Pensieri

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    Agli inizi

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    Ho indossato le mutande comode oggi, non saranno le più belle che ho ma in fondo non sono così terribili: semplici brasiliane nere in microfibra.
    Non posso sopportare la sensazione del pizzo sulle mie natiche bollenti, e lo sappiamo entrambe che le mutandine finiranno intrappolate alle caviglie e saranno scalciate in qualche angolo della stanza.
    Una piccola parte di me spera ancora che oggi mi perdonerai… perché in effetti me lo merito dopo averti mentito di nuovo e sempre sullo stesso argomento.
    In realtà non è colpa mia, non del tutto almeno.
    È estenuante per entrambe vivere con la mia instabilità: tu mi dai fiducia che io mi impegno a non tradire e puntualmente lo faccio.
    Razionalmente lo so cosa accade quando smetto di curarmi, so quanto faccia male a me stessa ma anche a te, eppure ogni volta credo che finalmente la volta buona sia arrivata.
    Posso dimostrare che sto bene senza il bisogno di farmaci che mi rendono una schiava, ma poi la situazione mi sfugge di mano e come al solito devi pensarci tu.
    Mi chiedo spesso se ogni tanto ti penti di avermi scelta come tua compagna di vita, se magari potendo tornare indietro a quella festa incroceresti nuovamente il tuo sguardo con il mio.

    Guardo il mio riflesso nello specchio dell’ascensore, quei pensieri che urlano nella mia testa mi fanno inumidire gli occhi, trucco waterproof per fortuna. Do un’occhiata al mio outfit, per quanto arrabbiata so che hai un debole per le gonne corte e i tacchi alti, sarebbe da stupida non sfruttarlo.
    Ci siamo, l’ascensore è arrivato a destinazione, suono il campanello.
    I soliti convenevoli con i tuoi colleghi che parlano un po’ troppo oggi, mi stacco da loro con una scusa, sono impaziente di arrivare da te, talmente tanto che entro nel tuo studio senza bussare.
    Cazzo! I tuoi occhi verdi mi fulminano, sei impegnata a parlare con un cliente.
    “Mi dispiace, aspetto fuori” sussurro e velocemente chiudo la porta.
    Perché sono così stupida? Sbuffo, ti ho dato l’ennesimo motivo per arrabbiarti. Mi mordo le pellicine delle mani mentre aspetto in corridoio che quel cliente si tolga dai piedi, per fortuna non ci mette tanto. Sembra anche gentile, mi sorride prima di andare via e io ricambio. Almeno lui non si è offeso.
    Prendo un bel respiro davanti alla porta lasciata socchiusa, busso questa volta e aspetto il tuo permesso per entrare.
    “Hai imparato a bussare?” Chiedi fredda mentre sistemi dei documenti.
    “Ciao anche a te amore mio, anche tu mi sei mancata oggi” la mia ironia non ti fa sorridere, pessima idea.
    Torno seria: “Ho le ricette, proprio come ti avevo promesso… Ho anche chiamato la farmacia e più tardi ritiro tutto”.
    Frugo nella borsa e ti passo le ricette, mi guardi male, è evidente che sei furiosa, abbassi lo sguardo e controlli i fogli.
    “Vado io in farmacia, e i farmaci li tengo io. Non mi fido, e stai sicura che un modo per farteli prendere lo trovo questa volta!”
    Fai la dura con me, ma lo so che ti senti in colpa perché ti senti responsabile almeno in parte, di questa situazione.
    Ti senti in colpa quando non ti fidi di me ma anche quando lo fai e io combino questi casini.

    Durante il tragitto verso casa c’è un silenzio pesante, di solito non ho problemi a stare in silenzio con te ma visto il clima teso per me è pressoché impossibile. Mi sforzo di raccontare qualunque cosa mi venga in mente della mia giornata mentre siamo bloccate nel traffico.
    Tu rispondi a stento, fai sempre così quando sei arrabbiata ed io non lo sopporto.
    All’ennesima risposta a monosillabi perdo la pazienza: “Ci vediamo a casa, fottiti” dico, non ti do il tempo di realizzare che apro lo sportello e mi fiondo fuori.
    Non puoi ricorrermi e so che non sei il tipo da mettersi ad urlare in mezzo a tutta quella gente. Mi allontano dalla zona bloccata dal traffico tentata di togliermi i tacchi che inutilmente ho messo per te.
    Il mio cellulare squilla senza sosta ma chiudo la chiamata ogni volta, tra una tua chiamata e l’altra riesco a chiamare un taxi e arrivare a casa prima di te.

    Merda, che ho combinato?
    Mi autoconvinco di avere avuto le mie ragioni che farò valere una volta che tu sarai qui, ma quando sento il rumore del cancello aprirsi inizio ad avere i primi dubbi. Sento lo stomaco sottosopra ma voglio farmi vedere sicura di me.
    “Possiamo parlare con calma?” Chiedo appena varchi la porta di casa.
    Non ti do il tempo di rispondere, di nuovo, e inizio a parlare. Ti seguo in giro per casa mentre posi il cappotto, ti togli le scarpe, vai in bagno a fare pipì, ti lavi le mani… Tu rimani sempre in silenzio e io straparlo.
    Non ho ancora finito quando improvvisamente con una stretta presa sul mio polso mi guidi in camera.
    “Ora devi stare zitta” sono le prime parole decise che mi rivolgi.
    “Ma veramente…” tento di lamentarmi.
    “Vai all’angolo, io devo prendere delle cose” il tuo tono non ammette repliche.
    Non sono convinta ma sapevo che questo momento sarebbe arrivato.
    Titubante mi dirigo al solito angolo dove mi lasci prima, durante o dopo le punizioni.
    Ti avvicini e mi abbassi la zip della gonna, via la gonna e via anche le mutandine.
    Mi arrivano due sculaccioni molto forti, se già partiamo così non riuscirò a sedermi per giorni.
    Mi pressi le spalle e io mi metto in ginocchio.
    A ventinove anni mi ritrovo in ginocchio all’angolo e con il culo di fuori, mi sento umiliata! Per fortuna ricordo che pretendi che tenga le mani sulla testa prima del tuo rientro in camera.
    Mi chiami, sei seduta sulla sedia quindi niente letto per stare più comoda. Sbianco quando vedo il cane accanto alla cucchiarella, è lo strumento che non riesco a sopportare.
    Mi sistemo sulle tue ginocchia con addosso solo la camicetta bianca, chiara come la mia pelle (ancora per poco).
    “Sei infantile, maleducata e non hai rispetto per me” dici accarezzandomi le natiche.
    Sei tu adesso a non darmi il tempo di rispondere, alzi la mano destra e colpisci con decisione.
    “No no Marta ti prego parti piano!”
    Un inizio molto intenso mi mette a dura prova.
    Mi agito e cerco di coprirmi con la mano destra, inutilmente come sempre.
    Mi ritrovo con il braccio bloccato sulla schiena e le gambe bloccate tra le tue, anche questo ormai è di routine.
    Il rumore dei tuoi sculaccioni si mischia alle mie lamentele: “Così no ti prego… Non reggo una sculacciata così forte… Per favore basta…Brucia!”. Stai colpendo diverse volte lo stesso punto e per quanto io lotti per sfuggire alla punizione è tutto inutile.
    In questi momenti maledico sempre la resistenza pazzesca che hai alle braccia, vai troppo spesso in palestra e hai decisamente troppi muscoli che solitamente adoro, ma non ora.
    Ti fermi quando ormai con gli occhi lucidi ti chiedo scusa e prometto che non accadrà mai più. Mi accarezzi il sedere qualche secondo, poi mi fai alzare perché sai che ne ho bisogno.
    Faccio qualche passo mentre mi accarezzo le natiche da sola.
    “Mi dispiace per come è andata, ma poi quando ti vedo troppo arrabbiata io…”
    Mi butto tra le tue braccia perché mi viene da piangere e sento un peso togliersi dallo stomaco quando mi stringi.
    “Va tutto bene” mi sussurri all’orecchio, stiamo abbracciate in silenzio, questa volta ci sto bene.

    Le tue parole rompono il silenzio.
    “Vai a prendere il mestolo” ordini, fino a pochi secondi prima sentivo il tuo cuore battere sul mio petto, e ora ti sto consegnando ciò che a breve mi farà singhiozzare.
    Mi ritrovo a fissare di nuovo il pavimento in una posizione non comodissima e con le natiche completamente alla tua mercé.
    “Ancora una volta hai deciso di non dare importanza alla tua salute…”
    Inizia la ramanzina e a me si gela il sangue nelle vene, so quanto puoi diventare severa quando metto a rischio la mia salute.
    Quante sculacciate, lacrime e cucchiai rotti sono stati testimoni di tutte le volte in cui ho infranto la tua regola principale, e quanti ne saranno in futuro? Mentre parli stringo le natiche di tanto in tanto, per paura che tu possa cominciare all’improvviso, ma quando resti in silenzio allora il mio cuore batte più forte.
    Ci siamo: qualche colpetto per avvisarmi e quei forti rumori si propagano per la stanza.
    I colpi fanno così male da lasciarmi senza fiato, metto da parte l’orgoglio e la dignità singhiozzando come una bambina.
    Scalcio, provo a coprirmi ma tutto è inutile perché sei più forte di me.
    Mi arrendo e prego che il supplizio termini in fretta mentre pensieri disordinati mi entrano in testa. Penso al dolore, al cane ancora sul letto, a noi due, alle mie insicurezze.
    Mi sta scoppiando la testa, i pensieri urlano più che mai e scorrono veloci, mi aggrappo alla tua caviglia e la stringo con tutta la mia forza.
    Ti fermi, le tue mani spostano i capelli che si sono appiccicati al volto per le lacrime e il sudore. Tenti di capire come mi sento, me lo chiedi ma non ti rispondo per il fiato tagliato dai singhiozzi.

    Mi sento meglio sul tuo petto, quando finalmente sdraiate a letto, tu giochi con i miei capelli e mi fai i grattini sulla schiena.
    Ho il sedere bollente nonostante la crema, tra un “ti amo” e l’altro mi godo finalmente il silenzio nella mia testa.
    C’è solo un pensiero che timido sussurra, è il cane che è ancora a pochi centimetri da noi ma non importa, da nessun’altra parte starei bene come sto bene ora con te, penserò a lui stasera prima di andare a letto.
     
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    Sei bravissima come ricordavo!
    Grazie mille
     
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    Grazie a te
     
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    Bello😍
     
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    Quanto bruciante amore ❤️
     
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    pur avendola già letta non posso che dire davvero davvero bella
     
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    Grazie ad entrambi ❤️❤️
     
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