Chiara si mette nei guai

La Buona Scuola... :-)

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    Spanker per studentesse indisciplinate

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    Chiara non poteva credere di trovarsi in quella situazione, dopo che era stata così attenta per quasi tutto il mese… si sentiva il viso in fiamme e i suoni le arrivavano attutiti, come se avesse un cappuccio pesante, mentre si alzava con le ginocchia tremanti dalla sedia, gli occhi di tutta l’aula fissi su di lei.

    Era arrivata alcune settimane prima, a quel master per cui aveva fatto domanda senza neanche sperarci: sei mesi in un prestigioso centro studi, tra le montagne del Canton Ticino (le lezioni in inglese, ovviamente, ma almeno per strada capivano l’italiano). Un ambiente diversissimo da quelli a cui era abituata, e tutti sembravano dare per scontato che si vivesse come in un collegio inglese di inizio ‘900: dopo una settimana, Chiara aveva scoperto -con un sussulto di paura e eccitazione che l’aveva lasciata letteralmente senza fiato- che questo includeva anche l’uso di punizioni corporali per un gran numero di mancanze legate al rendimento o al comportamento. Lo aveva scoperto quando un ragazzo seduto una fila davanti alla sua aveva suggerito una risposta mentre il professore tormentava una ragazzina con domande incalzanti sul diritto consuetudinario. Quello se ne era accorto, e aveva immediatamente ordinato al ragazzo di andare nella stanza del custode, consegnandogli un bigliettino scritto in fretta. Il ragazzo aveva cominciato a giustificarsi, ma si era zittito immediatamente all’occhiata del professore, aveva preso il biglietto e era uscito… La lezione era continuata (per fortuna la tortura dell’interrogazione alla ragazzina era stata dimenticata) e una delle compagne di Chiara, chinandosi verso di lei, le aveva sussurrato che il custode avrebbe dato una bella lezione a quel tipo che si era fatto sorprendere.
    “In che senso?” aveva sussurrato lei, curiosa. “Lo frusterà, sul… be’, hai capito, senza pantaloni...” la sua compagna si era imbarazzata, per poi tacere immediatamente quando il professore si era voltato verso la classe.
    Chiara non poteva crederci… Dieci minuti dopo il ragazzo era tornato, aveva consegnato il biglietto al professore, e si era seduto al suo posto: aveva il viso rossissimo e si muoveva in modo stranamente rigido, lo aveva visto sbirciandolo di nascosto, mentre si fingeva presissima a prendere appunti come tutti gli altri.

    Da quel giorno, il timore di subire una punizione del genere (un timore che le toglieva il fiato per la vergogna e la paura ogni volta che cominciava a immaginare la scena) l’aveva convinta a comportarsi in maniera ineccepibile. Chiara studiava come una matta tutto il giorno, era sempre attenta e compostissima in classe, quasi non osava respirare a lezione.

    E adesso, era successo quel disastro! Era colpa di Luca, che l’aveva chiamata quella mattina, dopo colazione, dopo due settimane di silenzio, e l’aveva fatta ridere raccontandole tutto quello che succedeva tra i suoi compagni di anno, nella vecchia università, e tutti i pettegolezzi napoletani degli ultimi giorni… E così, aveva dimenticato di spegnere il cellulare, violando una delle regole più rigide di quel posto, e che non aveva mai, mai trascurato nei giorni precedenti!
    E a metà della seconda ora, proprio mentre S., il professore più pignolo e scostante con gli studenti stava spiegando un concetto particolarmente intricato, il telefono aveva cominciato a suonare, con uno squillo che nel silenzio dell’aula aveva fatto l’effetto di una bomba!
    Lei si era precipitata a spegnerlo, ma ormai tutti si erano voltati dalla sua parte, e S. si era interrotto: persino da dove era seduta, Chiara vedeva quanto stava diventando rosso in faccia il professore, e come stesse prendendo fiato…
    “Lei!” gridò, “si alzi immediatamente!”
    “Professore… mi scusi… io avevo...” balbettò Chiara, ma a bassa voce…
    “Silenzio”, adesso S. parlava in tono normale, e aveva ripreso il colore abituale, ma la stava guardando con l’espressione di un felino che ha chiuso la preda in un angolo. “Adesso daremo una piccola lezione a lei e a tutte le sue compagne” (perché parlava solo al femminile, ebbe il tempo di pensare Chiara, come se i ragazzi non usassero i telefoni!), “scenda immediatamente qui”

    Sentendosi le gambe rigide, e la testa che girava, Chiara non poté far altro che passare davanti al ragazzo che le sedeva accanto (aveva manovrato a lungo per sedersi vicino a lui, dopo averlo notato qualche giorno prima… ma adesso non era consapevole se fosse lui, o un altro) e scendere lentamente fino alla lunga cattedra davanti alla lavagna.
    S. la aspettava in piedi, con un’espressione rabbiosa (ma Chiara avrebbe notato anche il suo sguardo eccitato se non fosse stata così spaventata e turbata).
    “Questa volta non servirà disturbare il custode, vero?” domandò con falsa cortesia il professore, e senza aspettare una risposta aggiunse “Ci penserò io a ricordarle le regole, a cui evidentemente non si è abituata nel… posto da cui viene… ”
    Chiara cercò di dire qualcosa, lottando con la gola secca, ma lui la zittì con un gesto rabbioso, e le ordinò di girare attorno alla cattedra. La ragazza si trovò girata verso l’aula, con cinquanta paia di occhi fissi su di lei: non si sentiva il minimo rumore, tranne i passi di S. che lentamente girava anche lui attorno alla cattedra per mettersi al suo fianco.
    Poi posò una mano sulla spalla di Chiara, che la sentì stringere dolorosamente, e spingere in basso: “Chinati, giù sulla cattedra” sibilò il professore, dandole per la prima volta del tu. Con la testa del tutto annebbiata, Chiara si piegò fino a appoggiare i gomiti sul tavolo, ma S. spinse ancora finché non fu schiacciata con il busto sulla scrivania. Dovette allargare un po’ le gambe, per piegarsi cosi’ tanto, e sentì il bordo del tavolo premere sui fianchi: il culo finì sollevato e teso, in quella posizione.
    Con un gesto rapido, S. sollevò la gonna della ragazza, rovesciandola sulla schiena, e bloccando con un gesto rapido e esperto la mano con cui lei cercava istintivamente di ricoprirsi.
    “Ferma!” intimò a bassa voce, “oppure diremo al Direttore che ti sei rivoltata contro un docente, e allora sì che verrai punita come si deve”.
    La minaccia, e ancor più il tono con cui era stata pronunciata, gelarono completamente la ragazza, che non pensò più a muoversi o ribellarsi, concentrata solo nel continuare a respirare e nel serrare gli occhi per non vedere l’intera aula che assisteva affascinata alla scena.
    Subito dopo sentì la mano di S. che tirava verso l’alto le sue mutandine, infilandole di più nel solco e scoprendole le natiche… S. si mosse e Chiara, sempre a occhi chiusi, sentì il rumore dei passi che si allontanavano verso destra, poi un cassetto che si apriva, e infine i passi che tornavano, per finire con la mano del professore saldamente appoggiata alla sua schiena, per tenerla giù, schiacciata sul legno.

    “Prendete nota!”, la voce del professore si alzò, mentre si rivolgeva alla classe, “cercate di ricordare che i cellulari vanno lasciati in camera, quando siete a lezione! Hai capito anche tu, signorina?” concluse, a voce più bassa ma sempre chiaramente udibile da tutti, e subito dopo Chiara sentì uno schiocco basso e forte, seguito da un bruciore intenso su entrambe le natiche, mentre veniva spinta contro il tavolo dalla violenza del colpo.
    Il culo inizio immediatamente a bruciarle in modo insopportabile, ma subito un secondo colpo la arrivò sulla natica destra, seguito da un terzo dall’altra parte. Gli studenti potevano vedere che S. stava usando una larga e pesante paletta di cuoio scuro per sculacciare la loro compagna, e più di uno rabbrividiva sentendo il rumore -imprevedibilmente intenso- dei colpi sulla pelle.
    Chiara stringeva le labbra, istintivamente, ma S. si fermò dopo il terzo colpo per chiederle, con voce calma: “Ho chiesto se hai capito quello che ti ho detto...” e siccome lei non riusciva a dire niente, la colpì veloce e rabbioso due volte, strappandole un gemito involontario.
    Chiara sentì le lacrime che le riempivano gli occhi, e non sapeva se fosse più per il dolore -ormai molto intenso e diffuso su tutto il culo- o per la vergogna di quello che stava succedendole. Ma si fece forza, quando sentì S. che alzava nuovamente il braccio e cercò di dire “Ho capito, professore”, ma la voce non uscì, e lui ricominciò a picchiarla, questa volta con più calma e mirando bene per coprire tutto il culo e la parte alta della cosce. Si fermò dopo una decina di colpi, mentre Chiara, senza accorgersene minimamente, stava singhiozzando forte. S. aspettò, tenendo la mano sulla sua schiena, finché il pianto si fu calmato e domandò ancora: “Hai capito, allora?” e a quel punto lei disse abbastanza chiaramente “Sì, ho capito… per favore, ho capito, non lo faccio più, non lo faccio più...” e ricominciò a piangere, benché il dolore fosse subito diminuito quando lui aveva smesso di colpirla.
    “Bene”, commentò S. levando la mano, “ora alzati, e ricomponiti, che abbiamo già perso abbastanza tempo”.

    Chiara non seppe mai come avesse fatto a sollevarsi, e poi a risalire verso il suo posto, convinta che S. non le avrebbe mai permesso di lasciare l’aula. Senza guardare nessuno si sedette, senza poter trattenere una smorfia di dolore che i suoi vicini percepirono chiaramente, e prese la penna nella mano tremante… S. ricominciò a spiegare come se non fosse successo niente, mentre lei cercava di trattenere le lacrime e fingeva di prendere appunti. I suoi vicini sembravano trattenere anche loro il respiro, evitando di guardarla… solo verso le fine della lezione, quando sembrava che l’attenzione verso di lei si fosse un po’ allentata, Chiara sentì la mano leggera del ragazzo che le sedeva accanto che le si posava sul braccio e la stringeva leggermente.
     
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    Bellissimo, complimenti, davvero. Per gli ambientamenti, la descrizione degli stati d’animo, il pathos della scena del castigo
     
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    Spanker per studentesse indisciplinate

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    Grazie!
    Mi fa piacere che apprezzi :-)
     
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    CITAZIONE (ProfBlack @ 6/9/2022, 21:42) 
    Grazie!
    Mi fa piacere che apprezzi :-)

    Tutti i contesti disciplinari, che sono il motivo fondante dello spanking. Le ambientazioni come quella del tuo racconto sono il sale di ogni rapporto di spanking
     
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