Nata il 4 luglio

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    Spankee

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    La pioggia già dalla mattina stava cadendo ininterrottamente fitta su New York quel giovedì di novembre, un muro d'acqua sembrava voler sommergere la metropoli mentre la gente comune si preparava in tutta fretta a tornare nelle proprie case.
    A causa della forte perturbazione era stato chiuso persino l'aeroporto La Guardia tant'è che il generale Ferguson, un uomo alto e ben piantato con capelli, baffi e barba bianchi, ma con un fisico ancora prestante, nonostante i suoi settant'anni, era stato costretto a questa sosta forzata, insieme ai due uomini di scorta, mentre, proveniente da un convegno dello Stato maggiore a Washington, era diretto a Boston dove avrebbe voluto festeggiare in famiglia il Thanksgiving Day.
    Il tempo inclemente non gli aveva dato altra scelta che fermarsi nella metropoli per la notte quindi, facendo buon viso a cattivo gioco, pensò bene che fosse meglio, essendo da poco passate le 23, cercare perlomeno un buon hotel.
    A quello pensò uno dei suoi collaboratori facendo una telefonata al quartier generale del posto che gli aveva subito indicato una struttura alberghiera messa appositamente a disposizione degli alti gradi dell'esercito, ma soprattutto adesso era necessario un buon ristorante caldo ed accogliente, con una buona cucina per togliersi di dosso un po' d'umidità di quella uggiosa giornata.
    Così quando il taxi si fermò davanti ai tre militari e vi furono saliti sopra, il tassista si rivolse a loro con un accento tipicamente italo americano: <buonasera signori tempo da cani stasera vero? Bella Festa del Ringraziamento, bella davvero, dove vi porto?>
    Il generale rispose al saluto ed aggiunse: <ha ragione , sembra che tutta l'acqua che c'è in cielo abbia deciso di cadere proprio stasera, conoscete, un buon ristorante dove ci si possa togliere da questo tempaccio e si mangi bene?>
    L’uomo gli rispose sorridendo: <niente di più facile signori, conosco un ristorantino che a quest'ora dovrebbe essere ancora aperto, cucina casalinga ma che vi lascerà a bocca aperta perché non ha nulla da invidiare a certi ristoranti ultra stellati, fidatevi!>
    Quindi il taxi percorse le lunghe vie di New York diretto verso Brooklyn sotto la pioggia scrosciante, durante il tragitto, dal finestrino, i freddi occhi color azzurro ghiaccio del generale si persero nelle mille luci della città che si riflettevano sull'asfalto, mentre la radio diffondeva la musica di “New York New York”.

    Arrivati davanti al locale il taxi si fermò annunciando che erano arrivati a destinazione.
    Uno degli accompagnatori del generale chiese allora al tassista quale era il costo della corsa.
    L'uomo dopo avere guardato il tassametro ed indicandolo rispose: <sono quarantacinque dollari signore>.
    Il militare l'uomo prese dalla tasca della divisa il portafoglio e porse al tassista sei biglietti da dieci dollari dicendo : <tenga il resto e buona festa del Ringraziamento>.
    Alla vista di quella lauta mancia il tassista sfoderò un gran sorriso: <buona Festa del Ringraziamento a voi signori, e buon appetito!>
    Una volta scesi dall’auto, il taxi si avviò e scomparve nel caotico traffico della metropoli.
    Sopra al locale, illuminata da lampade al neon colorate, torreggiava la scritta “Bella Roma”, quando il generale la vide, aspettandosi invece un ristornate americano dove poter gustare il tradizionale tacchino ripieno bofonchiò: < È un ristornate italiano! >, e controvoglia, seguito dai suoi accompagnatori entrò nel ristorante.
    Il locale, come annunciato dal nome, era tipicamente italiano, piccolo, caldo ed accogliente; nell'aria si diffondevano i profumi della cucina mediterranea, facendo pensare al sole, al mare ed a tutte le atmosfere legate alla cucina di quel paese, che non mancavano di titillare, tentatori, gli stomaci dei tre uomini che, piacevolmente sorpresi, dopo aver appeso i rispettivi cappotti ad un attaccapanni, senza tanti indugi si accomodarono ad uno dei pochi tavoli ancora apparecchiati rimasti, dato che si approssimava l’ora della chiusura.
    Non dovettero attendere molto che dalla cucina apparve una piacente signora sulla quarantina, con i capelli scuri, trattenuti da una cuffietta ed in divisa da cuoca che però metteva in evidenza le sue morbide forme tipicamente mediterranee.
    Mentre si avvicinava al tavolo non passarono inosservati allo sguardo del generale il seno prosperoso ed i fianchi larghi della donna che sorridendo disse: < Buonasera signori, sono la proprietaria, siete fortunati, se aveste tardato solo un po’ avreste trovato chiuso, il personale di sala è già andato via ma sarà un piacere per me servirvi>.
    Il generale rispose con galanteria di quanto gli dispiacesse arrecare tanto disturbo, mentre con insistenza il suo sguardo indugiava sulla donna che aveva di fronte.
    La bella signora cercò subito di istaurare il dialogo e chiese: <non siete di qui vero?>
    Il generale sorridendo confermò: < Siamo solo di passaggio, purtroppo questo improvviso maltempo ci ha costretti a fermarci qui a New York >.
    La giovane proprietaria del ristorante sorrise ancora di più mentre diceva: <allora farò in modo di lasciarvi un bel ricordo di questa sosta, da bere cosa prendete?>
    I commensali si guardarono interdetti, poi il generale rispose un po' titubante: <non saprei a dire il vero, è la prima volta che entro in un ristorante italiano>.
    La donna, sempre con un caldo sorriso sul viso cinguettò: < Allora lasciate fare a me, non ve ne pentirete>.
    Quindi si allontanò dal loro tavolo per tornarvi, poco dopo, con paio di bottiglie di Chianti Galletto Nero che, dopo averne stappata una, versò nei bicchieri da vino dei tre militari.
    Il generale preso il suo bicchiere ne osservava compiaciuto il contenuto, quindi dopo averlo avvicinato al naso per apprezzarne il bouquet ne bevve un paio di sorsate per assaporarne il gusto.
    Poi, conquistato dalla bontà del rosso nettare, ma non solo, il generale quasi sussurrò:< Mmm scelta eccellente signora> mentre lasciava cadere l'occhio fin dentro il decolté che la donna metteva in bella mostra sotto giacca lasciata sbottonata.
    Non ne dubitavo, disse compiaciuta la donna: <per cominciare gradite un assaggio di prodotti italiani? Me li faccio spedire appositamente dall'Italia, mio paese d'origine>.
    I tre militari non se lo fecero chiedere due volte ed all'unisono accettarono la proposta con entusiasmo.
    Bene signori sarete subito serviti, aggiunse la donna allontanandosi.
    La cena fu un caleidoscopico assortimento di prelibatezze tipicamente italiane, sul quale i tre uomini si buttarono come lupi famelici, assaggiando ora quel salume, ora quel formaggio e così bevvero la prima bottiglia di vino per la delizia delle loro papille gustative.
    Poi la cena continuò con degli assaggi di primi, di secondi ed di un dessert tanto che, a fine pasto, e dopo essersi bevute entrambi le bottiglie di Chianti, i tre militari erano veramente soddisfatti, mentre i due accompagnatori del generale erano anche un po' brilli, dato che non erano mancate nemmeno le grappe.
    Forse per il Chianti o per la calda atmosfera del locale o per il buon mangiare, fatto sta che il generale, per carattere molto schivo e riservato, sentì sciogliersi dentro e mentre la donna si era allontanata per andare alla cassa le si avvicinò e le sussurrò all'orecchio:<ho mangiato e bevuto benissimo, come non mi capitava da molto tempo, tu sei bellissima ed in questo momento darei qualsiasi cosa per passare un po' di tempo, io e te da soli>.
    La donna, che dal canto suo non era rimasta indifferente al fascino dell'anziano militare, era ben felice di finire quell'uggiosa giornata fra le braccia forti di un uomo, anche se un po' maturo, quindi fece capire al generale che se fosse riuscito a liberarsi dei suoi accompagnatori, lei lo avrebbe ospitato per la notte nel suo appartamento situato proprio sopra il locale, a cui vi si accedeva da una scala interna.
    Il generale non se lo fece ripetere due volte, ritornò al tavolo, parlottò un poco con i suoi accompagnatori che subito dopo si alzarono da tavola, usarono il telefono del locale per chiamare un taxi, quindi presero i loro cappotti dall'appendi abiti ed educatamente salutarono la proprietaria ringraziandola della splendida serata.
    Non appena Mary Russo, questo era il nome della donna, e il generale furono soli questa lo guidò fino all'appartamento, e dopo aver invitato il generale ad accomodarsi sul divano ed a servirsi dei liquori del mobile bar disse sorridendo: <spero non le dispiacerà se mi faccio una doccia, dopo una giornata tra i fornelli ne ho proprio bisogno>.
    Il generale, dal canto suo, al pensiero che di lì a poco Mary si sarebbe spogliata completamente ricambiò il sorriso e le rispose: <prego, fai pure, non mi disturba affatto>.
    Quindi Mary, sempre sorridendo entrò nel bagno, senza però chiudere la porta a chiave.
    Si spogliò e dopo aver messo la biancheria sporca nel portabiancheria entrò nella doccia che era abbastanza grande per due persone, aveva appena finito di insaponarsi che sentì aprire la porta, non ne fu sorpresa, aveva lasciato la porta socchiusa, proprio per intrigare e tentare l'anziano generale che, aveva ben immaginato la donna, non aveva saputo resistere al richiamo della carne e che infatti, dopo essersi spogliato completamente ed aver appoggiato tutti i suoi panni sul divano era entrato in bagno.
    Dopo aver scostato lentamente la tenda della doccia rimase fermo lì, ad ammirare eccitato quelle splendide forme giunoniche sotto l'acqua scrosciante della doccia.
    Richiuse la tenda dietro di se, mettendosi sotto il getto d’acqua calda insieme a Mary, quindi cominciò ad accarezzarla dappertutto, soffermandosi soprattutto sulle tornite rotondità posteriori, pizzicandole e schiaffeggiandole, provocando così nella donna sospiri di piacere.
    Poi, vedendo una lunga spazzola da bagno attaccata ad un gancio a ventosa la afferrò, e dopo averle fatto appoggiare entrambe le mani sulla parete rivestita da maioliche, con una mano la costrinse dolcemente a piegarsi un poco mentre con l'altra, sotto l'acqua scrosciante, cominciò a spazzolare con dovizia e precisione i giunonici globi posteriori della donna, alternando i colpi su entrambe le natiche.
    La donna, ricambiò le calde attenzioni da prima con gridolini e sospiri poi, pian piano che il bruciore provocatole dalla spazzola si faceva via via più intenso anche con grida più acute e pianti.
    La sculacciata ebbe termine solo quando il generale reputò che le natiche della donna, sotto i colpi della spazzola, avessero assunto la giusta tonalità di rosso, quindi dopo aver posato la spazzola si accostò a lei da dietro penetrandola davanti, mentre con le mani le torturava i capezzoli e le baciava il collo.
    Quasi subito raggiunsero insieme un orgasmo che li lasciò svuotati e felici, persi in una inebriante sensazione di piacere, quindi dopo essersi asciugati, entrarono sempre completamente nudi nel letto; i tenui raggi del sole, il mattino dopo, filtrando dalle finestre li trovarono ancora addormentati abbracciati.
    Mary si svegliò per prima, lasciò che l'anziano compagno di letto dormisse ancora e dopo avere indossato una vestaglia andò in cucina a preparare il caffè, il cui aroma svegliò dolcemente il generale che seduto sul letto, con le spalle appoggiate alla spalliera in ferro battuto del letto, attese che la donna tornasse in camera con un vassoio su cui vi erano due graziose tazze e la zuccheriera in bellissima porcellana cinese colme dello scuro nettare.
    Mentre sorseggiavano il caffè, tra una chiacchiera e l'altra, Mary cominciò a parlargli un po' di sé, gli raccontò come suo padre, un italo americano di origine siciliana, arruolatosi all'inizio della seconda guerra mondiale, si era ritrovato a Roma dopo lo sbarco ad Anzio e lì aveva conosciuto una bella ragazza romana che faceva la cameriera ai piani presso l'Hotel Excelsior, si erano piaciuti ed in seguito, dopo essersi sposati, se l'era portata negli Stati Uniti dove avevano messo su famiglia.
    Le cose erano andate bene grazie all'apertura del ristorante sottostante, che, i suoi genitori ormai anziani, avevano lasciato a lei quando si erano trasferiti in Florida.
    Il generale ascoltava sorridendo e con attenzione tutto quello che Mary gli stava raccontando, ed anche di quanto si fosse stancata di stare a New York a causa del suo clima umido e molto freddo che soprattutto d'inverno, nonostante la sua giovane età l'aveva portata a contrarre una leggera forma di artrosi che durante la stagione più fredda le rendeva persino difficile lavorare.
    Mary parlò a cuore aperto: <sai James, non so cosa darei per andarmene da questa città, il ristorante mi da solo che di che vivere, ma non ho nessuna voglia di andare in Florida a vivere da i miei genitori, sono nata il quattro luglio, la festa dell'Indipendenza, fin da piccola mio padre mi diceva sempre che era per questo che avevo un carattere indipendente, e non mi facevo mai sottomettere da un uomo e dunque non mi sarei mai sposata.
    Vivo da sola, non ho nessuno e sono stanca, stanca di questa metropoli e dei suoi inverni gelidi, ecco se potessi me ne andrei in California, bella con il suo sole tutto l'anno ed il clima molto più mite, sarebbe un vero Paradiso per me>.
    Quando Mary ebbe finito di parlare si strinse al generale, che a sua volta l’avvolse in un caldo abbraccio consolatorio e poi disse: < Forse ti posso aiutare Mary, fra i miei molti incarichi ho anche il comando della base militare Mac Artur, distante solo una cinquantina di chilometri da Sacramento, tramite qualche conoscenza sono sicuro che riuscirò a farti assumere lì come capocuoca della mensa degli ufficiali, così potrò continuare a gustare la tua stupenda cucina siciliana e romana>.
    Mentre diceva queste cose il generale, dopo aver telefonato ai suoi accompagnatori affinché lo venissero a prendere, si rivestì e se ne andò non prima però di aver ribadito la promessa fatta alla donna.
    Come Mary aveva sperato il generale Ferguson mantenne la promessa fatta, di lì a un mese quasi fosse un regalo di Natale, arrivò una lettera di lui in cui la informava che alla base Mac Artur aveva sistemato tutto e che in qualsiasi momento avrebbe potuto trasferirsi a Sacramento.
    Prima di partire Mary dovette sistemare alcune cose, in primo luogo cercare qualcuno a cui affidare il suo ristorante e l'appartamento sovrastante, problema che risolse subito grazie ad alcuni suoi cugini che, con una lunga esperienza di ristoratori alle spalle avrebbero potuto occuparsene in sua assenza.
    Il resto fu facile, quindi i primi di gennaio, quando la colonnina del termometro segnava meno venti gradi e un metro di neve copriva la metropoli, Mary si imbarcò su un aereo diretto a Sacramento, lasciandosi alle spalle quella gelida mattina, diretta verso il sole, al caldo, senza alcun rimpianto per freddo clima newyorkese.
    Arrivata a Sacramento un pullman della base la venne a prendere all'aeroporto.
    La base Mac Artur non era molto grande ed ospitava solo circa cinquecento persone fra soldati, sottoufficiali, ufficiali e personale esterno; anche se a capo vi era il generale Ferguson chi comandava effettivamente la base era il colonnello Virgil Master.
    Il colonnello lo si poteva definire un uomo tutto d'un pezzo, alto un metro e ottanta circa, abbastanza corpulento ma non grasso, capelli baffi e barba ormai tendenti al bianco per via dei suoi cinquantaquattro anni, proveniva da una famiglia di militari e dirigeva la base con rigore e disciplina, non per nulla i soldati, uomini e donne lo avevano soprannominato “Cane”, per la sua abitudine di punire le mancanze dei militari di truppa, non con giorni in cella di rigore ma, ma con punizioni corporali; accadeva infatti che dopo aver convocato il reo nel suo ufficio ed avergli fatto calare calzoni e boxer gli decorava il fondoschiena con i brucianti colpi del suo cane inglese ereditato da suo nonno, mentre fin nell’atrio si potevano udire le grida e i lamenti del malcapitato di turno.
    Sin dal suo arrivo alla base Mary si trovò in rotta di collisione con “Cane” a causa della diversità di carattere e del modo di trattare i soldati, per non parlare di come Mary gestiva la cucina della quale, grazie all'intercessione del generale Ferguson, era stata designata a supervisore all'approvvigionamento ed alla gestione delle due mense.
    Non lo avrebbe mai ammesso, ma ”Cane” non aveva potuto fare a meno di notare il repentino cambiamento in meglio che si era avuto riguardo al vitto subito dopo l'arrivo alla base di Mary.
    Ma nonostante questo il loro rapporto continuava ad essere ai ferri corti, ”Cane” mal digeriva soprattutto il fatto che i suoi soldati, quasi tutti sotto i vent'anni avessero finito per considerare la donna alla stregua di una mamma a cui rivolgersi per un consiglio, un aiuto o semplicemente per farsi consolare dopo una punizione avuta dal colonnello Master.
    Ma quello che faceva più imbufalire il rigido colonnello, che avrebbe dato qualsiasi cosa per far provare alla donna i brucianti baci del suo cane, facendola piangere e implorare, era il fatto che Mary, essendo una civile, si rifiutava categoricamente di seguire i rigidi protocolli della base militare.
    Dal primo giorno si era sempre rifiutata di portare una sorta la divisa, di svegliarsi alle cinque di mattina per l'alza bandiera e non ne voleva proprio sapere di fare tante altre cose che facevano parte dei doveri dei soldati della base.
    A lei, essendo una civile, interessava solo che la cucina e le mense funzionassero come si deve, il resto non le importava quindi non rispettava neanche, l’ora della ritirata, infatti capitava spesso che, quando andava a Sacramento a divertirsi nei fine settimana, che tornasse alla base sempre molto oltre l'orario consentito, viaggiando nel vano posteriore aperto del camion di qualche messicano e spesso e volentieri alquanto alticcia.
    Dopo alcuni mesi la pazienza del colonnello Master stava per esaurirsi ed aspettava solo il ritorno del generale Ferguson, che durante tutto quel periodo era stato lontano dalla base per motivi di lavoro, per raccontargli del carattere ribelle e insubordinato della donna ed ottenere che la allontanasse una volta per tutte dalla sua caserma.
    La mattina del quattro luglio stava appena albeggiando quando il megafono della base diffuse la sveglia ed in breve tempo tutti o quasi i soldati erano schierati in silenzio, in attesa dell'alza bandiera.
    Quando un soldato cominciò, come consuetudine, al alzare la bandiera o così credeva, tutto intorno a lui si levarono grandi risate, il poveretto ignaro, aveva al posto della bandiera alzato un paio di mutandoni da donna dell'ottocento con tanto di merletti, fatti con il tessuto della bandiera americana.
    Come se non bastasse, era solo passato qualche minuto quando nella base fece il suo rimbombate ingresso uno scalcinato camion, che diffondeva a palla la musica di “Celebration” dei Kool & The Gang, tramite un altoparlante, questo, passò proprio fra i soldati che immediatamente gli corsero dietro cantando e ballando, mentre sul cassone scoperto del mezzo, Mary, indossando un vivace vestito messicano ballava e saltava al ritmo della musica.

    Fu allora che richiamato dal tale baccano “Cane” uscì correndo dai suoi alloggi e lo spettacolo che vide gli fece prendere un colpo, in un attimo Mary era stata capace di scardinare fin nelle fondamenta il rigore e la disciplina che lui in tanti anni di duro lavoro aveva inculcato ai suoi soldati quindi, in preda ad un furore mai provato prima urlò a squarcia gola verso Mary che ballava sul malandato camion: <russoooooo! ACCIDENTI A TE! QUESTA ME LA PAGHI!>
    Per tutta risposta Mary gli girò le spalle, si alzo il vestito dietro, abbassò le culotte e mostrò in tutta la loro opulenta bellezza le natiche, dopodiché dette un colpetto al tettuccio del camion che ingranò la quarta e si diede alla fuga in direzione di Sacramento, fra l'ilarità generale mentre “Cane” agitando il suo cane ribolliva dalla rabbia.
    Proprio quella mattina era tornato alla base il generale Ferguson che non ebbe quasi il tempo di disfare la valigia che subito “Cane” gli chiese un colloquio riservato, che poi tanto riservato non fu, dato che dall'ufficio del generale si sentivano chiaramente le colorite lamentele del colonnello riguardo al comportamento di Mary.
    Il generale ascoltava in silenzio, ridendo sotto i baffi, quando Master ebbe terminato, tranquillizzò il suo sottoposto dicendogli che ci avrebbe pensato lui, avrebbe parlato con Mary e i problemi si sarebbero risolti.
    Mary, dal canto suo poco dopo la bravata, era ritornata alla base e senza farsi vedere da “Cane” aveva svolto il suo lavoro in maniera impeccabile, come sempre.
    Siccome era il giorno della festa nazionale doveva solo occuparsi del pranzo, quindi, non appena ebbe terminato, lasciò nuovamente la base per andare a Sacramento dove insieme ad alcune giovani soldatesse aveva organizzato per quella sera una festa al “Crazy Dance” una nota discoteca della città.
    La musica rimbombava nella sala, mentre le luci psichedeliche stordivano i giovani militari che ballavano e bevevano, e tutti erano felici e contenti di festeggiare il giorno dell'Indipendenza, ad un tratto si fece il silenzio e sul palco, posto in una parte più alta della discoteca fecero il loro ingresso Mary ed altre otto ragazze vestite come ballerine di can can, il dj mise sul piatto “Lady Marmalade” e fu il delirio.

    Il generale Ferguson, solo qualche ora prima, avendo saputo della festa organizzata al “Crazy Dance”, aveva proposto al colonnello Master di farci un salto anche loro, giusto per farsi una bevuta e magari dopo assistere allo spettacolo pirotecnico in programma, proposta che il militare accolse volentieri, pur se sorpreso dall’insospettata vitalità dell’anziano generale, e presa una jeep scoperta con alla guida un cadetto della base si diressero verso Sacramento.
    Appena entrati nel locale vennero investiti dal suono assordante della musica e dallo sfavillio delle luci, e per questo, non riuscendo a sentirsi a causa del volume della musica i due uomini, a gesti, si intesero per dirigersi al bancone del bar affollatissimo riuscendo a mala pena a trovare due sgabelli liberi.
    Stavano bevendo quando richiamati dalla delirante ovazione che ne era seguita, i due militari si girarono a guardare verso il palco e al colonnello Master per poco non andò di traverso il whisky on the rocks che stava bevendo.
    Sul palco c'era la donna che era divenuta la dannazione della sua vita, in compagnia di otto delle sue soldatesse, tutte vestite come ballerine di can can.
    La donna e le ragazze nella loro danza sensuale eccitavano e coinvolgevano i tanti maschi presenti, compreso il generale Ferguson che non toglieva gli occhi di dosso a Mary le cui forme sinuose risaltavano piacevolmente soprattutto quando alzava le sottane mostrando i candidi mutandoni fino a metà coscia e le gambe inguainate in sensuali calze a rete.
    Anche il colonnello Master, seppur controvoglia, non era rimasto insensibile al fascino solare che con la danza Mary stava spargendo nella sala, e le sue movenze sensuali, morbide, ed eccitanti gli stavano scaldando il sangue nelle vene.
    Finito il balletto Mary e le ragazze scesero dal palco e si unirono ai presenti sulla pista per un'ulteriore danza indiavolata finché fece il suo ingresso, portata da un paio di barman, una grandiosa torta a quattro piani talmente grande che poteva starci dentro una persona; e mentre il dj ci dava dentro, dopo che se ne fu mangiata un bel po' non si sa come, in pista, iniziò una battle royal a suon di lanci di pezzi di torta.
    Ovviamente anche Mary si mise a lanciare pezzi di torta senza curarsi di chi potesse colpire, peccato che gli ultimi due lanci finissero in una parte del locale in penombra e colpissero in pieno il generale Ferguson e il colonnello Master di cui ovviamente ignorava la presenza nel locale.
    Il generale reagì con spirito alla cosa, con una risata e gustando con il dito la dolcezza della panna, al contrario del colonnello Master che non trovava per nulla divertente aver fatto da bersaglio e che, inviperito, fissando furiosamente Mary la apostrofò ad alta voce: <russo! QUESTA VOLTA NON LA PASSI LISCIA!>
    Nonostante la confusione generale la donna udì perfettamente la voce di “Cane” e solo in quel momento si accorse con sgomento della presenza di lui e del generale, entrambi sporchi di panna e pan di spagna, fu presa dal terrore e quindi, dopo aver rintracciato velocemente le sue compagne , con addosso ancora il costume da can can si diresse il più in fretta possibile verso l'uscita, e salite tutte quante su un pick up partirono in quarta per tornare alla base.
    “Cane”, nonostante il generale Ferguson cercasse di rabbonirlo era intenzionato a trovare Mary fra la folla esagitata ed a fargliele pagare una volta per tutte, non trovandola e intuendo che sicuramente stava tornando alla base, uscì di corsa dal locale e presa la jeep con cui era arrivato con il generale si lanciò all’inseguimento della colpevole, lasciando a piedi il generale e il cadetto.
    Il pick up correva sobbalzando lungo la strada sterrata che portava alla base, Mary e le ragazze ridevano come pazze mentre la musica a tutto volume della radio spezzava il silenzio del deserto.
    Ad un tratto Mary si voltò e vide in lontananza i fari di una jeep, ragazze gridò allarmata: <”Cane” ci sta inseguendo!>
    Subito le ragazze, prese dal panico, iniziarono a gridare terrorizzate al pensiero di cosa le aspettava una volta arrivate alla base, se il colonnello le avesse raggiunte e trovate in quello stato. Per questo motivo, Mary, non volendo che fossero punite per una sua iniziativa, propose loro di lasciarla lì e correre il più veloce possibile alla base, ci avrebbe pensato lei a trattenere “Cane” quando bastava affinché si mettessero in salvo, e così fecero.
    La donna scese dal pick up ed a piedi si incamminò verso la base, non passò molto che la jeep di Master la raggiunse, e quando Mary se ne accorse cominciò a correre nonostante le fosse difficoltoso con gli stivaletti, infatti dopo qualche passo si ruppe un tacco della scarpa e cadde rovinosamente per terra, sporcando tutto il vestito e rompendo le calze
    Il colonnello intanto aveva inchiodato la jeep e le correva dietro a piedi, vistala cadere non ci pensò un secondo a piombare su Mary per ghermirla con le sue forti braccia gridandole in faccia : <stavolta non hai scampo Russo!>
    L’espressione feroce che “ Cane “ aveva dipinta sul viso fece gridare la donna dallo spavento: <mi tolga le mani di dosso!> scalciando e cercando inutilmente di sottrarsi alla ferrea morsa delle mani dell'uomo che la tenevano stretta.
    Ma il colonnello non l’ascoltava nemmeno :<È inutile che ti agiti tanto Russo avrai quello che ti meriti!>
    Così dicendo il colonnello, dopo averla trascinata fino alla jeep, la costrinse a piegarsi sul cofano e fece quello che avrebbe voluto fare da quando la donna impertinente, sul camion, quella mattina si era tirata giù le culotte e gli aveva mostrato il prosperoso e candido fondoschiena.
    Dopo averle alzato il vestito con brutalità le strappò di dosso i mutandoni, e dopo averle a forza piegato un braccio dietro alla schiena con una mano, con l'altra iniziò a tempestare di sculaccioni forti le candide rotondità della donna che da subito cominciò a gridare e ad agitarsi nel vano tentativo di sottrarsi alla bruciante punizione che stava subendo.
    Master in preda alla furia colpiva incessantemente il nudo bersaglio sordo alle grida ed alle suppliche della donna, quasi volesse sfogare su di lei in quel momento, tutta la rabbia repressa che aveva accumulato in quei mesi .
    Solo quando se ne sentì libero smise di schiaffeggiare le ormai vermiglie e infuocate natiche della donna che ora invece giaceva sporca, con le scarpe e le calze rotte, il trucco disfatto per il pianto, silenziosa e singhiozzante piegata sul cofano.
    Tutto intorno vi erano solo deserto e cactus illuminati dal chiarore argenteo della luna piena, l'umidità della notte diffondeva nell'aria l'odore della terra e nel colonnello Master, vedendo la donna in quello stato, piangente, priva della sua baldanza, sconfitta e con le natiche nude, divenute purpuree e bollenti sotto la sua mano, emerse un desiderio profondo e primordiale.
    Adesso a guardare la donna, rapito, non era il militare ma l'uomo.
    Con una passione e un desiderio nuovo, mai provato fino a quel momento, le si pose dietro e afferratala dolcemente per le spalle e baciandola sul collo la fece sua; illuminati dalla pallida luna l'uomo e la donna iniziarono a muovere in sincrono i loro corpi, danzando l'antica danza fino all'esplodere dell'orgasmo che li sommerse di piacere.
    Quando la passione si fu calmata Mary non singhiozzava più, tutt'altro, si sentiva felice ed in pace con il mondo intero, quasi avesse la consapevolezza di aver trovato un Uomo forte e virile degno di essere il suo compagno di vita, consapevolezza che però sarebbe stata destinata a svanire non appena rientrati alla base.
    Non appena furono arrivati alla base, il colonnello Master invece di accompagnarla nei suoi alloggi come lei si aspettava, dove magari avrebbero ancora fatto l'amore, senza una parola la condusse alle celle di rigore, prese la chiave di una di esse, aprì la porta e vi spinse dentro una Mary incredula per quanto stava accadendo, chiudendo poi la porta con una doppia mandata.
    Il colonnello aveva nuovamente preso il posto dell'uomo.
    Mary rimase in cella fino al mattino dopo, quando la porta della cella si aprì aveva ancora addosso l'abito da can can, era sporca, stanca e disillusa.
    Il colonnello Master in persona era venuto a prenderla per portarla nel suo ufficio dove li attendeva, seduto su una grande poltrona in pelle il generale Ferguson.
    La donna guardò silenziosa l'anziano militare con occhi imploranti ma il generale nonostante provasse un'infinita tenerezza per la donna, vedendola in quelle condizioni, ma sapendo anche quanto fosse importante per “Cane” riappropriarsi della sua autorità nella base, scuotendo la testa le disse con dolcezza: <mi dispiace Mary, ma questa volta non posso aiutarti>.
    Calde lacrime cominciarono a scendere lungo le guance di Mary quando, senza dire una parola il colonnello Master la costrinse a piegarsi sulla sua scrivania e, dopo averle alzato il vestito dietro e avere esposto le giunoniche natiche ancora rosse per la cocente sculacciata della sera prima, preso il famigerato cane che teneva appeso ad un chiodo, posizionandosi dietro di lei alzò il braccio e con severità iniziò a colpire il nudo bersaglio.
    Ad ogni colpo la povera Mary gridava e singhiozzava per il bruciore causatole dall'infernale cane, ma anche per la vergogna di venire punita di fronte al generale Ferguson, ma ancora di più per il dispiacere di venire punita dall'uomo che sentiva di amare.
    La punizione fu lunga e severa come mai era stata, quando ebbe fine la donna si rialzò, senza dire una parola lanciò un ultimo sguardo disilluso verso il colonnello Master quindi, camminando con difficoltà uscì dall'ufficio chiudendosi la porta alle spalle.
    Tutto sembrava essere tornato alla normalità, ma solo poco più tardi, un giovane militare, apparentemente sconvolto, piombò nell'ufficio di Master mentre questi sorseggiava del brandy conversando con il generale, esclamando: <colonnello! Colonnello!>
    Master indispettito dall'arrivo improvviso del giovane chiese cosa fosse successo.
    Il giovane riprese a dire: <È andata via! E' andata via !>
    Mantenendo la calma il generale Ferguson chiese ci fosse andata via, colpito dallo stato di prostrazione in cui si trovava il giovane.
    Che di seguito quasi urlò : <mamma, no, mi scusi, Mary è andata via !>
    Sia il generale Ferguson che “Cane non credevano alle proprie orecchie, ed il colonnello sobbalzò sulla poltrona mentre sorpreso chiedeva: <È andata via? Che significa?>
    <sì> chiarì il subalterno: <dopo essere uscita da questo ufficio ha fatto le valige, ha fatto chiamare un taxi che l’ha aspettata all'entrata della base, ci è salita sopra e se ne è andata>.
    Non appena ebbe finito la frase il giovane soldato, che aveva trattenuto fino a quel momento l’emozione, pianse come anche un soldato può fare, mettendo in imbarazzo il generale ma soprattutto il colonnello Master che a quel punto si riteneva colpevole di quanto avvenuto.
    I mesi che seguirono nella base militare passarono nella consueta quotidianità, con la differenza che l'assenza di Mary, con il tempo, si faceva sentire sempre di più fra i giovani soldati per i quali era riuscita a divenire un punto di riferimento.
    Ma avvertiva la mancanza anche il colonnello Master che, ripensava spesso al periodo in cui la donna era nella base, ai loro continui bisticci verbali, ma non si toglieva dalla mente quanto era accaduto nel deserto.
    Con il passare dei mesi si era reso conto di quanto gli mancasse quella donna tanto impertinente, quanto importante, si accorse che andando via aveva portato con se tutta la sua carica di spontaneità e vitalità, con lei era come se ne fosse andata via la Primavera, e piano piano, adesso che non c’era si era reso conto di amarla.
    E così “Cane”, dato che Mary non aveva lasciato alcun recapito, aveva fatto di tutto per rintracciarla e solo quando il generale Ferguson, accorgendosi dello stato emotivo del suo subalterno di decise a rivelargli che la donna era tornata a New York , al suo ristorante, l'uomo si sentì al settimo cielo.
    Nella notte della vigilia di Natale, la grande Mela era coperta, come da tradizione, di un ovattato tappeto di neve i cui cristalli cadevano silenziosi, un gruppetto di cinque uomini, infreddoliti si fermò davanti al portone situato a fianco del ristornate “Bella Roma”.
    Uno di loro portava un cappotto militare, gli altri portavano degli strumenti, ad un segno dell'uomo col il cappotto militare gli altri quattro incominciarono ad intonare “That's amore”

    e via via che le note della romantica canzone si diffondevano, si aprirono le finestre dei palazzi sulla via e la gente che si affacciava cominciò a sua volta a cantare.
    Quando si aprì una delle finestre sopra il ristornate si levò un coro gioioso: <mary, Mary, ... LA SERENATA E' PER MARY ... MARY SI SPOSAAA!>
    L'uomo con il cappotto militare si volse verso la donna che si era intanto affacciata e porgendole verso l'alto con una mano uno splendido mazzo di rose rosse e con l'altra il cane gridò: <mary Russo....TI AMO....VUOI SPOSARMI?>
    Mary sorrise e guardandosi intorno e vedendo che tutti quelli affacciati alle finestre le gridavano: <di' DI SI'! …. DI' DI SI'> si volse verso l'uomo che aveva ben riconosciuto e che altri non era che “Cane” gli gridò: <si colonnello, vieni su>.
    Così dicendo rientrò chiudendo la finestra, in strada “Cane” sentì il rumore della serratura del portone aprirsi e vi entrò, mentre la piccola orchestrina continuava a diffondere nella via le romantiche note di “That's amore”.

    Edited by Dolly c.r. - 28/3/2022, 16:56
     
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    Più che un romanzo, una sontuosa sceneggiatura per un film a luci rosa..

    E, a proposito, come hai fatto a scrivere tanto senza inserire neppure una coppia di puntini (..) ? 😂
     
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    CITAZIONE (Dani Mello @ 17/1/2021, 23:25) 
    Wow Hai scritto un romanzo! Bella l'idea d'inserire la musica (quattro capolavori). Brava!

    Brava questa non l ho ancora letta ma lo penso anche io:

    Complimenti per come arricchisci ogni storia riuscendo a farne sempre di nuove e diverse con testo immagini musica..
    Vedi cosa si sono persi di là...
     
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    CITAZIONE (Zonker @ 18/1/2021, 22:24) 
    Più che un romanzo, una sontuosa sceneggiatura per un film a luci rosa..

    E, a proposito, come hai fatto a scrivere tanto senza inserire neppure una coppia di puntini (..) ? 😂

    Ah ah ah elementare zio...grazie alla cortesia e alla gentilezza di Oleandro che mi corregge i racconti prima che li posto :lol:

    CITAZIONE (You… @ 19/1/2021, 09:19) 
    CITAZIONE (Dani Mello @ 17/1/2021, 23:25) 
    Wow Hai scritto un romanzo! Bella l'idea d'inserire la musica (quattro capolavori). Brava!

    Brava questa non l ho ancora letta ma lo penso anche io:

    Complimenti per come arricchisci ogni storia riuscendo a farne sempre di nuove e diverse con testo immagini musica..
    Vedi cosa si sono persi di là...

    Grazie You...eh...lo vedo...lo vedo...ci siamo capiti... :B):

    Edited by Dolly c.r. - 2/1/2022, 14:41
     
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