Il segretario

Storia di un particolare rapporto professionale

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    Grazie infinite Nena! Il vostro gradimento mi stimola tantissimo a scrivere!
    Infatti sto già scrivendo un nuovo capitolo e poi credo che scrivere possa fare proprio bene!
     
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    Capitolo 15

    Aperitivo con servitore

    Elena fece la proposta a Davide di prestare servizio per lei e Valentina quella domenica ben sapendo che gli sarebbe stato molto difficile sottrarsi, aggiunse che gli avrebbe concesso un extra sul suo stipendio, ma questo lui lo rifiutò categoricamente asserendo che sarebbe stato per lui un privilegio assecondare ogni loro esigenza. Non fu chiara riguardo a quanto l'amica fosse a conoscenza del loro particolare rapporto, disse soltanto di comportarsi come suo solito e che Valentina non si sarebbe stupita del suo essere così servile. Così attese con trepidazione l’arrivo di quella domenica e si presentò a casa di Elena un paio di ore prima dell’arrivo della sua ospite per i preparativi. Elena voleva che la sua amica potesse godere di un’accoglienza perfetta, così Davide dovette preparare al meglio la terrazza dove si sarebbe svolto l’aperitivo.
    All’arrivo Elena lo salutò con una certa affettuosità e per Davide era una sensazione piacevole entrare in quella casa lussuosa, arredata con gusto, con enormi tappeti persiani, alle pareti del salotto una carta da parati eccentrica blu cobalto, una enorme vetrata che illuminava la casa rendendola radiosa e alcuni mobili antichi, perfettamente restaurati, la cui superficie pullulava di piccoli gingilli molto particolari, ricordo senz’altro di qualche viaggio.
    A rendere però Davide così entusiasta non era tanto la bellezza di quell’ambiente, quanto il fatto che Elena, invitandolo seppure solo come servitore, gli aveva concesso ulteriore confidenza. “Vieni, faremo l’aperitivo in terrazza, voglio che tu la pulisca perfettamente, vada a prendere le sdraio e il tavolino e le posizioni lì in fondo, così potremo goderci questa splendida giornata di sole. Lei arriverà presto, quindi passeranno forse un paio d’ore prima che tu lo debba servire. Qui troverai gli alcolici, Valentina ama bere i cocktail, non ti chiedo di saper fare un Bloody Mary, ma un gin tonic o un Negroni dovresti essere in grado di farlo. Qui ci sono le toniche e qui le guarnizioni.
    È fondamentale l’equilibrio in un cocktail, questa è la giusta quantità di gin che dovrai mettere.
    Dovrai portarci anche qualcosa da mangiare, troverai in frigorifero ciò che ti occorre, lì puoi trovare anche tutti gli analcolici, visto che lei arriverà presto prima servirai quelli, è tutto chiaro?”
    "Sì, signora”
    “Allora cerca di darti da fare e quando arriva Valentina voglio che le dai il benvenuto che sei abituato a dare a me, qualunque cosa ti chieda tu obbedisci come se fossi io stessa a ordinartela”.
    Davide così indossò il grembiule e preparò meticolosamente la terrazza come gli era stato richiesto e quando Valentina suonò il campanello tutto era pronto ormai da una ventina di minuti.
    Davide le aprì la porta e le diede il benvenuto, Elena la salutò con un sorriso radioso ”Ciao Vale, lui è Davide e oggi sarà al nostro servizio. Su, cosa aspetti a toglierle le scarpe, cominciamo male qui”
    Valentina, che di certo non era abituata a una simile accoglienza restò per un attimo interdetta, così Elena per smorzare l’imbarazzo rise “lascia fare, è comodissimo e poi ricordati che lui è qui perché noi non facciamo alcuno sforzo, vedrai che ti abituerai alla svelta”.
    Davide ubbidì, era diverso rispetto a quando offriva questi servigi nell’intimità con Elena, il fatto di doverlo fare ad un’estranea e per giunta di fronte a due persone era per lui fonte di disagio ed ebbe la sensazione che tutto potesse essere un presagio di cosa lo aspettava. “Vieni in terrazza, il nostro servitore ha preparato tutto, e mi auguro per lui che non manchi nulla”. Raggiunsero chiacchierando la terrazza, Elena diede una breve occhiata alla disposizione “il posacenere, svelto vai subito a prenderlo”. Davide che stava in fondo alla terrazza per non intromettersi nella loro intimità, ma abbastanza vicino per assecondare le loro richieste ubbidì. Erano soltanto le quattro e mezza, troppo presto per cominciare l’aperitivo, ma orario ideale per prendere un po’ di sole, così Davide servì ad entrambe una bibita ghiacciata, poi restò a disposizione.
    Elena bisbigliò qualcosa all’amica che le rispose con un timido okay poi disse “Vai a prendere la crema, è su quel tavolino, voglio che ce la spalmi, prima naturalmente la mia ospite”.
    Era strano per Davide toccare quel corpo così estraneo e inizialmente la cosa sembrava dare un certo imbarazzo anche a Valentina, che aveva un fisico tonico, con la pelle abbronzata e i capelli biondi che splendevano al sole, eppure tutti i suoi desideri erano dedicati a Elena.
    Quando finì di spalmare ad entrambe la crema gli fu ordinato di lasciarle sole, sul tavolino c'era una piccola campanella, era un oggetto davvero insolito e Davide pensò che Elena l'avesse senz’altro acquistato per l'occasione. “Lasciaci un po' sole, vieni solo quando senti suonare la campanella, nel frattempo prepara qualche stuzzichino che potrai servire con l'aperitivo”.
    Davide si volatilizzò in un istante.
    Dopo essersi immerso nei preparativi, sentì suonare per la prima volta la campanella e quando accorse ebbe una piacevole quanto inaspettata sorpresa trovando le due donne in topless, con gli occhi socchiusi e un’espressione di totale abbandono dipinta sul volto. Fu in parte colpito dalla noncuranza di quel gesto, pensò che probabilmente era loro abitudine prendere il sole con il seno scoperto e la sua presenza non dava loro alcun motivo di inibizione.
    A fatica riuscì a contenere un’ erezione latente.
    “Vogliamo un bel massaggio ai piedi, usa quel tubetto giallo che trovi su quel tavolino” disse Elena inclinando solo un poco la testa.
    Davide si mise in ginocchio di fronte alla sdraio di Valentina e iniziò a massaggiare.
    “Ma lo sai che è proprio una figata avere un servitore” fece Valentina che iniziava a entrare in sintonia con quella situazione.
    “E ancora hai visto pochissimo dei servigi che può offrire. Ti sta massaggiando bene?”
    “Devo dire abbastanza” rispose Valentina con una certa alterigia.
    “Ricordati che la nostra insoddisfazione può tradursi in qualcosa di molto spiacevole per te”
    Disse Elena senza muovere la testa rivolta al sole. “Lo so bene rispose Davide, grato del fatto che non fosse entrata nei dettagli”
    Quando passò a massaggiare i piedi di Elena le ginocchia iniziarono a duolergli, ma non gli sembrò il caso di farlo presente.
    “Non è ancora ora dell’aperitivo?” Domandò Valentina.
    “Sono già le 18, che dici di un bel gin tonic?”
    Queste parole misero fine al supplizio di Davide, che poco dopo tornò con un vassoio sopra il quale spiccavano due bicchieri tumbler colmi di ghiaccio e qualche stuzzichino che consisteva in piccole focaccine farcite e dei quadratini di frittata che aveva preso già pronti dal frigorifero.
    “Portaci anche dell’acqua”
    Davide tornò con due bicchieri in mano.
    “Ti sembra il modo di servire. Non lo sai che le bevande si portano su un vassoio” disse Elena.
    Davide chiese perdono e pochi istanti dopo si presentò assecondando la richiesta.
    “Non ti sembrano un po’ miseri Vale questi stuzzichini”
    “Avrebbe potuto sforzarsi di più” rispose Valentina che si era già scolata mezzo bicchiere e sembrava sempre più a suo agio in quel ruolo.
    “Datti da fare” fece allora l’amica.
    Davide, che stava cercando di ingegnarsi per non fornire altri motivi d’insoddisfazione, rovistava nel frigorifero freneticamente cercando di mettere insieme qualcosa, quando di nuovo sentì suonare la campanella “portaci altri due gin tonic e sbrigati con il cibo che ci stiamo spazientendo”.
    Iniziava a serpeggiare in Davide un cattivo presentimento e forse fu proprio questa aura di paura a fargli perdere la necessaria lucidità, caricò un po’ troppo il misurino per il gin e affettò forse un po’ spesso il salume per dei piccoli croissant salati che portò per primi, Elena fece notare entrambe le cose, infine si dimenticò di riportare il posacenere svuotato come gli era stato richiesto.
    Mentre sorseggiava il secondo gin tonic Elena chiese all’amica se il servizio non gli era sembrato un po’ approssimativo, e lei, che fino a quel momento era rimasta un po’ sulle sue, sospinta dall’effetto disinibitore dei cocktail, disse che effettivamente non poteva darle torto, ma fu quando vennero richiesti altri due bicchieri di acqua, e Davide si ripresentò di nuovo con i bicchieri in mano che la situazione divampò.
     
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    Capitolo 16

    Uno sguardo nella vulnerabilità

    “Allora lo fai apposta!”
    “No signora, mi perdoni, mi sono lasciato prendere un po’ dalla frenesia”
    “Vedi, come ti dicevo c’è un solo modo per fargli capire le cose”
    “No, la supplico”
    In quel momento Davide si rese conto non soltanto che il sospetto che Valentina fosse a conoscenza dei metodi di insegnamento di Elena era più che fondato, ma che avrebbe potuto metterli in pratica anche in sua presenza.
    “Non pensi che meriti la frusta?”
    Valentina, che al secondo bicchiere di gin tonic sembrava decisamente più a suo agio, accavallò le gambe e rispose “credo proprio tu abbia ragione”.
    Spaventato dall’idea di dover ricevere una lezione sotto lo sguardo di un’altra persona Davide perse ogni ritegno, si inginocchiò e rinnovò le sue suppliche.
    “La prego, non mi punisca di fronte alla sua ospite”
    “Con il tuo servizio scadente non soltanto mi hai delusa, ma hai offerto un’ospitalità inadeguata a Valentina, quindi penso sia giusto che tu venga punito in sua presenza”
    Davide incrociò lo sguardo di Valentina come per cercare un improbabile gesto di magnanimità, ma il sorriso malizioso che illuminò il suo volto gli fece capire quanto in realtà non vedesse l’ora di pregustare quel momento.
    “Vai in camera mia, nel mio armadio troverai gli strumenti e il perizoma che dovrai indossare. Cosa dici del bianco?” Domandò all’amica scambiando uno sguardo d’intesa.
    “Penso che potrebbe donargli”
    “Porta qui anche il tavolino in acciaio che trovi all’ingresso e posizionarlo di fronte allo sdraio di Valentina, voglio che possa godersi a pieno lo spettacolo”. Quando Davide tornò dalle amiche prima con il tavolino, per sua fortuna non molto pesante, poi con in mano una spaziosa borsa in plastica contenente gli strumenti per punirlo, indossava già il perizoma.
    Il notevole imbarazzo conferito dal proprio abbigliamento era in qualche modo acuito dal fatto che nel frattempo loro si erano invece rivestite indossando maglietta e pantaloncini.
    Forse era stato soltanto per dare un po’ di solennità al momento, o forse dipendeva dal fatto che il sole iniziava ad attenuare i propri raggi, ma la sensazione che ebbe invece Davide era che il fatto che loro fossero vestite e lui indossasse soltanto un attillato perizoma fosse piuttosto finalizzato ad incrementare il proprio disagio, a stabilire una linea di confine fra chi punisce o osserva e chi invece viene punito, a simboleggiare infine la propria vulnerabilità.
    Valentina non aveva mai visto un uomo in perizoma e trovava quel particolare stranamente grottesco.
    “Mettiti in posizione, il culo bene in fuori. Vale ho pensato di dargli trecento frustate, cosa ne pensi?
    Sono sufficienti?”
    Valentina, che in realtà credeva fosse una punizione molto severa, volle assaporare per un attimo il proprio potere “beh, ci sono stati diversi errori e un po’ di approssimazione…mmm…però penso che per ora potrebbero bastare”
    “Con cosa cominciamo Vale?”
    “Come si chiama quella frusta con tutte quelle code?”
    “Gatto a nove code. Ottima scelta”
    Valentina diede un’altro sorsata al suo gin tonic e accese una sigaretta, Davide, al colmo dell’imbarazzo, non aveva il coraggio di guardarla.
    Elena fece roteare un po’ la frusta con una certa teatralità “vediamo di arrostire bene queste chiappe. Ora vedi come te le concio, così impari a servirci come si deve”.
    “Sciac, Sciac, sciac” Elena iniziò a colpire con un movimento perpetuo, facendo risalire in alto le code subito dopo l’impatto e Valentina fu colpita da tanta maestria affinata in così poco tempo e dal movimento armonioso che riusciva a donare a quel gesto.
    Il rossore iniziava a spargersi sul culo di Davide che stringeva le mani al bordo del tavolino e cercava di contenere per la vergogna i suoi lamenti, ma quando afferrando le code Elena cominciò ad imprimere la massima potenza, Davide iniziò come consuetudine a stringere le chiappe ed inarcare la schiena ad ogni colpo. Solo quando ebbe terminato la serie di sessanta frustate Valentina, che aveva osservato la scena con uno sguardo concentrato disse “Wow Ele che ritmo che riesci a dare…e che forza! Guarda che culo rosso che gli è già venuto…” ma lo disse con tono serio, come se non volesse rendere frivolo quel momento, ma cercasse di rispettarne il valore.
    “Ancora glielo sto solo scaldando, vedrai fra poco che bel colore che avrà e naturalmente quanto gli brucerà. Del resto, te lo stai meritando, non è vero?”
    Rispondere “sì mia signora” sotto lo sguardo dell’amica gli costò più del solito ed Elena colse la sua esitazione. Stavolta senza interpellare l’amica afferrò la frusta da equitazione e gli diede una potente scudisciata.
    “Non ho sentito bene”
    “Sì mia signora…Sciac…me le sto meritando” disse stavolta ad alta voce.
    Elena iniziò a batterlo con forza, Valentina sembrava rapita dallo schioccare della frusta, scrutava i segni che sempre più lasciava mentre veniva pervasa da un’eccitazione del tutto nuova e più i colpi si susseguivano, più essa cresceva.
    Ora per Davide il bruciore era più forte della vergogna e iniziò a sculettare per dirigere i colpi nella inconscia e quanto inutile convinzione che così facendo avrebbe attenuato il dolore.
    “Inizia a bruciare non è vero?” Chiese al termine della seconda serie da sessanta.
    “Sì, signora”
    “Guarda che bei segni che gli ha lasciato, guarda come sono ben definiti”
    “Deve fare un male tremendo” rispose Valentina, attraversata da sentimenti contrastanti come la compassione, il godimento fisico, la fascinazione per quel rituale, e un certo piacere legato al potere di costringere un uomo a gemere sotto i propri colpi.
    “Ora ti mostro come alcuni oggetti di uso comune possano essere ideali per educare un uomo.
    Guarda questa cucchiarella, sembra innocente, ora vedrai invece come gli arrosserà le chiappe”.
    “Sciaf, Sciaf, Sciaf” Elena iniziò a battere ritmicamente una chiappa e poi l’altra.
    “Auuu”.
    Valentina, che nel frattempo aveva acceso un’altra sigaretta e stava finendo di bere il suo gin tonic, trovò buffo quell’ululato ed era ipnotizzata da quel culo che diventava sempre più rosso. Altri sessanta colpi ben assestati si infransero sul sedere di Davide che ora aveva un colore molto più acceso.
    “Mancano solo due strumenti, questo cucchiaio e poi il più doloroso, che voglio tenere per il gran finale. Il cucchiaio mi piace usarlo in questo modo. Mettiti a carponi”
    Davide non se lo fece ripetere e si mise a quattro zampe, offrendo la visione delle sue chiappe già livide all’ospite, mentre Elena si sedeva sulla sua schiena e da quella posizione poteva guardare negli occhi l’amica.
    “Spam…sentiamo, chi è che comanda?”
    “Lei comanda signora”
    “Sbam…sbam…e Valentina?” Disse mentre scambiava sorriso complice con l’amica che sembrava decisamente gradire.
    “Oh sì, sbam…ah…anche Valentina comanda…sbam…le donne comandano…sbam…aah”
    “Ed è così che meritano di essere servite? Spam…con superficialità?…spam…con pigrizia…spam?” Elena presa da fervore dava colpi sempre più forti.
    “Noo…spam…aaah…con attenzione…spam…aaah…devozione…” disse Davide urlando.
    “E allora perché non le hai usate oggi? Perché mi costringi sempre a punirti”
    “Perché devo ancora imparare tanto…sbam…perché ho bisogno di essere educato”
    Dopo aver concluso la serie di cucchiaiate rimase seduta in quella posizione per un paio di minuti a riprendere le energie e guardò Valentina che era sempre più elettrizzata da quell’esperienza.
    “Ora ti faccio vedere il mio strumento preferito, il bacco, o cane, è un bastone in rattan, molto flessibile” disse mentre fendeva l’aria “e anche molto doloroso. Adesso vedrai il culo a strisce che gli faccio.
    Voglio che ti posizioni guardando Valentina stavolta, devi guardarla negli occhi mentre ti batto”
    “Sì mia signora”. Quando si posizionò e incrociò il suo sguardo serio arrossì per la vergogna.
    Elena fece fischiare il bacco nell’aria e gli rifilò la prima scudisciata.
    “Aahhh” gridò Davide stringendo i denti.
    Non aveva il coraggio di distogliere lo sguardo da Valentina, terrorizzato all’idea che disobbedendo Elena avrebbe rincarato la dose, e quegli occhi stavano scrutando dentro la sua vulnerabilità, osservavano lo sgretolarsi di ogni sua difesa, di fronte ad essi era completamente nudo e incapace di nascondersi.
    Dopo una ventina di bastonate, iniziò a sbuffare e guaire.
    “Chiedi perdono a Valentina”
    “Perdonami…fiuu spam…ti chiedo umilmente perdono…fiuu spam…vi servirò come meritate…fiuu spam”
    Valentina visse un movimento estatico, l'intensità feroce di qugli istanti, le suppliche, i suoi lamenti, l’espressione di totale arrendevolezza la stavano facendo godere in un modo che non aveva mai provato. Arrivati a cinquanta bastonate Davide sentiva ardere il suo sedere, i suoi occhi in quelli di Valentina manifestavano sempre più il suo totale annichilimento.
    “Ne mancano dieci, ora senti come lo faccio gemere” Elena impresse la massima potenza ad ogni colpo, dopo un grido di dolore, ripeteva la parola “perdono”. Dopo l’ultima potente bastonata si accasciò sul pavimento esausto.
    “Ora fatti guardare il culo” disse quasi sottovoce indicando l’amica. Davide gattonò lentamente verso di lei e glielo mostrò.
    Era rosso fuoco con delle strisce orizzontali gonfie che gli solcavano il culo da una parte all’altra.
    “Eli, lo hai devastato con quel bastone”
    “Te l'avevo detto che gli avrei fatto il culo a strisce. Ora sì che ci servirà con devozione, non è vero?”
    “Oh, sì mia signora”
     
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    Capitolo 17

    L'efficacia della frusta

    Avevamo lasciato Davide accucciato mentre porgeva a Valentina la visione del fondoschiena che Elena aveva appena finito di battere.
    Percorso da impercettibili brividi e con il fiato ancora corto, Elena dall’alto in basso lo fissava con uno sguardo compiaciuto, come a dire ora sì che sei ai miei piedi, mentre dall’altro lato l’amica era assorta nella contemplazione di quel fondoschiena come fosse una tela sulla quale Elena aveva impresso la propria opera astratta.
    Una miriade di tonalità differenti di rosso facevano da sfondo alle strisce porpora che si sovrapponevano in rilievo e attraversavano le forme così esatte di quel culo in bella mostra, il perizoma bianco faceva risaltare quei colori accesi come una cornice che dà la giusta contestualizzazione ad un quadro.
    “Ho fatto un buon lavoro?” Domandò Elena.
    “È meraviglioso” rispose Valentina sorpresa dal trovare quella visione così attraente.
    Elena andò a sedersi accanto all’amica e diede a sua volta uno sguardo alla sua creazione “anch’io trovo che abbia una propria bellezza. Pensa che dopo averlo frustato lo costringo sempre a rimanere in perizoma per qualche giorno, finché i segni non sono sfumati, così da poterlo osservare in ogni momento. Lo trovo stranamente ammaliante”. A quel punto prese il telefono e scattò una foto “questa la metto nel mio archivio personale”.
    Davide non provava più né vergogna né paura, frustata dopo frustata Elena aveva dissolto ogni suo barlume di resistenza e mentre l’amica aveva osservato compiersi quel processo di erosione, godendo nel vedere un uomo spogliarsi di ogni volontà se non quella di compiacerle, un silenzio denso di significato era calato in quella terrazza.
    Valentina si rese conto che gli effetti della punizione che Elena gli aveva appena inferto non si limitavano all’intenso bruciore che si sarebbe protratto per giorni, ma avevano avuto un influsso immediato sulla sua psiche.
    Mentre le amiche erano ora sedute una accanto all’altra Davide si avvicinò a quattro zampe e fermatosi orizzontalmente di fronte a loro domandò “desiderate appoggiare i piedi”.
    “Con piacere” disse Elena mentre li accavallava sulla sua schiena, lasciando spazio anche a Valentina che in un primo momento non si mosse. “Cosa aspetti!” Disse Elena per incoraggiare l’amica che dopo il monito, un po’ titubante, li appoggiò a sua volta, provando una piacevole sensazione.
    “Lo sai Elena che mi è piaciuto da morire vederti all’opera”
    “Me ne sono accorta, ci mancava poco che avessi un orgasmo”
    “Scema! Però non credevo potesse essere così appassionante…comunque cosa credi? ho visto quanto hai goduto nel frustarlo!”
    “Ammetto che è sempre molto eccitante”
    “Mi piacerebbe provare”
    “Ti avverto che Davide è mio e non te lo posso prestare”
    “Sei gelosa eh! Comunque non intendevo quello!
    Ci sarà pure qualche altro uomo da punire!”
    “Ce ne sono tantissimi! Sto frequentando un blog e tu non puoi immaginare quanto sia diffusa questa cosa!”
    “Il fatto però è che non vorrei farlo con uno sconosciuto. La cosa intrigante per me è il legame che può generare questa cosa, ad esempio se Davide non avesse per te una venerazione e tu…”. Valentina si fermò bruscamente.
    “Davide fila a farmi un altro gin tonic che questo è ormai annacquato” Elena prese la palla al balzo per allontanare Davide, per un attimo si erano dimenticate di avercelo sotto i piedi. Alzarono simultaneamente le gambe e lui sfilò via, entusiasta per ciò che aveva ascoltato e al contempo incredibilmente curioso verso ciò che invece si sarebbero confidate in sua assenza.
    “…e tu non fossi coinvolta da lui questa cosa secondo me perderebbe di significato”
    “ Sì, lui effettivamente mi piace” disse con un filo di voce.
    “Lo so, anche se hai uno strano modo di dimostrargli il tuo affetto” disse Valentina ridendo.
    “Beh, se mi prendo la briga di educarlo è perché lo ritengo all’altezza della mia considerazione, altrimenti avrebbe solo la mia indifferenza”.
    “Ecco il suo gin tonic” Davide stavolta usò il vassoio e le due interruppero di nuovo il discorso.
    Elena accese una sigaretta e diede la prima sorsata. Dopo che aveva usato la frusta provava sempre una sensazione di profonda liberazione, niente per lei aveva un effetto a tal punto rigenerante. “Davide vai a mettere a posto la cucina e lasciaci un po’ sole, vieni solo se senti la campanella”.
    “Mi sembra che il tuo addestramento stia andando a gonfie vele! Cosa aspetti a dargli un bel premio?”
    “Ma gli ho già permesso di fare la doccia con me”
    “Intendo qualcosa in più che farlo impazzire dal desiderio!”
    “Ogni tanto ci penso, ma prima di soddisfare il suo più grande desiderio vorrei che superasse una prova d’amore molto grande”
    “Più grande di quella che già ti sta mostrando?”
    “Beh, non dimenticare che ho una grande e perfida immaginazione”
    “Me ne sto accorgendo. Sottoponilo alla svelta a questa prova d’amore che lo stai facendo impazzire! E poi smettila di farti chiamare signora!
    “Su quest’ultima cosa hai ragione! Direi che abbiamo raggiunto la necessaria confidenza perché mi chiami Padrona!”
    Entrambe risero di gusto.
    “Comunque tornando a te potresti provare a frequentare qualcuno per un po’ e poi vedere se la cosa può funzionare. Sono d'accordo che non Deve essere uno qualunque. Deve essere un onore per loro stare sotto i nostri piedi”
    Valentina sorrise “e come ti fa sentire questa cosa?”
    “Me stessa”
    “Lo sai che mi stai contagiando sempre di più!”
    “Lo spero! Girls power!” Disse Elena alzando il bicchiere. Le due brindarono.
    “Mi scappa la pipì” Elena suonò la campanella.
    “Adesso ti faccio vedere una cosa”
    Davide si presentò in un’istante.
    “Portami in bagno”
    Davide si mise a quattro zampe accanto a Elena che lo montò. Non aveva braccia particolarmente robuste e l’andatura era un po’ affannosa.
    “Su cavallino, veloce che mi scappa…Sciaf, sciaf” Elena sculacciò Davide che emise dei piccoli guaiti, mentre Valentina si gustava la scena divertita, finché li vide sparire dalla porta.
    “Quanto mi piacerebbe avere un uomo da cavalcare” pensò.
     
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    ...
    “Deve fare un male tremendo” rispose Valentina, attraversata da sentimenti contrastanti come la compassione, il godimento fisico, la fascinazione per quel rituale, e un certo piacere legato al potere di costringere un uomo a gemere sotto i propri colpi

    :asd:
     
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    e tu non fossi coinvolta da lui questa cosa secondo me perderebbe di significato”
    “ Sì, lui effettivamente mi piace” disse con un filo di voce.
    “Lo so, anche se hai uno strano modo di dimostrargli il tuo affetto” disse Valentina ridendo.

    :rolleyes: <_<
     
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    e tu non fossi coinvolta da lui questa cosa secondo me perderebbe di significato”
    “ Sì, lui effettivamente mi piace” disse con un filo di voce.
    “Lo so, anche se hai uno strano modo di dimostrargli il tuo affetto” disse Valentina ridendo.

    :rolleyes: <_<

    Se lo frusta è vero amore! :)
     
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    Capitolo 18

    Il pegno

    La sera precedente Elena aveva prima di cena congedato Davide e chiacchierato ancora a lungo con Valentina del loro rapporto.
    L’amica l’aveva esortata con argomenti molto convincenti a concedere a Davide premi ancora più ambiti di quelli che aveva dato finora, insistendo sul fatto che il servizio era stato ottimo nel complesso, ma era stata anche costretta ad ammettere che era migliorato considerevolmente dopo che Elena gli aveva fatto il culo a strisce davanti ai suoi occhi e che sì, per ottenere il meglio da lui era proprio necessario impugnare la frusta. Se sul bastone non aveva nulla da eccepire e anzi si rendeva conto che non aveva mai conosciuto metodo migliore per educare un uomo, credeva che Elena fosse stata troppo avara riguardo alla carota.
    La loro conversazione, che i gin tonic avevano reso senza freni, terminò così:
    “Se proprio vuoi prima costringerlo ad una grande prova d’amore prima di scopare, se per via della tua posizione dargli piacere sarebbe svilente, almeno fattela leccare”
    “Va bene gliela farò leccare. Ma a modo mio”.
    Così, quando quel giorno Davide aveva sbrigato i suoi impegni, compreso quello di stirare alcuni capi, rigorosamente in perizoma ed Elena tornata dal Tribunale dove aveva portato a termine i propri, arrivò il momento della carota.
    “Ho deciso di darti un premio. Vai a prendere il gatto”.
    Seppur perplesso su come un premio potesse prevedere l’uso della frusta ubbidì speranzoso e al suo ritorno trovò Elena sulla poltrona, la gonna nera alzata fino ai fianchi, le gambe divaricate e piegate, i piedi appoggiati alla poltrona, il suo sguardo magnetico e le mutandine di pizzo viola dalle quali non riusciva a distogliere lo sguardo.
    “Giù a gattoni, avvicinati lentamente”
    Davide si mise svelto a quattro zampe e cercando in ogni modo di non farsi prendere dalla frenesia gattonò lentamente, con la frusta in bocca, verso di lei, che l'afferrò delicatamente “Annusa” disse sottovoce.
    Davide avvicinò il naso alla figa di Elena quasi fino a toccarla e inspirò inebriato il suo profumo, un desiderio incontenibile iniziò a crescere dentro di lui, palesato dall’immediata erezione.
    “Annusa, da bravo, la vuoi leccare?”
    “Oh, sì signora, la supplico”
    “Basta con questa signora, potrai darmi del tu d’ora in avanti, anche se qualche volta mi farebbe piacere se mi chiamassi padrona”
    “Grazie padrona”
    In un momento di massima eccitazione Davide arrivò annusando a toccare con il naso l’oggetto del suo desiderio. “Non toccare, non ti ho dato il permesso” con una mano lo allontanò, mentre con l’altra gli diede un piccolo schiaffo sul volto “Sciaf…dico io quando puoi, adesso annusa”.
    Davide sembrava non aver mai sentito un profumo più buono, e questo non faceva che incrementare la sua voglia di toccarla, o come gli era stato promesso perfino di leccarla, ma Elena sapeva ormai giocare alla perfezione con i suoi desideri, così attese quasi cinque minuti prima di sfilarsi le mutandine.
    Davide, che adorava ossessivamente quel pelo nero e fitto, si sforzò in ogni modo per non affondarci il viso.
    “Quanto ti piace questo profumo?”
    “Da impazzire Elena”
    “Ora potrai leccare, ma dovrai iniziare molto lentamente”
    Davide avvicinò la punta della lingua e con estrema delicatezza iniziò a leccare le piccole e le grandi labbra, cercando di modulare l'intensità e variare le direzioni. Sapeva che uno dei peggiori nemici del cunnilingus era la foga, così attese un po’ prima di buttarsi sul clitoride e quando lo fece cercò in ogni modo di essere delicato.
    ”Così, bravo” disse Elena che apprezzava quell’approccio e lentamente si stava sciogliendo sempre più. Dopo qualche minuto iniziò a voler essere leccata con più veemenza e a seconda di come desiderava che le si desse piacere schiacciava la testa di Davide, lo afferrava per i capelli, lo tirava verso l’alto o infine lo sbatacchiava su e giù tenendolo per le orecchie. “Bravo, lecca bene”. Ora Davide stava dando ampie leccate passando tutto il viso ormai madido sulla figa di Elena “lecca maiale che non sei altro…sentilo come gode. Dimmi quanto ti piace leccarmi la figa?”
    “Da morire padrona”
    “Bravo, chiamami padrona che mi fai godere ancora di più, adesso succhia, cos셔.
    Prese una mano di Davide e l’appoggio sul seno nudo sotto la maglietta, mentre lui teneva uno sguardo carico di devozione, osservando le sue smorfie di piacere.
    Dopo quasi mezz’ora che Davide stava in ginocchio a cercare di offrire il miglior sesso orale che fosse in grado di praticare ebbe forse un leggero calo nell’intensità della sua azione, tanto che Elena, che fino a quel momento era sembrata molto soddisfatta di quel cunilingus, afferrò per la prima volta la frusta e gli diede qualche colpo sulle chiappe ancora malconcie dal giorno prima, da quella posizione non riusciva a imprimere potenza, ma i colpi arrivavano più lunghi, raggiungendo la zona del perineo, sfiorando soltanto i testicoli “Lecca meglio, concentrati, così” e con i piedi appoggiati alla poltrona teneva Davide per le orecchie e guidava il suo movimento “leccala tutta, così, così…aah…” Il coinvolgimento fu tale, ma allo stesso modo l’impegno, ai quali va aggiunta una certa maestria, fecero sì che Elena arrivasse all’orgasmo. Dopo qualche momento di estasi, una sensazione che le mancava da molto tempo, spinse via con i piedi Davide “basta così”.
    Davide restò accucciato senza smettere di guardarla, finché trovò il coraggio di supplicarla “ti prego Elena, ancora una piccola leccata”.
    “Ho detto basta” Davide abbassò la testa.
    Elena però, un po’ per puro sadismo, un po’ perché le tornò la voglia di farsela leccare si alzò in piedi a si piazzò di fronte a Davide, a pochi centimetri dal suo viso, per provocarlo. “Sono curiosa di sapere quanto sei maiale. Ti ho già offerto un premio generoso, se ne vuoi un altro devi pagare un pegno”
    “Tutto quello che vuoi”
    “Nonostante immagino che ti bruci ancora tanto il culo dopo la ripassata che ti ho dato ieri, saresti disposto a prendere ancora la frusta pur di leccare ancora un po’?” mentre formulava questa domanda aveva preso la testa di Davide e, ondeggiando sinuosamente, se l’era messa a qualche centimetro dalla sua figa.
    Davide sapeva che farsi frustare il culo in quelle condizioni sarebbe stato molto doloroso, ma gli fu impossibile trattenersi “va bene, Elena frustami se vuoi”
    “Eh no, sei tu che lo vuoi…allora chiedimelo”
    “Frustami Elena per favore”
    “Se proprio insisti. Facciamo che ti do cinquanta frustate sul culo”
    “Mi brucia ancora molto padrona”
    “Se ti brucia tanto non avresti dovuto accettare la mia proposta. Porgimi alla svelta il culo prima che aumenti la dose”
    In un istante Davide si mise a quattro zampe con la pancia sulla poltrona.
    “Sciac” Già alla prima frustata Davide capì che prenderle con il culo ancora livido dal giorno prima sarebbe stato parecchio doloroso.
    “Brucia da morire…Sciac…Elena…è già bollente…sciac”
    Davide stringeva le mani sulla poltrona ad ogni colpo. “Sei tu che le hai volute, dillo perché ti sto frustando ancora?”
    “Sciac…perché sono un maiale!”
    Elena aumentò un po’ la potenza, trenta frustate avevano riacceso il culo di Davide che era tornato rosso come la sera prima.
    Elena si fermò un istante “posso smettere se vuoi, naturalmente niente premio. Le prossime venti ti faranno bruciare tanto il culo, lo sai.
    A te la scelta” mentre formulava la domanda aveva avvicinato di nuovo la testa di Davide proprio lì. “Voglio leccare Elena”
    “E allora adesso ti faccio vedere quanto ti costerà cara la tua ingordigia”.
    Elena iniziò a frustare Davide che affondava il viso nel cuscino “guarda il culo che si sta facendo fare pur di leccare ancora…sciac…se non è un porco lui…sciac”
    Quando finì Davide ansimava. Elena lo fece sedere sul pavimento con la schiena appoggiata alla poltrona, la nuca sul cuscino, mentre lei aveva messo i piedi sulla poltrona e tenendo le mani salde sul bordo dello schienale prese a strofinare la sua figa avanti e indietro sempre più forte sul suo volto.
    Davide aveva azzardato nel tenere le mani sul culo di Elena mentre lei si muoveva, il suo fondoschiena era formoso e al contempo marmoreo, contratto in quell’azione selvaggia che stava facendo impazzire dal piacere Davide.
    Dopo una decina di minuti si alzò.
    Entrambi erano sazi.
    “Ne è valsa la pena” chiese Elena
    “Lo rifarei altre mille volte”
    “Non lavarti la faccia, voglio che torni a casa così”
    “Con il tuo permesso sarei tornato a casa proprio così”
    “Sei davvero un maiale”
     
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