Lacci & Sculacciate

Votes taken by Gius Carver

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    Che bel cliffhanger. Aspettiamo il seguito con ansia
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    Nel mondo pay tutto è una farsa. Tutti fanno finta di crederci e l'economia gira
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    Se siamo in ambito professionale penso che la mistress possa fare anche da spanker. Secondo me si presentano tutte in chiave bdsm perché c'è più mercato, ma all'occasione non credo non si possano tramutare in mummies manesche
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    Sono combattuto. Anche il sedere delle spankee è una risorsa limitata, da arrossare con parsimonia.
    Decido quindi di sospendere e farla alzare.
    Ho in serbo altre sorprese.
    Sul tavolo un telo scuro nasconde delle forme indistiguibili.
    All'inizio lei pare sollevata. Magari si aspetta che la porti a letto, sporcacciona, poi nella luce bassa della stanza intravede il telo sul tavolo...
    Potrei aumentare la sua paura, ma la pazienza non è il mio forte e sollevo il telo.
    Sotto, fanno la loro comparsa sei spazzole di varia fattura e dimensione.
    Tutte di legno. Nell'aria si spande l'odore dell'olio di oliva che ho usato per tenere in buono stato la più grossa: una spazzola per vestiti di legno grezzo, non verniciato. La sollevo e provo nuovamente la superficie liscissima del legno, mentre butto uno sguardo a lei, che spalanca gli occhi e fa già 'no' con la testa...

    Edited by Gius Carver - 1/5/2024, 12:36
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    The ring come avrebbe dovuto essere
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    - stai ferma
    - ok, prometto
    - non abbiamo neanche iniziato e già ti agiti? Devo toglierti le calze?
    - no, no, per favore...

    Edited by Gius Carver - 1/5/2024, 16:24
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    Non guardare me, te le sei cercate con il lanternino
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    Ci sono cose a cui ci si abitua e altre no.
    Al tenero fiore tra le gambe di una donna che stai per sculacciare non ti abitui mai (e guai se lo facessi).
    Non so cosa mi prenda però tutto a un tratto: l'unica cosa che voglio fare è farle male. Subito, come se fosse una fame che scoppia inattesa.
    Sui muscoli tesi di lei comincio a calare la mano destra. Il movimento è tangente al cerchio perfetto del sedere e fa lo schiocco di una frusta. 'Non te lo aspettavi eh? Ti agiti ma non mi fermo, voglio che il dolore che viene semplicemente dalla mia mano, senza strumenti di alcun genere, ti faccia sentire che non puoi più sopportare un colpo ancora, che il dolore è davvero troppo'.
    Non mi risponde, pare concentrata a sopportare il dolore.
    Il sesso si apre e si chiude alla scossa di ogni colpo e lei, dopo un bel po'di tempo in cui dignità e sofferenza hanno fatto a botte, fa vincere la seconda e sottolinea con forti 'ahi!' ogni impatto sul suo culo, che prende già un rosso in contrasto con il grigiore del divano e della camera.
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    Diodo (per certi giochetti in cui becchi la spankee serve)
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    Ci metto un po' ad aprire la porta per farle salire l'ansia.
    Sa che sono in casa, non andrà via.
    Calmo il mio cuore, non è da dominante avere i battiti troppo veloci. Respiro, apro.
    'Ciao' dice con un sorriso bellissimo.
    'Ripeti correttamente, non siamo a un party'
    Capisce al volo e si fa seria.
    'Buongiorno Gius".
    'Ecco, ora va meglio. Spogliati completamente'.
    Ha un brivido, fa per entrare ma la blocco: 'No, non ti è permesso entrare con i vestiti. Spogliati e passami gli indumenti'.
    'Ma siamo sul pianerottolo di casa tua ed è domenica mattina! Passa gente!' Sento nella sua voce una rabbia che supera l'imbarazzo in intensità.
    'E allora sbrigati' le dico alzando le spalle come a significare che il problema era solo suo.
    Mi guarda con odio e comincia a togliere il soprabito e la camicetta. La dignità ha il sopravvento sulla paura che passi qualcuno: si spoglia lenta e mi passa tutto. Per ultime lascia le mutandine. Quando le toglie resiste alla tentazione di coprire il pube e le appoggia ordinatamente sulle mie braccia già piene di vestiti.
    Conto tre secondi e la faccio entrare.
    È a suo agio nuda. Più di quanto vorrei. Poi si blocca e: "senti, quanto a ieri sera, ecco, io non volevo esasperarti... '. Uno sculaccione fortissimo che risuona nella stanza ferma la conversazione sul nascere. Vedo che ha fatto effetto, sulla pelle nuda e sorpresa. Il dolore le deforma la faccia in una smorfia che diventa subito di rabbia.
    Ma non le do il tempo. La prendo per un braccio e la porto sul divano, costringendola a stare in ginocchio, con il sedere in alto e la faccia schiacciata sul lenzuolo immacolato che avevo steso prima che arrivasse (segue)

    Edited by Gius Carver - 28/4/2024, 11:07
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    L’atmosfera crepitava di tensione, mentre Susan era ferma con la faccia al muro, la cui fredda e liscia superficie strideva con il caldo arrossamento del suo didietro.

    Il dolore intenso della prima punizione impartita da Eleonor, un rapido colpo con spazzola d’argento, fu solo un preludio ad una sinfonia di sofferenza che ora stava suonando al suo interno.

    Eleanor, la sua – solitamente imperturbabile – suocera, si era trasformata in un inflessibile direttore d’orchestra, i cui occhi fiammeggiavano in un modo che Susan non aveva mai sperimentato. La causa? Apparentemente una cosa da nulla: Susan si era permessa di suggerire di mettere in salotto un pezzo di arte moderna, offendendo la sensibilità tradizionalista di Eleonor.

    Ora, confinata nello studiolo, Susan aspettava il maestro in persona, Arthur. Generale in pensione, Arthur possedeva un’aura di autorità che poteva far scendere il silenzio in una stanza con un solo sguardo: i suoi metodi per mantenere la disciplina erano leggendari, e in famiglia se ne parlava con toni sommessi.
    La maniglia girò con un clic lento e deliberato, ogni suono amplificava il terrore di Susan. Arthur entrò, il suo volto era una maschera impassibile, i suoi occhi contenevano un luccichio d'acciaio.
    Guardó la scena, osservando la postura di Susan – le mani intrecciate dietro la testa, il sedere scoperto, le punte dei piedi infilate nelle scarpe con i tacchi alti – una posizione di sottomissione che lui stesso aveva appositamente progettato per momenti come questo.
    Ma invece della prevista predica o di una punizione fisica, Arthur si spostò verso l'antico grammofono nell'angolo. Selezionò con cura un disco: presto il suono graffiante di un valzer riempì la stanza. Poi si rivolse a Susan, con l'ombra di un sorriso sulle sue labbra. "Susan," cominciò, con voce bassa e rimbombante, "hai molto da imparare sul rispetto e sulla comprensione. Questo," indicò il grammofono, "è un valzer. Una danza della tradizione, dell'eleganza, dell'intesa tra partner." Tese la mano verso di lei. "Adesso imparerai a ballare il valzer." La confusione offuscò i lineamenti di Susan. Questa non era la punizione che si aspettava. Eppure, si ritrovò a mettere la mano nella sua, il corpo irrigidito dall'ansia. Arthur la condusse nella danza, la sua presa ferma ma gentile. Le parló della storia del valzer, del suo significato nelle diverse culture, dell'importanza di rispettare la tradizione abbracciando il progresso. Mentre ballavano, Susan cominciò a capire. Quella non era semplicemente una lezione di danza, ma una metafora di vita. Arthur le stava insegnando ad apprezzare il passato, a comprendere il valore della tradizione, riconoscendo anche la necessità di evoluzione e cambiamento. Il valzer finì, lasciando Susan senza fiato, sia fisicamente che emotivamente. Lo sguardo di Arthur conteneva un ritrovato calore. "Ricorda, Susan", disse, "la vita è una danza. Impara i suoi passi, rispetta le sue tradizioni, ma non aver paura di aggiungere il tuo tocco personale". Susan lasciò lo studio con un ritrovato rispetto per Arthur, per la tradizione e per l'arte del valzer. Il dolore sul sedere era svanito, sostituito dal calore della comprensione e dal desiderio di imparare.
    Aveva affrontato la musica e, così facendo, aveva scoperto un nuovo ritmo per la sua vita.

    Edited by Gius Carver - 26/4/2024, 17:06
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66 replies since 26/3/2024
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