Il segretario

Storia di un particolare rapporto professionale

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    Bravissimo.
    Non ho colto la tua proposta di darti spunti perché io sono contraria a suggerire cosa scrivere, la cosa migliore è sempre la mente dello scrittore, dargli idee è portarlo fuori dal suo schema mentale.
     
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    Hai ragione! Ma sono proprio felice che tu l'abbia apprezzato e il tuo complimento mi dà ancora più voglia di scrivere altri capitoli!
    Grazie!
     
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    Capitolo 9
    A quattro zampe

    La frase che Elena aveva usato prima di salutarlo risuonava costantemente fra i pensieri di Davide. In quale modo si sarebbe divertita a sue spese? Quale ispirazione gli aveva suggerito il guinzaglio che gli aveva regalato?
    Di certo non si sarebbe limitata a fargli fare un giretto, la sua immaginazione era ben più audace, questo aveva imparato presto a conoscerlo. Temeva a tal punto questa sorpresa che aspettava impaziente che gli fosse svelata, ma il giorno seguente, mentre il tempo scorreva e lui si dava da fare per portare a compimento le proprie mansioni, Elena ancora non aveva fatto alcuna allusione in merito, quasi se ne fosse dimenticata o quelle parole erano state solo un pretesto per prenderlo in giro.
    Davide aveva appena terminato di riordinare l’agenda della sua capa e dopo aver minuziosamente pulito lo studio, cosa che faceva ora con maggiore attenzione dopo che Elena gli aveva fatto assaggiare le proprie fruste, udì il suo ordine perentorio “visto che non hai più niente da fare se non guardarmi le gambe, puliscimi bene le scarpe, che siano lustre altrimenti sai cosa ti succede”. Davide aveva strofinato e passato il grasso sui suoi stivali che vista la stagione erano inutilizzati da tempo, poi era passato alle scarpe da ginnastica e quando aveva finito erano ormai passate le 18, il parcheggio adiacente, fatta eccezione per le loro auto, era deserto, nell’aria si poteva respirare una certa quiete ed era forse proprio questa che Elena stava aspettando. “Sai, ho deciso di contraccambiare al tuo dono dell’altro giorno, ho pensato che se mi hai regalato un guinzaglio significa che ti piacerebbe essere il mio cagnolino, non è così?”
    Davide aveva pensato soltanto che un guinzaglio poteva essere l’emblema della sua sottomissione, diverse volte gli era capitato di sentire una frase del tipo “certo che lei lo tiene proprio al guinzaglio” e visto che questo era decisamente il suo caso, per compiacerla, aveva deciso di acquistarlo. Non se la sentì comunque di disquisire. “Se le può fare piacere farei volentieri anche il suo cagnolino” rispose alla fine Davide arrossendo.
    “Beh, allora gradirei un po’ più di entusiasmo” disse Elena mentre sfilava una scatola blu notte dal cassetto della scrivania.
    L’aprì con ironica solennità e Davide vide lentamente comparire davanti agli occhi la coda dal folto pelo arancione con un plug posto all’altra estremità. “Non si è mai visto un cane senza coda, non credi?” fece Elena mentre iniziava a pregustarsi il divertimento che la attendeva. Inizialmente Davide si focalizzò soprattutto sul plug che avrebbe dovuto infilarsi nell’ano e gli sembrava di discrete dimensioni, presto però capirà che ben altro avrebbe dovuto destare la propria apprensione.
    “Cosa aspetti a provarla?” disse Elena al colmo dell’euforia, mentre gli stringeva il collare al collo.
    “Su, svelto! Non vorrai fare arrabbiare la tua padrona! Via quel perizoma, mettiti a cuccia e apri bene le gambe”. Dopo aver lubrificato l’ano con l’ausilio di un guanto in lattice gli infilò il plug con un colpo secco.
    “Au, fa male” si lamentò Davide.
    “I cani non parlano, ti dirò io quando potrai tornare a comportarti come un essere umano, fino ad allora tu fai il cane e abbai, intesi? Vuoi un bel premio o preferisci che ti scaldi il culo come l’altro giorno?”
    “Wof, wof” Davide azzardò un timido tentativo. Non si era mai sentito così patetico come in tutta la sua vita. Elena scoppiò in una fragorosa risata.
    “Ti devi impegnare molto di più se vuoi farmi contenta”.
    “Wof, Wof, Wof” fece Davide con tono più deciso.
    “Un po’ meglio. Cosa aspetti adesso a fare le feste alla tua padrona?”
    Davide si accucciò ai suoi piedi e si mise a leccarli, poi quando gli ordinò di scodinzolare sbatacchiò la coda da una parte all’altra ed Elena sembrò non aver visto nulla di più divertente in vita sua, cosa che naturalmente accrebbe ancor di più il suo disagio. Ciò che davvero dava a Elena tanta soddisfazione non era in sé quello spettacolo grottesco, quanto scoprire fino a che punto poteva spingersi nell’umiliare Davide unicamente per il proprio diletto.
    Stava misurando il proprio potere senza incontrare alcun barlume di resistenza e non riusciva a immaginare niente che le desse altrettanta soddisfazione.
    Davide era disorientato, ma il profondo imbarazzo che provava non gli impediva di assecondare ogni capriccio di Elena, come se avesse perso ogni controllo sulla propria volontà.
    “Ora andiamo a fare un bel giretto fuori in giardino, non sei felice? Ti porto a fare pipì”.
    Elena lo tirò per il guinzaglio e uscì scalza in giardino, affrettando il passo costringeva Davide a muoversi più rapidamente a quattro zampe, la coda, che mentre si affannava per seguire la sua padrona si muoveva da una parte all’altra, iniziava a provocargli un po’ di dolore.
    Elena accese una sigaretta e iniziò a camminare più adagio, godendosi l’atmosfera pacifica di quel giardino con il prato all’inglese così curato da sembrare un soffice tappeto, particolare che in quel momento le ginocchia di Davide apprezzavano ancor di più. Era proprio un bel momento per farsi una passeggiata e Davide pensava che avrebbe proprio potuto godersela se solo gli fosse stato concesso di tornare alla posizione eretta. Elena finì la sua sigaretta sulla panchetta posizionata a fianco di una betulla che la ombreggiava, con Davide fedelmente al suo fianco. Elena sembrava essersi stufata di quel gioco e mentre tornavano verso lo studio Davide era ormai sempre più convinto che quel supplizio stesse giungendo al termine quando la voce di Elena interruppe il lungo silenzio “ti ho portato fuori per fare pipì, cosa aspetti”.
    Davide la guardò stupito “la devo fare qui?” Non aveva mai urinato in presenza di un’altra persona ed era sempre stato pudico riguardo a queste cose, ma la tolleranza riguardo a ciò che lo imbarazzava era stata duramente allenata in quella lunga giornata, così si mise in ginocchio afferrandosi il pene quando uno strattone lo fece tornare a quattro zampe.
    “Devi farla come i cani. Sei stato un cagnolino ubbidiente fino adesso, cerca di rovinare tutto, lo sai che non ti conviene”.
    Aveva dovuto sopportare un’alta forma di degradazione e sebbene quest’ultima gli sembrasse intollerabile, non trovò il coraggio di ribellarsi. Alzò una gamba il più possibile e urinò cercando invano di non imbrattare la propria gamba. Elena tornò a ridere di gusto “bravo cagnolino, ora possiamo rientrare”.
    Tornati in studio a Davide fu concesso di tornare a comportarsi come un essere umano, si tolse con evidente sollievo la coda e la ripose dopo averla disinfettata, poi fece una doccia calda.
    Mentre si rilassava nel torpore di quel momento e meditava su quella giornata tanto umiliante vide comparire dal vetro appannato l’immagine sfocata di Elena con indosso le mutandine soltanto. “C’è posto anche per me?” Disse con malizioso sorriso. A quel punto Davide capì che in fondo ne era valsa la pena.
     
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    un altra novità... bravo bravo
     
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    Grazie Nena! Direi che ormai Davide ha oltrepassato il punto di non ritorno! :)
     
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    CITAZIONE (Culorosso @ 18/3/2024, 09:01) 
    Grazie Nena! Direi che ormai Davide ha oltrepassato il punto di non ritorno! :)

    Beato lui
     
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    Capitolo 10

    Il premio

    Il singolare rapporto con Davide aveva insinuato in Elena il desiderio assopito di avere finalmente una relazione. Fisicamente Davide non le dispiaceva, aveva un fisico asciutto sebbene non avesse mai messo piede dentro una palestra e fosse negato per qualsiasi genere di sport, e il suo viso aveva dei tratti femminei e quasi fanciulleschi che qualche volta sembravano stridere con il suo sguardo serioso.
    Era un ragazzo di buona cultura, ed avevano scoperto di avere alcune passioni in comune come la letteratura classica e il cinema degli anni Sessanta, ma la cosa senza la quale nessun altro requisito sarebbe stato tenuto in considerazione era la sua totale prostrazione. Davide aveva perduto ogni inibizione in tal senso e quel rapporto di dominazione e sottomissione aveva generato un profondo contatto fra loro, una confidenza che da tempo immemore non aveva concesso ad altro uomo, anzi, Elena pensava che un simile rapporto aveva rivelato parti di sé a tal punto inesplorate che poteva arrivare persino a credere che mai si era sentita così se stessa fino a quel momento.
    Per questo motivo dopo che Davide si era dimostrato disposto a tanto pur di compiacerla, si stava abbassando lentamente le mutandine di pizzo per entrare in doccia con lui.
    Davide era eccitato e allo stesso tempo frastornato da un simile turbinio di emozioni. La vista di quel corpo nudo che così ardentemente aveva desiderato l’aveva spiazzato, pochi minuti prima era stato ridicolizzato per puro diletto e si era sottoposto a quel perfido gioco senza opporre alcuna resistenza e ora poteva guardare a forse addirittura toccare quella donna che aveva stravolto la sua vita sentimentale.
    Quel gesto di Elena innescava un meccanismo che avrebbe spinto Davide a un grado di sottomissione se possibile ancora maggiore, se la frusta lo costringeva all’obbedienza, un premio tanto ambito fomentava in lui la volontà di compiacerla in ogni modo.
    Elena aprì con solennità le ante della doccia e si lasciò ammirare per qualche istante, poi, mentre si scostò dal getto d’acqua calda, con dolcezza ordinò a Davide di insaponarla.
    Davide si inginocchiò e stavolta quel gesto non aveva nulla di umiliante, era invece come rendere omaggio a una divinità. Iniziò ad insaponare i piedi, e poi salì verso i polpacci cercando di godersi ogni centimetro di quel corpo che gli era stato consentito di percorrere.
    Naturalmente non poté trattenere un erezione, sentiva il suo pene pulsare e il desiderio negato di poter ottenere piena soddisfazione sembrava renderlo sempre più turgido man mano che le sue mani attraversavano quelle gambe sublimi.
    Arrivato al pube, con quella fitta peluria così curata che trovava incantevole, indugiò finché lei non lo tolse dall’impaccio, “Qui ci penso io” disse passando delicatamente le sue mani che Davide immaginò fossero le proprie. Poi Elena si voltò e Davide aveva a quel punto il suo volto a pochi centimetri da quel culo così formoso e terribilmente eccitante che Elena incoraggiò a insaponare. Davide compiva movimenti circolari per massaggiarlo, mentre lei ogni tanto, per stimolare ancor di più la sua eccitazione lo muoveva un poco all’indietro tanto che Davide avrebbe dato qualunque cosa per poterlo leccare. Davide si alzò per lavare la schiena, l’addome e infine quei seni perfetti, rallentando il suo movimento quando sfiorava i suoi capezzoli duri. La sentì gemere mentre li sfiorava.
    Fu per Davide un’esperienza più eccitante di qualunque rapporto sessuale avesse mai avuto e il suo piacere fu prolungato dalla richiesta di Elena di asciugargli i piedi una volta terminata la doccia. Quando lo fece alzò lo sguardo verso di lei e colmo della più sincera gratitudine le disse “Grazie”.
    Elena sorrise e gli disse di rivestirsi. Era ora di tornare a casa.
     
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    Molto bello! Forse quei piedi insaponati possono dare qualche spunto per il prosieguo
     
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    Grazie! Assolutamente sì!
    Davide meritava un premio, ma se crede che con Elena saranno sempre rose e fiori si sbaglia di grosso... dovrà tenere alta la soglia di attenzione, se la carota è stata paradisiaca, il bastone come ben sa potrebbe essere infernale! :)
     
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    Capitolo 11

    Il gioco della stiratura

    Nei giorni che seguirono Davide era in preda a una tale asaltazione che in certi momenti faticava a riconoscersi. Il dono che Elena gli aveva concesso lo aveva reso famelico, era stato un momento di piacere così intenso da non riuscire quasi a pensare ad altro e il fatto stesso di aver potuto passare le proprie mani su quel corpo incantevole, senza che gli fosse concessa piena soddisfazione rendeva il suo desiderio ancor più difficile da contenere. Era la prima volta che toccava un corpo nudo senza che ne scaturisse un rapporto sessuale e la frustrazione di quella pulsione lo aveva reso ancora più succube di quanto si era mostrato fino a quel momento.
    Si faceva sempre trovare in ufficio quando Elena entrava la mattina e quando gli toglieva le scarpe lo faceva con tale concentrazione che a lei veniva qualche volta da ridere. Appena Elena si concedeva una pausa, le chiedeva se desiderasse bere un caffè, lo serviva in modo cerimonioso e le faceva trovare spesso accanto un pasticcino o qualche biscotto che aveva acquistato la mattina stessa, prestando estrema attenzione al suo gradimento, infine le chiedeva se volesse stendere un poco le gambe, cosa che raramente Elena rifiutava perché le piaceva godersi gli effetti del proprio potere e si metteva a quattro zampe fungendo da poggiapiedi finché lei gli ordinava, talvolta con un semplice e un po’ perfido schiocco di dita, che quel servizio poteva terminare. Elena aveva iniziato ad avere un atteggiamento sempre più distaccato verso il lavoro, aveva delegato ai suoi dipendenti diverse pratiche e questo aveva di conseguenza alleggerito anche le mansioni di Davide, così lei aveva preso a dargliene di nuove e sempre più singolari, come quella di lavare i propri indumenti, così che il ruolo di Davide assomigliava ormai decisamente più a quello di un domestico che di un segretario.
    Per questioni logistiche aveva così fatto spostare lavatrice, asciugatrice e tutto il necessario per la stiratura nel proprio studio che era diventato ormai a tutti gli effetti una seconda casa.
    Se lavatrice e asciugatrice erano elettrodomestici decisamente di semplice utilizzo e che del resto era abituato ad utilizzare anche per i propri capi, la stiratura si mostrò decisamente più complicata. Davide non stirava infatti nemmeno le proprie camicie, fedele alla teoria che indossandole si sarebbero sistemate autonomamente. Elena non era naturalmente della stessa idea e pretendeva inoltre che Davide stirasse indossando perizoma e grembiule e quando aveva terminato ispezionava i capi uno ad uno, lanciando a terra quelli che non rispettavano i suoi elevati standard di precisione.
    Stirare, Davide lo scoprì ben presto, non è un compito così semplice, così Elena, per aiutare il suo domestico a impratichirsi e spronarlo a fare del suo meglio, ma in realtà diciamocela tutta soprattutto per potersi divertire un po’, decise di fare un gioco. Quel giorno c’erano la bellezza di ventisei capi da stirare, se Davide avesse fatto l’en plein, cosa difficilissima, Elena gli aveva promesso che gli avrebbe concesso di praticargli un lungo cunnilingus, se un solo vestito non avrebbe passato l’esame gli avrebbe potuto farle un massaggio completo, due gli avrebbe potuto massaggiare i piedi, ma dal terzo abito in poi sarebbe scattata la punizione.
    Se gli abiti non stirati a dovere fossero stati tre avrebbe preso trenta scudisciate sul culo, ma da lì in avanti, le frustate sarebbero state trenta per ogni altro capo, ossia sessanta per quattro capi, novanta se fossero stati cinque e così via.
    Aveva un’ora di tempo, poi ogni vestito che non era stato stirato sarebbe stato conteggiato naturalmente fra le penalità.
    Davide iniziò dalla poca biancheria intima, poi con le magliette, che riteneva più semplici, passava il ferro da stiro a più riprese, prestando attenzione all’esattezza delle pieghe, poi passò alle gonne, lasciando per ultimi gli abiti più lunghi. Gli sembrò di compiere un buon lavoro, ma forse per eccesso di zelo, quando alzò lo sguardo per guardare l’orario si accorse che erano già passati quaranta minuti e una decina di capi erano ancora da stirare. Il complesso equilibrio fra meticolosità e tempistiche ebbe un certo effetto destabilizzante sulla sua esecuzione e quando ormai mancavano una manciata di minuti terminò il compito freneticamente, sotto lo sguardo divertito della sua capa comodamente seduta in poltrona.
    Pochi secondi prima del termine ripose l’ultimo abito.
    “Vediamo un po’ se stasera tornerai a casa felice o come al solito dovrò scaldarti il culo per bene”.
    Elena passò accanto alla biancheria intima e non ebbe nulla da eccepire, osservò le magliette e le prime due passarono indenni l’esame, sulla terza però Elena indugiò “qui come vedi la piega non è simmetrica, mmm…chiudiamo un occhio per stavolta”
    “Grazie signora”
    I primi dieci capi superarono la prova, ma sul successivo Elena scosse la testa “questo però non posso proprio fartelo passare, non vedi che questa parte non è ben stirata?.
    Il sogno di Davide sfumò in un istante.
    Altri quattro capi e una gonna fece scattare un’altra penalità. Elena la gettò a terra e disse”ti avevo spiegato come piegarle, prima questa parte e poi l’altra, ma si sa che con te le buone maniere non funzionano. Ormai ti restano solo i piedi o la frusta e siamo solo a metà”
    L’ottimismo di Davide iniziò a vacillare.
    Altri cinque vestiti ed Elena esclamò “e qui si passa già alle fruste. Guarda questo maglioncino, sembra un fagotto”
    Mancavano sette vestiti e Davide sapeva che erano quelli piegati con maggiore fretta.
    I primi tre passarono per pura magnanimità, ma per gli altri non servì un esame molto approfondito, nessuno di questi soddisfò Elena che li gettò uno in faccia a Davide.
    “Volevi addirittura leccare e invece prenderai una dose di frustate che non dimenticherai facilmente”. “No, ti supplico”
    “Se avessi superato la prova il premio però l’avresti voluto vero?” Elena lo afferrò per un orecchio “adesso stai al gioco, fuori le chiappe che te faccio a strisce, così ti insegno come stirare una volta per tutte”.
    “Sono sette penalità, quindi duecentodieci frustate, ora vedi il culo che ti faccio”
     
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    Capitolo 12
    Le conseguenze del gioco

    “Vedrai che con i miei metodi imparerai a stirare alla svelta. Pensa che stavolta potevi ambire anche a un premio estremamente generoso, evidentemente con te funziona meglio la frusta”
    Davide era in posizione, piegato sulla scrivania, in attesa che Elena gli desse un’altra delle sue ripassate, lei però stava dilatando quel tempo, come se volesse gustarsi a pieno l’umiliazione scaturita da quel momento.
    “Se nemmeno un’occasione così ghiotta ti spinge ad innalzare un po’ la mediocrità del tuo servizio, vediamo se avere il culo bello rosso sarà un monito più efficace. Sei pronto?”
    "Sì, signora”.
    “Allora cominciamo”
    Davide la sentì dirigersi verso il ripostiglio per prendere le fruste “sai che l’altra sera stavo cucinando quando ho pensato che ci sono diverse cose che possono contribuire alla tua disciplina, ad esempio questa cucchiarella, guarda com’è bella spessa, pensò proprio che la testeremo subito”.
    Elena appoggiò la cucchiarella sulla chiappa di Davide e sferrò il primo colpo. Davide si stupì di quanto fosse sorprendente dolorosa, ma non ebbe molto tempo per meditare sulla sua efficacia, Elena iniziò a batterlo ad un ritmo serrato passando da una chiappa all’altra.
    “Sciaf, Sciaf, Sciaf…mi sembra che te lo stia scaldando bene, non è vero?”
    “Ah, oh sì sig…Sciaf…lo sento già caldo…Sciaf…”
    “Ma guarda un po’ che bella novità, anche molto economica tra l’altro…Sciaf” Elena concluse la sequenza di cinquanta colpi caricando l’ultimo con maggiore violenza.
    “Eh, si, ma guarda come è già bello rosso. Adesso però ci vuole un po’ di frusta” Elena appoggiò un dito sulla bocca e con aria corrucciata scelse lo strumento successivo.
    “Passiamo al gatto. Però lo sai che quando uso questa frusta ti preferisco in una posizione diversa, mi piace di più quando ti posso frustare dall’alto verso il basso. Prova a metterti culo all’aria sul divano”.
    Davide si mise in ginocchio sul divano non comprendendo da subito la richiesta di Elena che provò ad essere più esplicita. Lo afferrò di nuovo per l’orecchio e lo guidò nella posizione esatta, aggirando il divano dalla parte opposta “così, il culo dev’essere verso l’alto, ora vedi solo di non muoverti”.
    Davide si trovava così con le gambe dal lato opposto del divano, il busto piegato in avanti e le mani appoggiate ai cuscini dove ci si poteva sedere, in attesa che Elena inaugurasse il primo giro di frusta. Come per riprendere confidenza con il movimento Elena la fece prima roteare un po’ in aria, poi con lo stesso movimento iniziò a far viaggiare la frusta sempre più velocemente da un lato all’altro, con movimenti circolari e perpetui, usando il dritto e il rovescio e dando una piccola accelerazione al movimento prima dell’ impatto. Così i colpi non risultavano eccessivamente potenti, ma la rapida sequenza faceva sì che il culo di Davide bruciasse in modo crescente. Dopo una trentina di colpi dati in questo modo si fermò.
    “Ti converrà imparare a stirare come si deve o dovrai abituarti a pasteggiare in piedi”
    “Farò di tutto per non deluderla di nuovo”
    Ora Elena afferrò le code della sua frusta in alto e iniziò a scaricare i colpi uno a uno con la massima forza. “Sciaf”.
    “Auu…” il rumore pieno del gatto a nove code che si schiantava sul fondoschiena di Davide faceva godere Elena che sferrava ogni colpo con la massima concentrazione.
    “Ascolta il suono di questa frusta, senti che buoni consigli che ti sa dare”
    “Aah, li sto sentendo, Sciaf…eccome se li sto sentendo”.
    “E cento…Sciaf”
    Davide si portò ansimando le mani sulle chiappe.
    “Ora voglio farti assaggiare un nuovo strumento, guarda qui cos’ho comprato unicamente per il tuo addestramento”.
    Elena tirò fuori un paddle di legno anch’esso piuttosto pesante. “Mettiti in terra a quattro zampe, svelto”.
    Davide non se lo fece ripetere. Elena si mise a cavalcioni sopra di lui e iniziò a batterlo sonoramente. “Sbam, sbam, sbam”. Non aveva mai provato quella posizione e aveva appena scoperto che le piaceva.
    “Chi è che comanda?” Fece lei voltandosi mentre non smetteva di colpire.
    “Ooh…lei…comanda lei signora”
    Quanto le piaceva sentirselo dire.
    Dopo cinquanta colpi sul culo si alzò di scatto , mentre Davide restò nella medesima posizione, a quattro zampe, in attesa che Elena decidesse come gli avrebbe ordinato di mettersi per il successivo giro di scudisciate.
    Prese la frusta da equitazione e senza alcun giro di parole iniziò a frustarlo, lui nella stessa posizione di prima, lei in piedi al suo fianco. Davide, che quando il culo iniziava a farsi bollente iniziava pateticamente a sculettare iniziò a bofonchiare delle scuse “migliorerò alla svelta, voglio servirla nel migliore dei modi…sbam…aaahh…perdono”
    “Ora vieni, piegati contro la scrivania, ho tenuto il bacco per il gran finale”
    “No, la supplico, quello no” fece Davide.
    “Zitto. Sono io che decido come dartele, tu le prendi e stai zitto. Ancora una parola e rincaro la dose”. Davide recepì l’ordine e rapido si posizionò per ricevere gli ultimi trenta colpi di cane. “Adesso vedi che belle strisce che ti faccio, eri così contento di fare questo gioco e guarda un po’ com’è finita. Del resto chi è causa del suo mal pianga se stesso” Elena sembrava essere certa fin dall’ inizio dell’ esito e forse proprio per questo mise in palio una posta così alta.
    Il bastone si schiantò per trenta volte sul culo di Davide lasciando le strisce rosse che aveva promesso, il quale si mise a ululare dal dolore per tutta la durata. Dopo l’ultima bastonata si accucciò ai suoi piedi.
    “Cosa farai per imparare a stirare come si deve ?”
    “Inizierò a stirare anche i miei vestiti, migliorerò presto, vedrà, glielo prometto”
    “Mi sembra un buon proposito. Comunque non volevi tanto leccare”
    Davide la guardò sbalordito da una proposta tanto allettante quanto immeritata.
    “Ecco da bravo allora leccami bene i piedi, è l’unica cosa che meriti di leccare…così da bravo…bravo leccapiedi”.
     
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    Moooolto intenso. Avrei voluto più colpi con il cucchiaio, che fa tanto punizione domestica.... bravissima la nostra padrona
     
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    Grazie!
    Non ti preoccupare, stavolta Elena non era troppo arrabbiata, si è solo divertita un po', ma ho la netta sensazione che prima o poi Davide combinerà qualcosa che la farà arrabbiare sul serio e la cucchiarella le è piaciuta molto..
    (Strumento che fa male per davvero:) ),.
     
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    Capitolo 13

    La telefonata

    “Ciao Vale come stai?”
    “Ciao Ele! Avevo voglia di sentirti! Qui tutto bene, Madrid mi piace, però mi mancano le nostre cenette”
    “Uno di questi weekend mi organizzo e vengo a trovarti, però mi devi portare in un posto figo”
    “Qui è pieno di locali fighissimi! Qualche news?”
    “Mmm”
    “Stai uscendo con un tipo?”
    “No, veramente no”
    “E allora racconta!”
    “Senti è una cosa un po’ assurda, promettimi che non lo dirai mai a nessuno”
    “Ho mai spifferato qualcosa? Spara”
    “Hai presente il mio segretario”
    “Non mi dire che state flirtando”
    “Eh, non proprio. Diciamo che è iniziato quasi per gioco. Sai che ho sempre avuto un carattere dominante, in particolare nelle relazioni…”
    “Hai voglia se lo so, gli uomini te li sei sempre messa sotto i piedi”
    “Beh, stavolta però è diverso. Diciamo che ho iniziato ad innalzare sempre di più l’asticella del mio potere e dall’altra parte ho trovato una persona che non soltanto non ha opposto resistenza, ma mi ha come incoraggiata, come se cercasse non so quanto consciamente una persona alla quale sottomettersi senza riserve, o meglio come se avesse sempre aspettato la persona che avrebbe meritato la sua totale obbedienza”
    “E direi che ha trovato pane per i suoi denti” Valentina sì mise a ridere “ma in che senso lo sottometti?”
    “Beh, ad esempio lo punisco se mi rende insoddisfatta, o mi fa arrabbiare e qualche volta lo umilio per puro diletto, per gustarmi il mio potere e lui è servizievole come se fosse il mio lacchè e ormai più che un segretario è diventato un domestico…”
    “Frena, frena, cioè in che senso lo punisci?”
    “Beh, lo frusto”
    “Cosa?!? Stai scherzando? Come? Con cosa? Quante gliene dai?”
    “Beh, mi sono proprio comprata delle fruste, una con tante cordicelle attaccate, si chiama gatto a nove code, poi una frusta da equitazione e un bastone in rattan, è molto flessibile e a giudicare dai suoi lamenti e i segni che lascia deve fare un gran male! Gli ordino in quale posizione mettersi e poi gli dò la lezione che merita!
    Dovresti vedere come è succube dopo che le ha prese!”
    “Eh, ti credo! Ma è una cosa veramente stranissima!”
    “Nel nostro paese sì, ma ho scoperto che in altri paesi non è una cosa altrettanto rara, si chiama spanking disciplinare”
    “Beh, se è una cosa consensuale che c’è di male?”
    “Dovresti vedere il culo che gli faccio! Rosso come un pomodoro e con delle belle strisce rosse. È un’esperienza elettrizzante!”
    “Ti eccita frustarlo?”
    “Da morire. Mi fa sentire potente sentirlo guaire sotto i miei colpi! Poi è un metodo estremamente efficace! Del resto tu conosci altri modi per far capire le cose agli uomini?”
    “Effettivamente no!” Fece Valentina ridendo.
    “Ma non è soltanto efficace in termini pratici. Ha proprio un effetto benefico dal punto di vista relazionale”
    “Intendi che aiuta a definire i rispettivi ruoli?”
    “Non è soltanto quello. Il fatto è che quando mi delude o mi fa arrabbiare la prima reazione sarebbe quella di generare una distanza, punirlo invece mi permette di sfogare la mia frustrazione e quando ho finito mi sento appagata, ma anche lui del resto ne trae dei benefici”
    “Cioè?”
    “Ti potrà sembrare paradossale ma quando commette un errore o assume un comportamento sbagliato questo genera in lui naturalmente un senso di colpa e la punizione lo aiuta a redimersi e sono certa che si senta sollevato dopo averle prese. Certo il culo gli brucerà per qualche giorno e questo lo aiuterà a riflettere sui propri errori, ma il dolore che genererebbero la mia indifferenza e il suo rimorso sarebbero infinitamente più grandi”.
    “Certe volte qualche mio ex lo avrei frustato proprio volentieri!”
    “E se consensualmente aveste raggiunto questo accordo sono certa che la cosa ti avrebbe fatto sentire molto meglio. Quando dopo essere stato punito mi chiede perdono puoi star certa della sua sincerità e io mi sento davvero disposta a perdonarlo senza lasciare strascichi. Quante volte accettiamo delle scuse e alla prima occasione siamo pronte a tirar fuori quella cosa?”
    “Milioni”
    “La punizione invece risolve definitivamente.
    Hai commesso un errore, ma ti sei reso disponibile a pagarne le conseguenze e la prossima volta farai certamente più attenzione”.
    “Su questo ho pochi dubbi! Le tue fruste devono essere un bel deterrente!”
    “Poi ammetto anche che qualche volta lo faccio cadere in trappola e lo frusto non tanto per punirlo, quanto per facilitare il suo apprendimento e nel frattempo divertirmi un po’”
    “Tipo?”
    “Ad esempio l’altro giorno abbiamo fatto un gioco, doveva stirare un sacco di vestiti in un determinato tempo, se fosse riuscito a stirarli tutti perfettamente gliela avrei fatta leccare, altrimenti lo avrei frustato”
    “Qualcosa mi dice che non ha finito per leccartela”
    “Ovviamente no e lo sapevo fin dall’inizio! È finita che gli ho dato duecentodieci frustate sul culo e l’unica cosa che ha potuto leccare sono stati i miei piedi! Ora dovresti vedere come stira bene!”
    “Hahaha ma sei proprio perfida! Ma ti fai leccare anche i piedi?”
    “Oh, si! Pensa che una volta mi aveva fatto arrabbiare e sono uscita a fare una corsa e quando sono tornata gli ho ordinato di leccare e lui l’ha fatto senza fiatare! E non parlo di qualche leccata, me li ha lustrati finché non gli ho ordinato di smettere!”
    “Un leccapiedi nel senso letterale del termine!
    Cosa provi mentre lo fa?”
    “Non so, ma direi che è qualcosa che ha a che fare con la devozione. Sapere che l’uomo che sta lì sotto si sta prostrando unicamente per compiacerti, che è disposto ad annullarsi, a umiliarsi, a soffrire pur di soddisfarti.
    Lo trovo un profondo gesto d’amore”
    “È una prospettiva interessante. Ma qual è stata la volta che nell’umiliarlo ti sei spinta più a fondo?”
    Attimi di titubanza “Una volta gli ho fatto fare il cane!”
    “Hahahah ma cosa vuol dire? Cioè lo hai costretto ad abbaiare?”
    “Non soltanto! Gli ho messo il guinzaglio e pure una coda!”
    “Una coda? Ma come?”
    “Beh, nel culo! Con un plug anale naturalmente…alla fine l’ho portato a fare un giretto in giardino a quattro zampe, ovviamente assicurandomi che non ci fosse nessuno, ma la cosa peggiore è che gli ho fatto fare pipì, proprio come un cane…”
    “ Ma sei tremenda! E lui ha fatto tutto questo senza opporsi?”
    “All’inizio ha esitato un po’, ma è stato facile convincerlo che gli sarebbe convenuto ubbidire…alla fine mi sono sentita in dovere di premiarlo però, credo che per ottenere il massimo grado di sottomissione anche i premi siano importanti, così abbiamo fatto la doccia insieme”
    “Niente di più?”
    “Scherzi, certo che no! Per ottenere di più dovrà sforzarsi moltissimo…”
    “Non oso immaginare…ma ti piace?”
    “Beh sì, è un bel ragazzo, ha una buona cultura e poi sa bene qual è il suo posto”
    “Beh, su questo ci sono pochi dubbi. Quanto vorrei vederti all’opera. Devi tenermi aggiornata”
    “Lo farò! Ora devo proprio scappare!”
    “Ciao Vale!”
    “Ciao Ele! E grazie per esserti confidata con me”
    “A chi altra avrei potuto dirlo”.
     
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    Capitolo 14

    Progetto diabolico

    Passarono due settimane da quando Elena aveva attirato Davide nel suo tranello e aveva poi sfoderato le sue fruste e quest’ultimo, a tal punto sprovveduto da non aver compreso che lei non aveva avuto nessuna intenzione di concedergli una così grande soddisfazione, ma voleva soltanto accelerare i tempi del suo apprendimento nell’arte della stiratura e godere alla vista di quel culo pallido diventare sempre più rosso, fantasticava in continuazione su quell’occasione che aveva visto sfumare.
    Non vi era dubbio alcuno che da quando Elena aveva iniziato a educarlo mediante il sapiente uso di premi e punizioni la trasformazione era stata radicale, sebbene i primi erano stati soprattutto immaginari, mentre delle seconde aveva fatto una conoscenza ben più approfondita, erano proprio l’ambizione e il desiderio a fomentare in lui un’irrefrenabile sete di obbedienza. Elena, dal canto suo, aveva trovato giovamento dalla telefonata con l’amica, non soltanto perché era certa della sua assoluta discrezione, ma si era inoltre mostrata aperta di vedute, per nulla giudicante e anzi aveva accolto quel singolare racconto con interesse e nei giorni successivi si era perfino manifestata affascinata dalle dinamiche di quel rapporto arrivando a confessare che le sarebbe piaciuto parecchio vederla all’opera, pur sapendo che poteva essere considerato uno spazio intimo e il suo desiderio puro voyeurismo.
    “Quanto sarei curiosa di assistere a una tua lezione” le aveva scritto tra il serio e il divertito ed Elena, che aveva sempre pensato che mai avrebbe coinvolto una terza persona, anche solo come spettatrice, pensò che magari in futuro avrebbe potuto fare per la sua amica più cara un’eccezione. Pensò anche come avrebbe potuto reagire Davide a questa cosa, una terza persona che osserva avrebbe alimentato il sentimento di umiliazione? Le reazioni che spontaneamente emergono quando si sta subendo una dura punizione, la nudità parzialmente velata da uno striminzito perizoma, le suppliche quando il bruciore si faceva più intenso quanto potevano essere imbarazzanti per Davide? L’unica certezza era che se avesse deciso di coinvolgerla Davide non sarebbe stato capace di opporsi e questa cosa le dava un certo piacere. Non voleva però d’altra parte che per Davide potesse diventare un’esperienza troppo spiacevole e poi, una simile punizione, avrebbe dovuto comunque prima meritarsela e qualora sarebbe stata molto forte, beh, lei decisamente sapeva come addolcirla.
    Elena aveva detto all’amica che non appena ne avesse avuto la possibilità sarebbe andata a Madrid a trovarla e non essendo una persona che ama venir meno alle proprie promesse ecco che quindici giorni dopo prendeva un volo per la capitale spagnola. A cena in un locale effettivamente fighissimo, dopo qualche chiacchiera riguardo al lavoro, agli amici in comune, a quanto era bella Madrid erano passate all’argomento più caldo, naturalmente il rapporto con Davide.
    “Ma allora come sta andando con Davide, gliele hai più suonate?”
    “No, dall’ultima volta onestamente è stato impeccabile, da quando gli ho ventilato quell’ipotesi secondo me non pensa ad altro.
    Forse non ha capito quanto sia remota per ora questa eventualità”
    “Beh, ma se continua così invece lo meriterebbe un bel premio! Non essere così avara!” Fece Valentina ridendo.
    “Forse hai ragione”
    “Lo sai che da quando mi hai raccontato questa cosa ci ho pensato un sacco, io credo che non esista un equilibrio predefinito per far funzionare un rapporto, e sarebbe deleterio conformarsi su dei canoni tradizionali”.
    “Hai ragione. Con Davide sto trovando un’alchimia sempre migliore proprio perché ciascuno riesce a ricoprire il ruolo che gli appartiene”
    “Lo sai che mi piacerebbe troppo vederti, lui che ti serve, tu che quando ti arrabbi sfoderi le tue fruste, lui che le prende e poi ti chiede perdono…”
    “Non credi che dopo secoli di patriarcato sia venuto il momento che siano le donne a comandare?”
    “Direi proprio di sì”
    “La prossima volta che vieni a trovarmi allora gli dico di venire, così ci facciamo servire l’aperitivo e ti faccio vedere come si educa un uomo!
    Poi non si sa mai che combini qualche cazzata e allora ti faccio vedere come lo metto in riga!”
    “Ma sei matta! Mi vergognerei tantissimo!”
    “Figurati lui! Beh, vedrai che l’imbarazzo ti passerà alla svelta e ci divertiremo un mondo!
    Poi non è mica male avere un lacchè al proprio servizio! Ci mettiamo belle comode sulla mia terrazza e non muoviamo un dito!”
    “Beh, non posso dirti di no! Questa cosa mi intriga tantissimo!”
    “E allora è deciso”
    “Ma lui sarà d’accordo?”
    “Stai scherzando? Lui fa quello che gli dico io altrimenti le prende”
    “Avrei dovuto immaginarlo. Il prossimo weekend allora vengo a trovarti”
    “Hahaha pensa un po’ cosa devo organizzare per far sì che tu mi venga a trovare!”
    Valentina rise a sua volta e arrossì un poco.
     
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