Un lungo anno

racconto F/m

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    Era domenica e dalla finestra si vedeva la campagna gialla indorata da un sole tiepido. Io e il mio compagno di stanza eravamo in silenzio, aspettando che una delle assistenti ci venisse ad aprire per portarci al colloquio con l'educatrice. Antonio aveva 26 anni e io 23. Eravamo compagni di stanza da ormai sei mesi. Sia io che lui avevamo ricevuto la sentenza di un anno. Al di fuori dell'istituto non ci eravamo mai visti, e probabilmente non saremmo mai diventati amici se ci fossimo conosciuti in un diverso contesto. Lui era un teppista di borgata, coi capelli rasati ai lati e la faccia da tossico. Aveva le braccia tatuate e in istituto c'era finito perché aveva picchiato la fidanzata dopo aver scoperto che lei l'aveva tradito.
    Io venivo da una famiglia per bene, piuttosto normale, e avevo un aspetto da ragazzo normale. Non c'era niente di speciale nei miei lineamenti. E non avevo mai fatto niente di troppo grave nella mia vita, prima di finire lì dentro. Mi avevano fregato una bottiglia di vino bevuta da solo, e l'ossessione per una ragazza che non ne valeva la pena. Ero andato a citofonare a casa sua a l'una di notte, il giorno stesso che lei mi aveva detto che non voleva più vedermi. La nostra era stata una relazione ambigua. Io volevo una cosa seria, lei no, e di ragazzi ne vedeva due o tre, oltre a me. Io a differenza sua l'amavo, o così credevo. Non avevo molta esperienza con le donne e il fatto che lei fosse venuta a letto con me sentivo che m'aveva cambiato l'esistenza. Era di fatto una ragazza frivola, che però trovavo di una bellezza eccezionale. Pensavo che col tempo sarei riuscito a cambiarla. Ma lei di tempo me ne concedeva ben poco, e non aveva alcun interesse ad instaurare un rapporto costruttivo. Mi usava, quando le faceva comodo. Spariva per intere settimane, mi chiamava quand'era annoiata, e io con lei non riuscivo mai ad arrabbiarmi. Così che quella notte tutta la rabbia mi era venuta fuori all'improvviso. Avevo gridato in mezzo alla strada, nel tentativo di attirare la sua attenzione. Avevo lanciato della terra che avevo trovato in dei vasi contro la sua finestra al primo piano. Lei, decisamente preoccupata, chiamò la polizia.
    Mi trovarono a tirare calci al portone d'ingresso. La giudice al processo disse che ero un individuo pericoloso per il genere femminile, e che meritavo di essere internato nell'istituto per crimini contro le donne. Non mi credette, quando cercai di convincerla che ero soltanto ubriaco e che non avrei mai fatto del male a nessuno.
    Mi portano in istituto, senza possibilità di appello alcuno. Mi dissero che avevo bisogno di una correzione, che avrei imparato a rispettare le donne. Prima di condurmi alla mia stanza, mi presentarono a tutte le assistenti, alle educatrici, e alla direttrice. Lei mi disse che le piacevano le sculacciate, e che lì i ragazzi come me venivano sculacciati praticamente ogni giorno. Non capii se fosse seria o meno. La mattina dopo un'assistente mi disse che la direttrice voleva vedermi. Lei era una signora di sessant'anni, coi capelli bianchi corti, robusta. Mi fece sedere alla sua scrivania. Rilesse davanti a me il verbale della polizia, di quella notte. Quasi ad ogni frase lei si fermava per scuotere la testa in modo ostentato. La cosa mi dava alquanto fastidio. Anche mia madre, al processo, l'avevo vista scuotere la testa.
    "Inveisce ripetutamente contro la ragazza, che non si palesa. Grida:<< Sei una troia>>, svariate volte" la direttrice aprì la bocca con rabbia e mi guardò con gli occhi di fuori.
    "Sei nel posto giusto" disse poi.
    Mise a posto il verbale e mi fece alzare. Mi spiegò che stavo per essere sculacciato di santa ragione. Non ero mai stato sculacciato prima, pensai. La vidi uscire dalla stanza, si chiuse la porta alle spalle. Rimasi lì da solo per venti minuti. Lo so perché non avevo altro da fare che guardare le lancette dell'orologio appese al muro, dietro alla sua scrivania. Dopo venti minuti sentii la porta aprirsi e mi voltai in quella direzione. Erano entrate cinque ragazze in camice rosa, seguite dalla direttrice. Loro dimostravano di avere più o meno la mia età, se non addirittura più giovani. Mi venne da sorridere. Erano cinque belle ragazze. La direttrice allora si avvicinò a me e mi rifilò uno schiaffo ben dato.
    "Non c'è nulla per cui tu debba sorridere" disse.
    Poi chiese gentilmente alle ragazze di disporre le sedie in cerchio. E le ragazze lo fecero. Si muovevano in modo armonioso, pensai. E gli svolazzi delle gonne sopra le ginocchia attirarono la mia attenzione.
    La direttrice disse alle ragazze di prendere posto. Le ragazze si sedettero in cerchio, al centro della stanza. Sentii la mano della direttrice afferrarmi con forza l'orecchio. Me lo strattonò, facendomi male, poi me lo tirò all'insù e mi obbligò ad alzarmi. Mi tirò fin dentro al cerchio che avevano creato le ragazze. Loro non mi guardavano. Sembravano bambole.
    "Togliti i pantaloni" mi intimò lasciandomi andare l'orecchio che mi pulsava.
    La guardai. Lei indicò il bottone della cerniera.
    "Muoviti."
    Mi sbottonai, guardando le due ragazze del cerchio che mi stavano di fronte.
    "Oggi è il primo giorno di un lungo anno, ragazzo mio" sentii controvoglia la voce della direttrice.
    La guardai di nuovo, evidentemente con disprezzo, perché lei mi rifilò un altro schiaffo a piena mano.
    "Ne hai di imparare di lezioni, tu" si era fatta rossa in viso.
    "E levati i pantaloni, ho detto."
    Abbassai i pantaloni, cercando di incontrare gli occhi di una delle ragazze che guardavano impassibili il muro che stava dietro di me.
    "Togliteli del tutto e dammeli."
    Li consegnai alla direttrice, rimasto in mutande. Lei li andò a posare sulla scrivania. Poi da uno dei cassetti tirò fuori un cronometro, simile a quello che avevo visto usare al mio professore di educazione fisica al liceo.
    "Ragazze, avete un minuto a testa. Farete a rotazione. Mi raccomando date il meglio di voi. Ricordatevi che è una prova, e sono qui per giudicarvi Mi sono spiegata?."
    "Sì, signora" sentii le voci delle ragazze che mi stavano attorno, all'unisono.

    Edited by Jeans&lamentele - 8/10/2022, 18:11
     
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