era una posizione così stupida. La mia faccia era praticamente schiacciata contro un cuscino, la mia pancia era compressa sulle sue cosce e il mio sedere era giusto sotto il suo viso. Lui appoggiò la sua mano sinistra sul mio bacino.
    “Questa volta la sculacciata sarà molto più lunga di quella di prima” la sua voce di nuovo mi arrivava alle spalle.
    L’unica cosa che i miei occhi erano in grado di vedere era il tessuto verde petrolio del cuscino.
    Senza che riuscissi a controllarmi nuove lacrime colarono sul mio viso. Ero calda ovunque. Gli occhi mi bruciavano, le guance, il sedere, e tutto il corpo era caldo come se avessi fatto cinque minuti di corsa sul posto.
    “Hai capito, Anna?” Lui mi chiese con quel tono di voce che mi dava sui nervi.
    “Sì, ho capito” cercai di non far trapelare la mia rabbia.
    “Ti senti pronta?”
    “No” disse secca.
    Sentii la sua mano destra posarsi sul mio sedere. Me lo stava toccando!
    “Questo ti da fastidio?” Mi chiese.
    “Sì!” Esclamai, stavolta dimostrando anche nella voce il mio fastidio.
    CIAFFF! Subito dopo sentii uno spasmo al sedere. Mi aveva dato uno sculaccione così forte che davvero sembrava avessi preso la scossa.
    “AAAhhh, cazzo…” mi sfuggì la parolaccia.
    CIAFF! Un altro, con la stessa forza. CIAFF! Un altro.
    “Ahi…Ahh.”
    CIAFF! CIAFF! CIAFF! Altri con la stessa intensità, ma stavolta non si fermò. Continuò a sculacciarmi e mi venne da stringere con le mani il cuscino. Mi sentivo schiacciata, soppressa e battuta come un panno. Il sedere riprese a pizzicarmi fortissimo. Avrei preferito sprofondare dentro al divano.
    “Questo è quello che si merita una ragazza arrogante e irrispettosa come te” mi disse il professore nel mentre era impegnato a rifilarmi sculaccioni che per poco non mi toglievano il respiro. I tonfi erano sordi e l’intera stanza sembrava vibrare al ritmo di quelli. A me continuavano a scendere le lacrime e il sapore salato lo sentivo in bocca; ero tesa, nervosa, imbarazzata a morte e il dolore sembrava amplificare ogni sensazione spiacevole. Ero spinta avanti e indietro dall’intensità dei colpi e il mio sedere lo percepivo quasi incandescente. Non aveva un attimo di tregua e il bruciore s’accumulava e si irradiava e io stavo sudando, stringendo i denti, ogni tanto urlavo, mi dimenavo coi capelli e i ciuffi si bagnavo di lacrime sul viso e s’appiccicavano, altri ciuffi mi finivano in bocca e annaspavo, ma lui continuava imperterrito. Sembrava mi volesse smontare le chiappe. Non pensavo avesse così tanta forza quell’uomo. Nè lo immaginavo così violento. Venire sculacciata era una cosa terribile!

    Edited by Jeans&lamentele - 17/9/2022, 13:06
     
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    Continuò per quelli che a me parvero minuti interminabili. Il mio sedere lo sentivo fuso ormai ai jeans, come fossero una sola pelle. Era rovente. Lui si fermò, d'improvviso. Avevo scalciato, avevo pianto, avevo urlato, avevo morso il cuscino. Ero in uno stato pietoso. Ed ero confusa. Già che il mio corpo aveva provato nel frattempo anche un leggero piacere misto a quel dolore fatto di fiamme. Mi ero infatti bagnata sopra le ginocchia di quell'uomo. Non sapevo spiegarmi il perché. Non aveva alcun senso. Il professore lo ripugnavo con tutta me stessa eppure ero umida e calda. Mi vergognai ancora di più e mi sentii in colpa anche per quello. Era un'eccitazione strana, il mio cuore batteva a mille e mi sentivo molto viva.
    Lui disse che potevo alzarmi. Ero frastornata come avessi nuotato controcorrente in mare aperto. Le gambe mi tremarono appena poggiai i piedi per terra. D'istinto andai con le mani a massaggiarmi il sedere bollente. Non ebbi il coraggio di sollevare lo sguardo e incontrare gli occhi del professore.
    "Adesso vai in bagno, e guarda in che condizioni è il tuo sedere" lui mi disse con fare leggero.
    Io mi avviai con la coda fra le gambe, mortificata. Nel bagno vidi la mia faccia allo specchio ed ero un disastro. Il mascara m'era colato sulle guance, creando quel tipico effetto da donna-panda. Ero paonazza. I miei capelli erano tutti in disordine. Gli occhi mi bruciavano sia per il trucco che per le lacrime. Il sedere mi pulsava cocente. Sbottonai i jeans, me li abbassai alle caviglie. Mi voltai, per vedere in che stato fosse. Sgranai gli occhi quando lo notai essere completamente rosso acceso. Non era il mio sedere quello, erano due pomodori ustionati al sole. Provai sensazioni differenti. Da una parte avevo ancora in corpo quella stupida eccitazione, dall'altra l'imbarazzo più forte che avessi mai provato in vita mia. Mi ritirai su i jeans, che a contatto con la pelle tesa e infiammata erano fastidiosi. Mi sciacquai il viso con acqua fredda. Non avevo con me lo struccante, sarei dovuta rimanere un panda per tutta la sera. Non sapevo ancora quale giustificazione avrei dato a mia madre. Mi avrebbe dovuta vedere in quelle condizioni, e questo m'avrebbe mortificato ancora di più. Avrei dovuto ammettere che qualcosa era andato storto. Ci sarebbe rimasta male. Tornai nel salone e trovai il professore seduto al tavolo.
    "Adesso finalmente possiamo metterci al lavoro" addirittura mi sorrise.
    Io feci di sì con la testa, ancora incredula di tutto quello che era successo quel pomeriggio.
     
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    Stavo rimanendo in quella posizione cercando di sovrastare il silenzio imbarazzante con qualsiasi stronzata mi passasse per la testa. Non ero di certo abituata a una situazione simile e il mio cervello doveva in qualche modo compensare l’ansia. Volevo chiedergli per quanto dovessi stare così. Non vedevo l’ora che fosse finita la punizione.

    Penso che tu sia proprio bravo a scrivere per queste parti che sembrano di intermezzo ma preparano al meglio l evento della sculacciata disciplinare...

    CITAZIONE (Jeans&lamentele @ 17/9/2022, 11:58) 
    Presi un respiro profondo. Dovetti inghiottire sguardi, parolacce e dio sa cos'altro. Mi sentivo nelle sue mani, era una sensazione orribile. Mi girai per dargli le spalle, così che lui potesse ammirare il mio sedere. Lo trovai decisamente inopportuno, ma poi mi ricordai che di lì a breve l’avrebbe visto ancora più da vicino e l’avrebbe pure riempito di sculaccioni. Non potevo vedere che faccia stesse facendo, non potevo sapere cosa quell’uomo stesse pensando. La cosa mi stava mandando al manicomio.
    “Anna, le mani dietro la nuca” mi arrivò la sua voce secca da dietro, come un tuono.
    Sobbalzai. Mio malgrado feci come mi disse. Cinsi le mani dietro la nuca, come una bambina in castigo. Una bambina con il sedere da adulta. Avevo un bel sedere, non si poteva dire il contrario. Non so perché quell’idea mi rassicurò per un attimo. Era un pensiero stupido. Stavo rimanendo in quella posizione cercando di sovrastare il silenzio imbarazzante con qualsiasi stronzata mi passasse per la testa. Non ero di certo abituata a una situazione simile e il mio cervello doveva in qualche modo compensare l’ansia. Volevo chiedergli per quanto dovessi stare così. Non vedevo l’ora che fosse finita la punizione. Ma lui evidentemente se la stava gustando. Davanti a me c’era la parete bianca, un mobile antico di legno con sopra oggetti strani. Non avevo mai prestato tanta attenzione a quel lato della casa, ma in quel momento i miei occhi si posavano su tutto con massima concentrazione.
    “Stai riflettendo sulle tue azioni, Anna?” Di nuovo la voce di quell’uomo mi sorprese da dietro.
    Tremai leggermente.
    “Sì” risposi d’istinto, non troppo convinta.
    “Come ti senti a riguardo?”
    “Male” risposi rigida come un tronco,.
    Nel parlare con lui non riuscivo ad articolare bene i pensieri.
    “Non basta come risposta. Voglio che tu riviva quello che è successo prima e mi dica cosa provi.”
    “Ehm, vergogna, di sicuro. Dispiacere? Non lo so…” ero così agitata che davvero non riuscivo a mettere due parole in croce.
    “Non lo sai?”
    “Lo so, ma adesso mi viene male descrivere cosa provo” dissi con leggera stizza.
    D’altronde non era facile parlare a una persona che ti guardava il sedere al posto della faccia e ti imponeva di rimanere in una posizione per niente confortevole.
    “Sforzati, allora.”
    Sospirai. Chiusi gli occhi nel tentativo di rilassarmi e focalizzarmi sulle mie emozioni.
    “Mi sento in colpa, di sicuro. Il fatto che oggi mi sia presentata senza aver fatto gli esercizi è una cosa stupida, me ne rendo conto. E mi dispiace che sia arrivata in ritardo. Non avevo nessuna voglia di vederla, questa è la verità. Non mi mette a mio agio stare qui. E la cosa mi innervosisce. Non mi piacciono le costrizioni. Credo che l’abbia capito…”
    “Continua.”
    “Quindi mi sono comportata male, quasi di proposito. Le ho mancato di rispetto. Poi ho alzato la voce, che è una brutta cosa. Lo so, e ancora peggio ho alzato le mani. Ma lì ormai ero già fuori di me, davvero. Quello proprio non lo volevo fare, lo giuro.”
    “Ti credo, Anna. Questo non toglie che sia sbagliato, giusto?”
    “Giusto…”
    “Quindi capisci che ti meriti una punizione, per quello che è successo.”
    “S셔
    “D’accordo. Puoi girarti adesso.”
    Riaprii gli occhi, ed esitai un attimo a girarmi. Rivedere lui seduto sul divano mi mise timore. La parte peggiore di quella giornata doveva ancora iniziare. Il suo viso non mostrava alcun tipo di tensione. Era evidente che in quel ruolo lui si sentisse a suo agio, e ci prendesse persino gusto. Lasciai andare le mani che erano sulla nuca, ma appena lo feci notai che lui si irrigidì.
    “Non mi sembra di averti detto di togliere le mani, Anna” mi rimproverò puntuale.
    Le rimisi dov’erano, alla velocità della luce. La cosa mi stupì. Era raro vedermi obbedire a qualcuno, e scattare come una molla. Il fatto è che ora avevo paura di lui.
    “Bene. Adesso voglio che tu mi guardi negli occhi e mi chieda scusa per aver lasciato andare le mani.”
    Sentii le guance avvampare.
    “Anna?”
    Lo guardavo con gli occhi sbarrati. Odiavo chiedere scusa. Soprattutto per una cosa simile.
    Lo vidi alzarsi. Sobbalzai come una scema.
    “Non te lo ripeto un’altra volta” lui si mise di fianco a me.
    Mi sentivo bloccata. Non volevo dirlo.
    “Piegati” lui mi ordinò, con la sua faccia a pochi centimetri da me.
    Mi voltai per guardarlo, per capire che intenzioni avesse.
    Non feci a tempo che sentii un tonfo sordo sul mio sedere, e saltai in aria. Mi aveva sculacciata!
    “Ti ho detto di piegarti, Anna.”
    Avevo la bocca e gli occhi spalancati, incredula. Ero rigida, figuriamoci se fossi riuscita a piegarmi. Lui allora mi cinse col braccio sinistro la vita, e con la mano destra iniziò a rifilarmi sculaccioni forti e veloci. Faceva un male cane! Lanciai degli urletti acuti. Lui non si fermò per almeno trenta secondi. Sentivo la sua mano, che realizzai essere davvero grande, schiantarsi sul mio povero sedere con violenza. L’impatto sui jeans provocava un bruciore fastidioso, ed ogni sculaccione mi mandava in avanti. I capelli mi finivano sul viso, e il sedere sembrava stesse prendendo la scossa. Era una sensazione strana. Il pizzicore si irradiava su entrambe la chiappe e più lui mi sculacciava più diventava fastidioso e doloroso. Ero sulle punte dei piedi, la schiena inarcata in balia della spinta della sua mano che non sembrava volesse fermarsi. Il mio corpo era rigido ma allo stesso tempo ero invasa da un calore strano, indotto.
    “Adesso piegati” lui mi disse con tono perentorio.
    Io ero scioccata, sconvolta. Obbedii lo stesso. Mi piegai a novanta, di fianco a lui. Il sedere era in preda a formicolii e lo sentivo bruciare.
    “Cosa ti avevo detto? Che d’ora in avanti devi fare quello che ti dico.”
    “Scusi” mi venne spontaneo dire.
    Mi diede un altro sculaccione forte, che per poco non mi fece cadere a terra.
    “Stai chiedendo scusa per cosa?”
    “Per non aver obbedito” le mie guance erano in fiamme come le mie chiappe. Dovevo essere diventata paonazza in viso.
    Lui mi diede un altro sculaccione, che mi fece un male cane.
    Mi dava tremendamente fastidio sentire la sua mano sul mio sedere. La cosa mi disturbava sin dentro le viscere e stavo provando rabbia, dispiacere, vergogna tutto insieme.
    “Per cos’altro mi devi chiedere scusa?”
    “Per aver lasciato andare le mani…” digrignai i denti fissando il divano che avevo davanti agli occhi con odio.
    Lui mi rifilò quattro sculaccioni e io strizzai ogni parte della mia faccia dal dolore. Mi sentii poi tirata all’insù. Mi rimisi in piedi.
    “So che non è facile adesso per te, ma fa parte della punizione Anna. Come ti senti?”
    “Fa male…” I miei occhi stavano vibrando guardando i suoi.
    “Quello come ti ho detto, è ovvio.”
    “E mi mette a disagio che lei mi tocchi l셔 ammisi.
    “Anche quello fa parte della punizione.”
    Annuii, controvoglia.
    Nel mio sedere era come stessero scoccando piccole scintille ogni secondo. Bruciava sempre di più.
    “Chiedimi scusa per aver lasciato andare le mani.”
    “Mi scusi, mi dispiace…” sentii i miei occhi farsi umidi.
    “Bene” lui disse e tornò a sedersi sul divano.
    “Adesso rimettile dov’erano.”
    Portai di nuovo le mani dietro la nuca. Mi sentivo come un burattino.
    “Pensi di riuscire a sopportare una lunga sculacciata, dopo quei pochi sculaccioni che ti ho dato?” Mi chiese con scioltezza, come stessimo parlando del tempo che faceva fuori.
    “Pochi?!” Gridai dentro me stessa.
    Scossi la testa per dire di no.
    “Ti ha fatto molto male?”
    Annuii, con forza.
    “Bene” si risolse, come per lui quella fosse una cosa positiva.
    “La vera sculacciata te la devo dare sulle mie ginocchia, Anna.”
    Se prima ero rigida adesso sentii il mio intero corpo farsi pietra.
    L’idea di dovermi distendere sopra quell’uomo, col sedere per aria, era non solo imbarazzante da morire, ma mi tornò anche il disgusto.
    “Come ti senti a riguardo?” Mi chiese.
    “Da schifo” dissi sincera.
    “Immagino non sia una cosa piacevole, per una ragazza della tua età.”
    “No, infatti” mi sfuggì nel tono di voce del rancore.
    “È inutile dirti che anche questo fa parte della punizione.”
    “Sì…ho capito…” deglutii forte, tesa.
    “Avvicinati.”
    Feci due passi in avanti. Le mie ginocchia praticamente sfioravano le sue gambe.
    Lui si toccò le cosce, e mi fece cenno di sdraiarmi su di lui.
    Non volevo, con tutta me stessa non volevo farlo.
    “Ti do qualche secondo, se non lo fai sarà peggio per te, Anna.”
    Sospirai. Sentii scendere una lacrima calda sulla guancia. M’arresi. Andai contro me stessa, e mi piegai, misi le ginocchia sul divano e poi mi lasciai andare sopra le sue gambe. Era una posizione così stupida. La mia faccia era praticamente schiacciata contro un cuscino, la mia pancia era compressa sulle sue cosce e il mio sedere era giusto sotto il suo viso. Lui appoggiò la sua mano sinistra sul mio bacino.
    “Questa volta la sculacciata sarà molto più lunga di quella di prima” la sua voce di nuovo mi arrivava alle spalle.
    L’unica cosa che i miei occhi erano in grado di vedere era il tessuto verde petrolio del cuscino.
    Senza che riuscissi a controllarmi nuove lacrime colarono sul mio viso. Ero calda ovunque. Gli occhi mi bruciavano, le guance, il sedere, e tutto il corpo era caldo come se avessi fatto cinque minuti di corsa sul posto.
    “Hai capito, Anna?” Lui mi chiese con quel tono di voce che mi dava sui nervi.
    “Sì, ho capito” cercai di non far trapelare la mia rabbia.
    “Ti senti pronta?”
    “No” disse secca.
    Sentii la sua mano destra posarsi sul mio sedere. Me lo stava toccando!
    “Questo ti da fastidio?” Mi chiese.
    “Sì!” Esclamai, stavolta dimostrando anche nella voce il mio fastidio.
    CIAFFF! Subito dopo sentii uno spasmo al sedere. Mi aveva dato uno sculaccione così forte che davvero sembrava avessi preso la scossa.
    “AAAhhh, cazzo…” mi sfuggì la parolaccia.
    CIAFF! Un altro, con la stessa forza. CIAFF! Un altro.
    “Ahi…Ahh.”
    CIAFF! CIAFF! CIAFF! Altri con la stessa intensità, ma stavolta non si fermò. Continuò a sculacciarmi e mi venne da stringere con le mani il cuscino. Mi sentivo schiacciata, soppressa e battuta come un panno. Il sedere riprese a pizzicarmi fortissimo. Avrei preferito sprofondare dentro al divano.
    “Questo è quello che si merita una ragazza arrogante e irrispettosa come te” mi disse il professore nel mentre era impegnato a rifilarmi sculaccioni che per poco non mi toglievano il respiro. I tonfi erano sordi e l’intera stanza sembrava vibrare al ritmo di quelli. A me continuavano a scendere le lacrime e il sapore salato lo sentivo in bocca; ero tesa, nervosa, imbarazzata a morte e il dolore sembrava amplificare ogni sensazione spiacevole. Ero spinta avanti e indietro dall’intensità dei colpi e il mio sedere lo percepivo quasi incandescente. Non aveva un attimo di tregua e il bruciore s’accumulava e si irradiava e io stavo sudando, stringendo i denti, ogni tanto urlavo, mi dimenavo coi capelli e i ciuffi si bagnavo di lacrime sul viso e s’appiccicavano, altri ciuffi mi finivano in bocca e annaspavo, ma lui continuava imperterrito. Sembrava mi volesse smontare le chiappe. Non pensavo avesse così tanta forza

    Davvero bello prima prendendola per la vita poi facendola piegare e infine in otk... Bravo

    CITAZIONE
    Adesso finalmente possiamo metterci al lavoro" addirittura mi sorrise.

    E certo come nulla fosse -_- chissà a sedersi poi :shifty:
     
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    Alloraaaaaaaa andiamo avanti qui o noooooo?
     
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    CITAZIONE (Saliceblu @ 7/10/2022, 22:35) 
    Alloraaaaaaaa andiamo avanti qui o noooooo?

    Dici che non posso finirla qui? 😅
     
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    CITAZIONE (Jeans&lamentele @ 7/10/2022, 22:37) 
    CITAZIONE (Saliceblu @ 7/10/2022, 22:35) 
    Alloraaaaaaaa andiamo avanti qui o noooooo?

    Dici che non posso finirla qui? 😅

    Direi proprio di no... Non trovavo un m/f cosi bello da tanto tempo... Anzi in parallelo ci vorrebbe anche una professoressa con uno studente universitario svogliato :shifty:

    Edited by You… - 8/10/2022, 11:01
     
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    CITAZIONE (You… @ 7/10/2022, 23:25) 
    CITAZIONE (Jeans&lamentele @ 7/10/2022, 22:37) 
    Dici che non posso finirla qui? 😅

    Direi proprio di no... Non trovavo un f/m cosi bello da tanto tempo... Anzi in parallelo ci vorrebbe anche una professoressa con uno studente universitario svogliato :shifty:

    Stavo pensando a scrivere un racconto F/m infatti🤞 (grazie!)
     
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    CITAZIONE (You… @ 7/10/2022, 23:25) 
    CITAZIONE (Jeans&lamentele @ 7/10/2022, 22:37) 
    Dici che non posso finirla qui? 😅

    Direi proprio di no... Non trovavo un f/m cosi bello da tanto tempo... Anzi in parallelo ci vorrebbe anche una professoressa con uno studente universitario svogliato :shifty:

    Ma non è un f/m 🤔
     
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    Si grazie corretto... Il suo non lo è ma mi prende molto chissà poi se ne scrivessd uno f/m che è più il mio genere...ma ormai si è dato solo al disegno... Quasi quasi è da punire perché non sta più scrivendo :shifty:

    Edited by You… - 8/10/2022, 13:20
     
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