Anna e le ripetizioni

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    *Buongiorno, pubblico il mio primo racconto qui sul sito. È uno scritto di fantasia e non è basato su esperienze reali. Il personaggio è una ragazza, prediligo scrivere dal punto di vista femminile nei racconti spanking. Spero vi piaccia.

    Prima parte

    "Anna, i calzini. Anna, la lezione di matematica. Anna, sbrigati! Anna! È la terza volta che arrivi in ritardo, guarda che poi quello si stufa e non ti accetta più. Fossi in lui non ti aprirei nemmeno la porta. Anna! Vuoi che ti boccino, all'ultimo anno?"
    Mia madre ce la stava mettendo tutta per farmi venire l'ansia. Avevo l'insufficienza in matematica ed era maggio. Dovevo recuperare tutto e al più presto, altrimenti non m'avrebbero ammesso all'esame. Al prossimo test avrei dovuto prendere almeno un 8 per alzare la media. Era per me una cosa al limite del possibile. Avevo la tentazione di arrendermi. Mia madre però m'avrebbe fatto passare le pene dell'inferno, e non volevo comunque essere l'unica della mia classe a rimanere indietro. Avrei fatto la figura della stupida. Nonostante ciò m'ero rifiutata di fare gli esercizi che il professore di ripetizioni mi aveva assegnato. A mamma avevo mentito. Le avevo detto che avevo fatto tutto. Sapevo di star sbagliando, ma il mio rifiuto per quella materia superava persino la paura. Avevo un blocco. Nulla, pensavo, mi avrebbe fatto mettere a studiare di buona lena. Salita in macchina, mia madre era furente. Non sopportava i miei ritardi, la mia pigrizia. L'appuntamento col professore era alle 16, ed erano già quasi le 16 e 30. Ovviamente c'era anche il traffico.
    "Devi chiamarlo e chiedergli scusa" mi disse mia madre, scuotendo la testa.
    "Ma se tra dieci minuti sarò lì, che lo chiamo a fare?"
    "Che faccia tosta che hai...ti dovrei far scendere qui guarda, così te la fai a piedi e t'arrangi."
    Ero stressata, in torto, ma non avevo comunque intenzione di obbedire a mia madre. Ero testarda, più di lei.
    "Se vuoi fammi scendere, arriverò ancora più in ritardo" risposi con arroganza, guardando fuori dal finestrino.
    Mia madre prese un respiro profondo e fece di tutto per far finta di non avermi sentito. Io avevo le mie ragioni per non chiamare. Il professore mi stava antipatico. Era severo, e mi faceva sentire una ragazzina quando non capivo le cose. Però era bravo a spiegare, molto più di tanti altri. E io d'altronde avevo bisogno di imparare, in fretta. Era quindi l'unica soluzione. La cosa mi dava fastidio. Non mi piaceva dipendere da nessuno. Oltretutto mi immaginavo già la sua ramanzina per il ritardo, e per non aver fatto i compiti. Stressata com'ero avrei dovuto sforzarmi per non rispondere male. Sbuffai, guardando alla coda di macchine che c'era davanti a noi.
    "È colpa tua. Ti fossi preparata in tempo adesso saresti già lì" mia madre mi punzecchiò puntuale.
    La lasciai perdere. Non avevo voglia di litigare.
    Alle 16 e 50 arrivammo alla casa. Scesi dalla macchina di fretta e per ripicca non la salutai nemmeno. Suonai al campanello.
    "Anna? Sali pure" rispose il professore.
    Solo sentire la sua voce mi fece venire voglia di scappare a gambe levate.
    Vidi che mia madre era ancora con la macchina in doppia fila. Aspettava che io entrassi. Sospirai, spingendo il portone d'ingresso. Non avevo altra scelta. Con le gambe che sentivo pesanti salii la rampa di scale. Il professore abitava al primo piano. La porta del suo appartamento era già aperta.
    "Permesso?" chiesi con voce acuta.
    "Entra pure" lui mi rispose dal salone.
    L'odore di quella casa mi faceva venire la nausea. Sapeva di detersivi. Lo raggiunsi, trattenendo il fiato. Lui era in piedi davanti al tavolo in cui si sarebbe messo a fare la lezione. Indossava come sempre quell'orrendo maglione, a rombi beige e celesti, e i pantaloni grigio topo, con le scarpe da tennis. "È brutto in culo" avevo detto alle mie amiche, per fornire la descrizione di quell'uomo. Aveva la faccia da roditore, mezzo la pelata, tranne che ai lati, con capelli unti castani. Gli occhiali squadrati con le lenti spesse, che gli davano un'aria da vecchio, sebbene avesse solo quarantadue anni, portati appunto malissimo. Mi urtava il solo guardarlo negli occhi.
    "Avevo degli impegni, il tuo ritardo mi ha scombinato la serata" disse pacato, persino con un sorrisetto ironico.
    "Mi spiace" mi forzai di fingere il più possibile che non fossi disgustata dalla sua presenza.
    "Cerchiamo di fare le cose bene e in poco tempo" lui si mise a sedere.
    "Dovrei andare un attimo in bagno" replicai.
    Nel corridoio aprii la bocca come per gridare, però senza emettere alcun suono. In bagno incontrai i miei occhi nello specchio. La sola idea di stare nello stesso posto in cui quell'uomo si spogliava nudo mi fece venire la pelle d'oca.
    "Sei troppo carina per stare qui, dovrebbe essere lui a pagare te" mi dissi.
    Mi sciacquai il viso con acqua fredda. Cercai di collezionare pensieri placidi. Tornai quindi in salone, abbozzando un sorriso.
    "Su, Anna, siediti. Prendi il quaderno e fammi vedere gli esercizi" lui m'accolse svelto.
    "In verità non li ho fatti" ammisi sincera, in piedi davanti a lui.
    Lui ci mise un pò a recepire quell'informazione, era troppo assurda per i suoi neuroni da persona razionale.
    "Che vuol dire che non li hai fatti?" rimase con la bocca semiaperta, imbambolato come un deficiente.
    "Non ho avuto tempo, avevo tutti gli altri compiti da fare e poi in questo periodo ci sono un sacco di interrogazioni. Possiamo farli adesso insieme, no?" dissi come se fosse la cosa più normale di questo mondo.
    Lui però reagì come se gli avessi detto invece che stava per morire. Inclinò la testa verso il basso e se la resse con entrambe le mani, con espressione attonita.
    "Così non si può" disse a voce alta.
    "Guardi che la pago per questo" mi venne da rispondere d'istinto, decisamente fuori dalle righe.
    "No Anna, tu mi paghi per darti delle lezioni ad un orario prestabilito, con un programma prestabilito" divenne serio, gli occhi sbarrati.
    "Ho già detto che mi dispiace."
    "Non basta. Oggi saremmo dovuti andare avanti, non indietro. Hai la verifica la prossima settimana, e io gli altri giorni sono impegnato. Hai 19 anni, non ne hai 12, dovresti capirlo da sola come vanno le cose."
    Rimasi immobile davanti a lui, senza cedere.
    "E allora?"
    "Allora è inutile. È inutile che sprechiamo entrambi il nostro tempo" rispose risoluto.
    "Mi scusi?" alzai la voce.
    "Il prossimo anno farai le cose bene e con calma" lui si alzò.
    "Non se ne parla. Lei mi deve aiutare" divenni rossa dal nervoso.
    "No, non devo, per quanto ci abbia provato. Non sono tuo padre, e se lo fossi stato non saresti così negligente. Te lo posso assicurare."
    Me lo ritrovai a un metro dalla mia faccia, che mi guardava dall'alto al basso.
    "Mi sta forse mandando via così?" ero sconcertata.
     
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    Ma lei che brat da schiaffoni!!!🤣🤣🤣
    Va beh però lui potevi farlo leggermente più bellino dai!😅
    Molto carino, aspetto la parte clou!🙂
     
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    Io ho immaginato un enorme ratto Spanker vestito
     
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  4. §amuele~
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    Bellissimo non vedo l’ora di leggere il seguito
     
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    CITAZIONE (BrattyPrincess @ 9/9/2022, 15:35) 
    Io ho immaginato un enorme ratto Spanker vestito

    Ahahah pure io! Tipo così ma pelato:
    3_6215_L
     
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    CITAZIONE (Edy. @ 9/9/2022, 17:47) 
    CITAZIONE (BrattyPrincess @ 9/9/2022, 15:35) 
    Io ho immaginato un enorme ratto Spanker vestito

    Ahahah pure io! Tipo così ma pelato:
    (IMG:https://upload.forumfree.net/i/fc12380271/3_6215_L.jpg)

    Ahahahah sììì 🤣🤣🤣
     
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    CITAZIONE (Edy. @ 9/9/2022, 15:22) 
    Ma lei che brat da schiaffoni!!!🤣🤣🤣
    Va beh però lui potevi farlo leggermente più bellino dai!😅
    Molto carino, aspetto la parte clou!🙂

    condivido.. Ma secondo me poi lo vede in un'altra luce e/o lui si trasformerà come i brutti dei film via occhiali lenti a contatto ecc ecc
     
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    Seconda parte

    Mi sta forse mandando via così?" ero sconcertata
    "Si, Anna.Io ho fatto il possibile. E non mi era mai capitata con nessuno una cosa del genere. Sono addolorato, ma non tollero certi comportamenti. Se vuoi chiamo io tua madre, per spiegarle la situazione."
    Quell'ultima frase mi provocò un fortissimo imbarazzo. Sentii il mio corpo vibrare per l'isteria che mi stava venendo.
    "Non lo accetto. E poi mi tratti da adulta, per una buona volta! Ho sbagliato, d'accordo. Questo non vuol dire che mi deve buttare fuori. È un maleducato, ha capito?" sbraitai, confusa.
    "Basta con le urla" disse a bassavoce.
    Aveva un'espressione cupa e mi fece timore.
    "Se vuoi essere trattata da adulta, assumiti le tue responsibilità."
    E con gesto plateale indicò il portone.
    La cosa mi fece salire il sangue al cervello. Vidi il divano di fianco alla porta e mi ci fiondai. Mi misi a sedere con le braccia conserte.
    "Io da qui non mi muovo sinchè lei non mi insegna quello che mi deve insegnare!" lo fissai con gli occhi pieni d'ira.
    Lui alzò gli occhi al cielo, decisamente spazientito. Stavo imponendo la mia volontà dentro casa sua dopotutto. Mi stavo sentendo uno schifo, ma non volevo essere bocciata.
    "Che cosa ti aspetti che faccia?" lui mi chiese a sua volta inviperito.
    "Gliel'ho già detto. Mi deve aiutare. I suoi impegni per stasera li rimanda, qui si sta parlando della mia intera vita" divenni drammatica all'inverosimile.
    A lui scappò un sorriso pietoso.
    "Stai facendo una sceneggiata imbarazzante, Anna" mi canzonò come fossi una bambina.
    "Sono pronta a continuare" lo sfidai.
    A quel punto non avevo nulla da perdere.
    "Chiamo tua madre. Mi sembra il caso ormai" disse prendendo in mano il telefono.
    "Non ci provi nemmeno!" m'alzai di scatto e lo raggiunsi, afferrandogli il polso con forza.
    "Ma sei impazzita?" rimase basito.
    "Sì! Lei non ha capito! Non può farmi questo!" gli gridai in faccia.
    La situazione mi stava sfuggendo di mano. Ero davvero ridicola.
    "Togli quella mano" lui si rivolse a me pacato, ma con gli occhi che per poco non gli uscivano dalle orbite per l'irritazione che gli avevo provocato.
    Ero sia spaventata per le conseguenze delle mie azioni, sia decisa a non mollare a nessun costo.
    Lasciai comunque la presa.
    "La prego non chiami mia madre" lo supplicai.
    "Ti rendi conto che non puoi comportarti così?" mi domandò severo.
    "So di avere un brutto carattere. Ma adesso voglio solo che lei mi spieghi quello che mi deve spiegare. Per favore."
    "Dovrei appunto cancellare i miei appuntamenti" divenne rosso in viso. Era a disagio.
    "Lo faccia, per favore."
    "Qui si tratta di rispetto, Anna."
    "Lo so, lo so. E gliene ho mancato sin troppo. Me ne rendo conto. Mi perdoni, faccia finta che non sia successo niente."
    Sentivo il mio orgoglio a terra, ma in quel momento non mi importava.
    "Qui c'è bisogno che tu impari molto più che qualche semplice esercizio di matematica."
    I suoi occhi verdi mi parvero neri da quanto era inviperito.

    (Mi scuso ma ho altri impegni e non posso continuare a scrivere adesso. Continuerò appena possible.)
     
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    Fino a qui mi piace, certo che la tipa le tira fuori dalle mani.
    Attendo il seguito...
     
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    Mi scuso ma ho altri impegni e non posso continuare a scrivere adesso. Continuerò appena possible.)

    Certo la vita ha la priorità.. Ma quando potrai, per favore continua sei proprio bravo nel creare la scena e l'evolversi dei personaggi.. Scrivendo qui sappiamo come finirà ma che non sia banale come ci si arriva dipende dalla bravura dell autore
     
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    Terza parte

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    "Qui si tratta di rispetto, Anna."
    "Lo so, lo so. E gliene ho mancato sin troppo. Me ne rendo conto. Mi perdoni, faccia finta che non sia successo niente."
    Sentivo il mio orgoglio a terra, ma in quel momento non mi importava.
    "Qui c'è bisogno che tu impari molto più che qualche semplice esercizio di matematica."
    I suoi occhi verdi mi parvero neri da quanto era inviperito.
    "Che vorrebbe dire?" chiesi intimorita.
    "Quello che è appena successo non è tollerabile."
    "Lei stava chiamando mia madre, non sapevo che altro fare..." replicai.
    ”Dovrei chiamarla comunque, perché qui è necessaria una punizione."
    "Una punizione? Da mia madre?" Rimasi sconvolta.
    "Non credi sia necessaria?" lui rispose stizzito.
    "Ma di che sta parlando?"
    “È chiaro che in casa tu sia libera di fare come ti pare e piace. Tua madre dovrebbe essere meno flessibile e metterti in punizione. Hai bisogno di disciplina. Detto sinceramente, fosse per me ti darei una bella passata di sculaccioni dopo esserti azzardata ad alzare la voce e le mani come hai fatto prima."
    Rimasi pietrificata.
    "Come scusi?!"
    Lo fissai di stucco. Era serio. Non stava scherzando. Provai una vergogna indicibile e degli strani brividi.
    “Ma si rende conto di che mi sta dicendo?”
    “So che può sembrare inopportuno, Anna, ma in questo caso si tratterebbe di una giusta punizione” continuò senza battere ciglio.
    “Me ne dovrei andare, dopo questo…” dissi imbarazzata a morte.
    “Te l’ho già suggerito una volta e hai fatto una scenata. Se adesso credi sia arrivato il momento, non sarò io a fermarti.”
    “Ma le pare normale? Non ha il diritto di dirmi certe cose!”
    “Ho solo espresso un parere sincero. Volevo chiamare tua madre proprio perché non dovrei essere io ad occuparmi della tua educazione.”
    “È fuori di testa. Ho diciannove anni, le ripeto! Diciannove, non quattro!”
    “Questo non vuol dire che non ti meriti d’essere sculacciata, dopo la scenata che hai fatto” lui rimase fermo sul suo punto.
    “Non sono una bambina!” lo guardai furente.
    A lui, con mia sorpresa, scappò un sorrisetto sarcastico.
    “Si sta divertendo?!”
    “No, niente affatto. Sto invece cercando di trattenermi, Anna. Siamo ancora in tempo a chiamare tua madre.”
    “Direbbe questo a mia madre?!”
    “Le consiglierei altre punizioni, più adatte ad un rapporto tra una madre e una figlia poco più che adolescente” si risolse con calma placida.
    “Sta superando tutti i limiti!”
    “Eppure sei ancora qui.”
    “Sono qui perché lei è un professore di matematica, e io ho disperato bisogno di andare bene all prossima verifica! O se l’è scordato?”
    “No, niente affatto. Ma non sono disposto ad aiutarti senza che prima ci siano delle conseguenze per le tue azioni. Non starei a posto con la mia coscienza. Puoi decidere se rimanere qua, venire punita e poi fare gli esercizi, o puoi tornare a casa tua.”
    “Ma è serio! Mi sta ricattando?”
    “Non è un ricatto, Anna. Stasera avevo cose più importanti da fare, che per colpa tua ho disdetto. Se vuoi il mio aiuto, sappi che questo consiste anche nel punirti..”
    “Quindi lei vuole davvero, sul serio?” Chiesi fuori di me.
    “Sì, Anna.”
    “Ma non le ho prese mai neanche da mia madre quando ero piccola!”
    “C’è una prima volta per tutto. Adesso hai l’età per capire i tuoi errori e assumerti le tue responsabilità.”
    Mi sentivo le gambe molli, il cervello in fumo. Mi sedetti al tavolo, e stavolta fui io a reggermi la testa tra le mani, disperata.
    Con la coda dell’occhio vidi che lui si avvicinò a me.
    “Ti lascio un attimo di tempo per calmarti e riflettere” disse.
    Era successo tutto così velocemente ed era così tutto surreale che non ci stavo più capendo nulla.
    “Lei mi deve dire perché questo è davvero necessario, secondo lei” rialzai lo sguardo su di lui.
    “Perché c’è qualcosa che non va nel tuo comportamento, Anna, e hai bisogno di una lezione anche per il futuro. Spero tu ti renda conto che non puoi andare avanti in questo modo e trattare altre persone così. E questo non è l’unico problema. Sei una ragazza intelligente, eppure stai facendo di tutto per rischiare la bocciatura. Ha senso per te? Non credi ci sia bisogno di una correzione, di un aiuto, appunto?”
    “Venire sculacciata, come fossi una bambina? È questo l’aiuto di cui ho bisogno?” Al solo pronunciare quelle parole mi sentii la persona più ridicola sulla faccia della terra.
    “È sia una punizione, che un aiuto. Ti farebbe capire tante cose. Prima di tutto il rispetto, sia per gli altri che per te stessa. E dopo ti sentiresti meglio. Potresti tornare a concentrarti sulle cose importanti, al posto di sprecare le tue energie a rispondere male e a fare la capricciosa. A questo serve una sculacciata, e non sarebbe la prima volta che ne do una.”
    “Sul serio?” chiesi con gli occhi sbarrati.
    “Mi è capitato in passato di avere a che fare con altre ragazze che avevano necessità di disciplina.”
    “A me sembra una cosa fuori dal mondo.”
    “C’è bisogno di una guida, ogni tanto, nella vita.”
    “Non lo so. È una cosa troppo assurda, per me, anche solo a pensarci. Io volevo soltanto fare quegli stupidi esercizi, e andare bene alla verifica. E invece adesso sono qui a sentirmi dire che devo essere sculacciata per quello che ho fatto. E lo so che ho sbagliato, ma sul serio? Non c’è un altro modo per lei? Non le basta che le chieda scusa?”
    “Come ti ho già detto prima, no. Sono fatto così e non mi piace essere trattato in quel modo.”
    Sospirai, angosciata. Ovviamente non volevo essere sculacciata da quell’uomo. Ma per la prima volta dopo tanti mesi sentivo che qualcuno mi stesse davvero parlando per aiutarmi. Non sentivo più la rabbia di prima. Era come se sapere di dover essere punita mi stesse liberando dal peso del mio stare male. Forse avevo bisogno, come diceva lui, di pagare una volta per tutte le conseguenze delle mie azioni e ripartire da zero. Mia madre la stavo facendo uscire di testa, con il mio modo di fare. E non avevo comunque molti amici con cui sfogarmi, già che consideravo metà delle persone che mi circondavano a scuola degli emeriti idioti. Ero intollerante, irascibile e non sapevo da dove questo mio sentire fosse nato. Prima ero molto più tranquilla. Non avevo il bisogno di litigare con nessuno. Invece adesso mi sembrava l’unico modo di interagire, e sebbene sapessi di essere in torto non avevo ancora incontrato qualcuno che mi ribaltasse il tavolo, le carte e tutto il resto in quel modo. Se sbagli, paghi. Fine della questione. Così era per lui. E mi accorsi che qualcosa di sensato nel suo discorso c’era eccome. Il metodo invece mi sembrava ancora fuori di testa. L’idea che un uomo di quarant’anni, che praticamente manco conoscevo, mi volesse sculacciare, lo ritenevo non solo strano, ma folle. Cioè che significa? Incontri una studentessa arrogante, e tu pensi: “Ah no, eh no, adesso è il momento di sculacciarla, eh eh, sì sì è la cosa più ovvia. Matematico!” Cioè che cazzo gli frullava nella testa?
     
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    Mi piace davvero tanto, soprattutto come si evolvono i personaggi
    Sei proprio bravo... Attendo il seguito con trepidazione

    Edited by You… - 16/9/2022, 10:23
     
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    Spanker per studentesse indisciplinate

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    Questo racconto è veramente ben fatto! Stai creando un'attesa eccitante e descrivendo in modo realistico le emozioni della protagonista, il che non è per niente facile!
    Complimenti :-)

    PS apprezzo anche (in controtendenza con alcuni altri commenti :-) ) che il potenziale spanker sia descritto in modo quasi "repellente" agli occhi della ragazzina (perché sia chiaro che la punizione che si merita non è "piacevole" da nessun punto di vista.... almeno per ora! sono curioso di scoprire come evolveranno le emozioni di Anna :-) )
     
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    CITAZIONE (ProfBlack @ 16/9/2022, 08:18) 
    Questo racconto è veramente ben fatto! Stai creando un'attesa eccitante e descrivendo in modo realistico le emozioni della protagonista, il che non è per niente facile!
    Complimenti :-)

    PS apprezzo anche (in controtendenza con alcuni altri commenti :-) ) che il potenziale spanker sia descritto in modo quasi "repellente" agli occhi della ragazzina (perché sia chiaro che la punizione che si merita non è "piacevole" da nessun punto di vista.... almeno per ora! sono curioso di scoprire come evolveranno le emozioni di Anna :-) )

    Io credo che poi verrà apprezzato non per l aspetto fisico ma come prima persona che si prende cura di lei

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    Se vuoi il mio aiuto, sappi che questo consiste anche nel punirti.......”
    E tutta la parte che segue dove anche lei elabora come può essere espiazione e ripartenza
     
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